La presa di Milano e della Lombardia è incominciata mercoledì a Lodi. Matteo Renzi, il sindaco di Firenze che si è candidato alle primarie del Partito Democratico contro Pierluigi Bersani, ha fatto il tutto esaurito al Teatro alle Vigne, mettendo una prima bandierina alle province che circondano il capoluogo lombardo.
Nei prossimi giorni sarà a Pavia, poi a Mantova, Varese, Monza, Brescia, Bergamo, Cremona. Insomma, ci sono tutte, tranne il capoluogo di regione, dove qualche renziano di ferro sogna già un predellino sul modello di Silvio Berlusconi in piazza San Babila. Del resto, per conquistare il tessuto politico, industriale, economico e finanziario del nord d’Italia bisogna passare da qui, da Milano.
Renzi ci è capitato ieri sotto la Madonnina, in occasione delle sfilate della settimana della Moda, tra una chiaccherata con Giorgio Armani a una con Franca Sozzani. Nulla di politico, per un’apparizione che sa però di un primo tentativo di fare breccia nel cuore nella città che resta la locomotiva economica d’Italia, simbolo dell’asse del Nord Pdl e Lega, ormai in disarmo dopo la vittoria degli arancioni di Giuliano Pisapia nel 2011. A questo si aggiunga il pezzo sempre di ieri del Foglio, sugli attestati di stima da parte dei salotti della finanza meneghina, da Alberto Nagel a Matteo Arpe, che vedono in Renzi un politico con cui dialogare.
A Milàn, però, Matteo non ci è ancora arrivato. È l’ennesima conferma delle resistenze già presenti da tempo nella nomenklatura ex Ds di Milano, dove ancora adesso ci si divide in correnti, dopo quasi vent’anni di sconfitte tra comune e regione. «Ci arriverà nelle prossime settimane» assicurano dal gruppo di democratici che ha creato la pagina Facebook «Milano per Matteo Renzi», con tutta probabilità in concomitanza con la fine della Festa Provinciale del Pd milanese al Carroponte di Sesto San Giovanni.
A quanto pare, è stato proprio il primo cittadino di Firenze a evitare il capoluogo lombardo per non intralciare la festa organizzata sotto la supervisione di Roberto Cornelli, coordinatore provinciale del Pd e molto vicino all’attuale segretario Pierluigi Bersani. E qui tocca aprire una piccola parentesi, perché in agosto esplose un mezzo giallo sulla presenza di Renzi alla festa meneghina.
La versione ufficiale è che l’esponente politico fiorentino abbia rifiutato l’invito. In realtà c’è stato un fitto scambio di contatti tra le due parti, per portare Renzi alla festa. In un primo momento, gli organizzatori gli avevano proposto di presentare il suo libro in una stanza da quaranta posti. Contando che solo a Lodi erano a centinaia, qualcuno ha fatto presente che sarebbe stato meglio avere una sala un po’ più capiente.
Quindi si è passati a considerare un dibattito: il massimo che il coordinamento provinciale è riuscito a proporre è stato un incontro tra Renzi, Cornelli e il segretario regionale Maurizio Martina. Poi è saltata fuori la possibilità di parlare di Città Metropolitana con il sindaco di Torino Piero Fassino. Alla fine le date non si sono trovate e la tiritera ha innervosito più di un interlocutore: Renzi ha preferito evitare senza troppo clamore.
Basta solo questo episodio per spiegare come i bersaniani di ferro, insieme con le altre anime piddine, inizino a temere l’avanzata di Matteo verso Milano. Da un lato cercano di ostacolarlo, dall’altro qualcuno inizia a subodorare un accordo, come anche riportato dal quotidiano Pubblico mercoledì scorso. In ogni caso, dal coordinatore regionale Martina a quello provinciale fino all’europarlamentare Antonio Panzeri, in questi ultimi giorni è stato tutto un fiorire di parole in appoggio dell’attuale segretario del Pd.
