Portineria MilanoLa segretaria di Bersani mette nei guai «la rossa» Emilia Romagna

La segretaria di Bersani mette nei guai «la rossa» Emilia Romagna

Più di Pierluigi Bersani, l’intero «sistema rosso» ora gestito dal presidente dell’Emilia Romagna Vasco Errani. È questa la sensazione che circola a Bologna dopo l’apertura dell’indagine della procura su Zoia Veronesi, la segretaria storica del segretario del Partito Democratico, indagata mercoledì per truffa aggravata. Dopo l’inchiesta su Terremerse – dove il governatore è indagato per falso ideologico e comparirà di fronte al Gup il 7 novembre – le indagini sull’incarico della segretaria dell’ex governatore rischiano di stringere ancora di più il cerchio intorno a una regione già alle prese con le «incursioni» della Guardia di Finanza sulle spese dei gruppi consiliari. 

In particolare, la vicenda Veronesi, promette di approfondire un sistema ben collaudato e conosciuto in Emilia Romagna, fondato sul rapporto tra cooperative rosse e amministrazione pubblica, molto simile a quello di Comunione e Liberazione e della Compagnia delle Opere nella regione Lombardia del sempre più traballante di Roberto Formigoni, accerchiato anche lui in questi giorni dalla magistratura e prossimo alle elezioni. La gestione della cosa pubblica inizia a emergere in svariate inchieste che in questi mesi stanno travolgento la storica regione «rossa».  

Ieri i magistrati di Bologna hanno spiccato un avviso di garanzia nei confronti di Bruno Solaroli, capo di gabinetto della giunta Errani durante il precedente mandato: per l’ex parlamentare e ex sindaco di Imola è ipotizzato l’abuso di ufficio. Del resto, fu lui a firmare le carte per l’incarico alla Veronesi, che era inserita nell’organigramma del gabinetto del governatore romangnolo dal 2002 e fu poi riconfermata nel 2008. Solaroli non è un nome qualunque. Molto vicino allo stesso Bersani, fu sentito come testimone proprio nello scandalo «Terremerse». 

In quell’inchiesta, insieme con due dirigenti, tra cui Filomena Terzini, Errani è accusato di aver occultato informazioni con cui sono stati versati finanziamenti per un milione di euro alla cooperativa del fratello Giovanni. A tirare in ballo Solaroli fu proprio la Terzini che spiegò che era stato Solaroli, nella sua veste di capo di gabinetto di Errani, a fare da intermediario tra il Comune di Imola, dove è stato sindaco dal ’76 all’87, e la Regione, per la variante al progetto della cantina Terremerse. 

Al momento non ci sono ipotesi di reato per l’incarico della segretaria di Bersani, ma chi ha potuto vedere il governatore in questi giorni parla «di una persona sempre più convinta di una chiusura anticipata del mandato regionale». Del resto Solaroli, classe 1939, era uomo di fiducia di Errani. Fu lui a organizzare l’ufficio di gabinetto, alle strette dipendenze del governatore. Lui, ex Pci poi Ds, che resta uno dei punti di riferimento del Pd in Emilia Romagna, con un passato da presidente della Commissione Bilancio in parlamento nel 1997 e poi da sottosegretario al Tesoro durante il governo di Massimo D’Alema. «Nulla di nuovo, io a Zoia Veronesi nel 2008 riconfermai il ruolo che aveva, e non si trattò di un atto unilaterale ma di un atto che venne autorizzato e poi sancito dalla Giunta Regionale’», ha spiegato ieri Solaroli. 

Ma poi ha aggiunto un dettaglio: «Zoia Veronesi dal 2002 era dirigente professional e svolgeva attività da professional, ha mantenuto quell’incarico sino al 2006. Dal 2006 al 2008 è andata in aspettativa, ed ha lavorato al Ministero per lo sviluppo e quindi è uscita dalla Regione» Poi Solaroli ha allargato il campo, attribuendo le responsabilità ai piani più alti dell’amministrazione regionale: «Quando è rientrata non abbiamo fatto altro che darle la collocazione e la qualifica che aveva prima. E non è un atto di Bruno Solaroli, è un provvedimento che sta dentro a un provvedimento più generale di riorganizzazione dei servizi della presidenza e del gabinetto: sono stati accorpati uffici e soppressi posti dirigenziali. Perchè la mia decisione da sola era una proposta e basta, non sarebbe stata efficace senza la delibera della Giunta. Quindi non so dove sia l’abuso degli atti d’ufficio». 

Ma perché Zoia Veronesi fu confermata in regione? Al centro dell’inchiesta come detto, c’è il ruolo che aveva a Roma per decisione della Regione Emilia-Romagna con l’incarico di «raccordo con le istituzioni centrali e con il Parlamento». Non c’è traccia però del lavoro svolto. E la truffa si sarebbe concretizzata proprio in questo: non aver svolto l’attività per cui era stata chiamata con una retribuzione per un anno e mezzo di circa 150mila euro. Ma aveva le competenze per farlo? A quanto trapela no, perché non avrebbe una laurea e non avrebbe avuto nemmeno i parametri per essere nominata in quel ruolo: la sua sarebbe stata una promozione per esperienza. 

In ogni caso, gli esposti del parlamentare di Futuro e Libertà Enzo Raisi stanno avendo i loro effetti. Dei cinque che presentò anni fa, tre hanno iniziato il loro percorso in tribunale. Ma poi ci sono molte altre indagini in corso. Una è stato archiviato, relativo alla «Pablo»  società di comunicazione che in cinque anni ha ricevuto dalla Regione 1,1 milioni di euro e dove lavorava la moglie di un esponente del Pd. L’altra è la Lepida, sulla rete regionale. Poi ancora sugli autobus Civis, palazzo Pizzardi o Acer. Insomma i prossimi mesi per Errani (e per tutto il Pd romagnolo) rischiano di essere molto caldi. 

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