Portineria MilanoNella Varese leghista, Renzi fa il pienone nonostante il Pd

Nella Varese leghista, Renzi fa il pienone nonostante il Pd

Varese. «A l’è ul mument». Quando Matteo Renzi si avventura in una traduzione dello slogan «Adesso» in dialetto lombardo, il teatro Politeama di Varese è già stracolmo di gente da circa un’ora. È il passaggio finale del discorso del sindaco di Firenze in giro per l’Italia per presentare la sua candidatura alle primarie del Partito Democratico. Ma è comunque un momento cruciale, ennesima conferma del tentativo del «rottamatore» di addentrarsi nelle lande del nord che produce per conquistare anche i voti del centrodestra. «Devo imparare a dirlo», ammette, dopo la citazione dialettale che strappa applausi e risate in platea.

Del resto, dopo Lodi la seconda tappa del tour lombardo di Renzi non poteva andare nel migliore dei modi. Il teatro pieno (1200 persone dicono gli organizzatori), entusiasmo e commozione per alcuni video trasmessi, in particolare per quello di Obama, quando il presidente americano parlò di Cristine, la bambina uccisa nell’attentato di Tucson. 

Il politico toscano ha toccato tutte le cosiddette «spine» del settentrione: dal problema infrastrutturale («Dobbiamo spendere meno e meglio») a quello dei vincoli del patto di stabilità («Io lo chiamo patto di stupidità»), fino ai nodi irrisolti della «eccessiva pressione fiscale» e della fatica «delle piccole e medie imprese» di risollevarsi dalla crisi economica. E quindi ha rilanciato la sua sfida ai democratici: «Basta con la sindrome dei bobbisti giamaicani» ha spiegato «correvano solo per partecipare e ce l’ha un po’ tutto il centrosinistra: anche a Roma i nostri vanno, ma non sembrano interessati a vincere. E se poi perdono parte un coro bulgaro di piagnistei».

È un primo approccio quello di Renzi al tessuto economico politico del nord est, abituato alla Lega Nord che da queste parti vanta percentuali bulgare – ha in mano comune e provincia- o a un Popolo della Libertà di stampo berlusconiano ancora presente anche se in difficoltà. Ma il risultato, a guardare il pubblico in sala, è buono. 

«Quando ci veniva Veltroni dovevano reclutare le truppe cammellate per riempire i teatri», ricorda un cronista che segue il Carroccio, rimasto sorpreso come molti altri dal flusso di persone che alle 9 e mezzo del mattino di sabato si sono presentati al Politeama. Di truppe cammellate del Pd non se ne vedono. Ci sono madri con i bambini, molti giovani, ma anche persone di un certa età che all’uscita dal teatro lo dicono senza mezzi termini. «È stata una boccata d’ossigeno, alle primarie so per chi votare», spiega una signora arrivata qui fin da Milano per ascoltare «Matteo».

Tra i democratici si nota la presenza di Alessandro Alfieri, il consigliere regionale lombardo, ma soprattutto quella del Comitato per Renzi di Varese, con l’assessore di Cunardo Paolo Bertocchi, Pietro Resteghini, la consigliera provinciale Greta Achini e l’assessore di Induno Olona Marco Cavallin. Sono tutti giovani amministratori che da soli hanno insieme con lo spin doctor Giorgio Gori hanno organizzato la kermesse renziana nel varesotto. 

Del resto, il Pd locale l’incontro con il «rottomatore» lo ha tenuto quasi nascosto. Ne è nata persino una piccola polemica sul giornale Varesenews. Salvatore Merlino, elettore dei democratici, lo ha scritto nero su bianco, raccontando di aver ricevuto comunicazione dal Pd di Varese sulla Festa dello gnocco fritto che si svolgerà a Tradate» ma non aver saputo nulla di Renzi. 

«Ora io non sono, e forse non sarò, un sostenitore di Renzi» ha scritto Merlino «ma trovo ingiustificabile che l’incontro pubblico di uno dei candidati alle elezioni primarie del Partito Democratico non sia stato comunicato a tutti iscritti del Partito Democratico (che così l’hanno saputo dai giornali e allora faccio meglio io a non fare la tessera), mentre la festa dello gnocco fritto sì». Battibecchi e malumori, che alla fine non hanno fatto altro che fare gioco allo sfidante dell’attuale segretario Pierluigi Bersani alle primarie. 

Nel paradosso dello gnocco di Tradate, appare quasi più vicina a Renzi la Lega Nord di Roberto Maroni. Il segretario federale lo aveva detto nei giorni scorsi «ci sa fare». E Flavio Tosi, sindaco di Verona, ha accolto il sindaco di Firenze in città la scorsa settimana per l’inizio del giro in camper. A Varese Attilio Fontana non c’era. «Ma solo perché sono in giro nel mantovano per conto dell’Anci» spiega contattato da Linkiesta. «Ho sentito Matteo questa mattina. Mi ha chiamato per salutarmi. È una persona che stimo e con cui ho un ottimo rapporto. Poi certo, in questo momento, è la Lega Nord che sta offrendo l’offerta politica migliore, gli Stati Generali del nord di Torino lo dimostrano». 

L’affinità con il Carroccio di Maroni, però, si consuma anche in un paio di battute che Renzi snocciola sui leghisti. «La Lega sicuramente ha dato vita a una generazione di amministratori seri, alcuni un pò meno, ma io la cosa dell’ampolla del Dio Po ancora non l’ho capita: se a Firenze vedo uno che passa con l’ampolla del Dio Arno, io mi preoccupo per lui e gli faccio un Trattamento Sanitario Obbligatorio». La linea è quella dell’attuale numero uno di via Bellerio, che sta lavorando per cambiare lo stile del partito fondato da Umberto Bossi, che di questi tempi una volta era solito versare l’acqua sacra del Dio Po sulla testa del Trota Renzo Bossi. 

Il rottamatore poi una bordata la tira: «Credo che la Lega Nord – ha detto – abbia urlato per vent’anni contro Roma Ladrona ma poi ha dimostrato di non saper cambiare l’Italia: quando è arrivata a Roma non è riuscita a fare il federalismo o a migliorare la pubblica amministrazione. Anzi, in alcuni casi è accaduto che la Lega a Roma si sia trovata molto bene, si è accomodata». 

Ma resta comunque fedele al suo diktat. «Noi non insultiamo gli avversari, siamo stanchi di questa politica», dice, dopo aver mostrato il filmato della «ricevuta» del film Cetto La Qualunque di Antonio Albanese. Detto da queste parti, dopo che in settimana la Guardia di Finanza ha verificato che proprio a Varese si staccano pochi scontrini non è poco. E infatti di applausi ne arrivano pochi. Un leghista le mette così: «Renzi è un bene, perché riporta il dibattito dentro la politica tra vecchio e nuovo, invece che tra politica e anti come Grillo. Dopodichè è un Berlusconi in fasce con meno idee e storia personale».

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