Contro Renzi, poi, c’è pure la schiera di ex seguaci di Enrico Letta, dalla responsabile enti locali del Pd milanese Arianna Censi a Carmine Pacente. E poi gli uomini di Rosi Bindi, dall’assessore comunale alla Sicurezza Marco Granelli all’eurodeputato Patrizia Toia o all’ex consigliere Andrea Fanzago. E infine l’area di Dario Franceschini, dal deputato Vinicio Peluffo alla senatrice Marilena Adamo. Eppure i fronti sono compositi. Tra gli ex lettiani, ad esempio, molti sono già passati dalla parte del sindaco di Firenze. Del resto la scena si svolge in quello stesso nord, che una volta provocò i viaggi e le candidature di un Enrico Letta. Che a chi oggi sta con Renzi manda messaggini sconcertati e che descrivono “punti di non ritorno”. La preoccupazione insomma cresce, e il nervosismo è sempre più evidente.
Gli altri tacciono, in particolare i giovani. Come per esempio l’assessore ai Trasporti Pierfrancesco Maran che, si mormora, sia pronto al grande passo insieme con i giovani di 02 Pd, cioè di appoggiare Renzi alle primarie. Sono solo rumors, confermati da una fonte interna del partito che segue da tempo lo scontro tra bersaniani e renziani. «Al momento nessuno si sbilancia», spiega l’anonimo «ma da tempo grosse fette di sostenitori di Bersani stanno iniziando a pensare a Renzi, scontenti per come vanno le cose qui a Milano e in disaccordo per come i vari D’Alema e Bindi stanno affrontando la candidatura di Matteo».
Ma c’è anche chi, come Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche Sociali, che sembrerebbe indirizzato a un sostegno per Laura Puppato, la bersaniana che dovrebbe togliere voti proprio a Renzi. Mentre Roberto Caputo, consigliere provinciale del Pd, ex Margherita, ammette di «non conoscere» Renzi, ma che «lo sta studiando».
Nel mezzo c’è l’incognita Giuseppe Civati. Pippo, il consigliere regionale che per primo appoggiò Renzi per poi separarsi, dovrebbe correre anche lui alle primarie del Pd. Si dice che tra i suoi ci siano delle spaccature sull’opportunità o meno di appoggiare il sindaco di Firenze alle primarie: lo spazio per dialogare esiste. A questo si aggiunga che pure nel movimento arancione di Pisapia ci sia qualche frattura, tra chi sostiene la vicinanza a Sel di Nichi Vendola, a chi vede che l’unico volto nuovo del centrosinistra sia proprio il primo cittadino di Milano. Ma c’è pure chi invece vorrebbe dare il suo appoggio a Renzi.
In ogni caso, dopo anni di sconfitte nella sinistra del capoluogo lombardo c’è voglia di cambiamento, soprattutto tra tra i democratici. La caduta dell’ex presidente della Provincia Filippo Penati, per esempio, travolto dalle indagini sulle tangenti di Sesto, segnarono già lo scorso anno un primo avvicinamento da parte di Maran a Renzi, quando si svolse la Leopolda a Firenze.
All’epoca, Stefano Boeri, attuale assessore alla Cultura, remava contro. Ma negli ultimi mesi, dopo aver lanciato la sua candidatura alle primarie, ha iniziato a farsi vedere spesso in giro con lo spin doctor di Renzi, Giorgio Gori, l’ex direttore di Canale 5 che sta lavorando per aprire le porte del capoluogo lombardo a Matteo. Negli ultimi giorni Boeri è sembrato più timido rispetto a una sua candidatura alle primarie: un primo timido assist a Renzi?
Al momento, il sindaco fiorentino, può contare su un forte zoccolo di amministratori locali. Tra i renziani convinti c’ è il sindaco di Lodi Lorenzo Guerini, poi quello di Lecco, Virginio Brivio, di Cernusco sul Naviglio, Eugenio Comincini, e Pierluigi Arrara di di Abbiategrasso e Marco Invernizzi di Magenta, anche se qualcuno sostiene che quest’ultimo non abbia ancora scolto la riserva. Daniele Bosone, presidente della provincia di Pavia, invece appare ormai schierato, tanto che accoglierà proprio Renzi in città nei prossimi giorni. Forze di poco conto? L’assedio è appena iniziato e non è chiaro a nessuno chi la spunterà.