Alla fine «la macchia» che resta sulla bandiera di Alberto Da Giussano è quella conferenza stampa in via dell’Umiltà a Roma di giovedì. Quando Roberto Maroni, insieme con il segretario Angelino Alfano e il governatore lombardo Roberto Formigoni, aveva fatto intendere che la legislatura in Lombardia sarebbe continuata anche fino al 2015. O che comunque non sarebbe finita con le elezioni nel 2013, come al contrario sosteneva il segretario lombardo Matteo Salvini.
«Un errore di comunicazione», spiegano i leghisti vicini a Bobo, che – quanto pare – si sarebbe perfino scusato con lo stesso Salvini durante il consiglio federale di oggi in via Bellerio, spiegando che «non si aspettava una conferenza stampa» e addossando parte delle responsabilità allo stato «di agitazione» del Celeste dei giorni scorsi.
Del resto, quell’immagine di Maroni con sullo sfondo il simbolo del Popolo della Libertà, mesto e imbarazzato, aveva fatto scattare sull’attenti pure i vecchi esponenti del cerchio magico di Umberto Bossi (vedi alla voce Rosi Mauro ndr), pronti subito a mettere in discussione la sua leadership dentro il Carroccio.
Ma ora, patto o non patto – come ha iniziato incalzare Formigoni («Gli accordi erano diversi») – il comunicato del consiglio federale parla chiaro. La Lega Nord chiede le elezioni in aprile e confida di varare la riforma delle legge di bilancio e quella elettorale. Soprattutto, non appoggerà un’eventuale nuova giunta di Formigoni. «Abbiamo fissato un punto, non ci aspettiamo di replicare a nuove controproposte», spiega un dirigente di prima fascia di via Bellerio che esclude nuovi incontri tra Maroni e Alfano nei prossimi giorni, come invece ha richiesto a gran voce Ignazio La Russa.
La conferma che per davvero la Lega Nord ha staccato la spina al «Furmiga», arriva anche dallo stesso Maroni in visita a Mestre, dure ore dopo il consiglio federale. L’ex ministro dell’Interno spiega di non «voler aggiungere altro al comunicato». Poi, però, dice che la Lega Nord oggi ha preso sulla regione Lombardia una decisione «difficile» ma giusta e tempestiva.
Non solo, già pressato da una base padana più che mai furente per le indagini sulla ‘Ndrangheta e dalle ultime notizie per le indagini su Finmeccanica e l’amico Giuseppe Orsi, Maroni abbozza: «Gli scandali non fanno bene alla politica: nessun partito ne trae vantaggio». E infine, sostenendo che i modi possibili di reagire sono due di fronte a questi scandali, ribadisce: «Uno sbagliato, che è quello di sottovalutare o di dire ‘non e’ successo niente’; uno giusto, che e’ quello di reagire mettendo la P maiuscola alla politica».
A questo punto – oltre al nodo legato alle modalità in cui la regione Lombardia arriverà al voto in aprile (dimissioni subito?) – resta il giallo dell’incontro di giovedì a Roma in via dell’Umiltà. Secondo i leghisti l’accordo su una crisi pilotata in gennaio per andare a votare in aprile era già stato trovato mercoledì sera, dopo l’arresto per voto di scambio con la ‘Ndrangheta dell’assessore alla Casa Domenico Zambetti.
Non a caso erano già in tanti a parlarne. Di diverso parere sono gli esponenti del Popolo della Libertà, in particolare Formigoni. Il Celeste continua a ripetere – con i soli La Russa e il formigoniano di ferro Paolo Valentini – che gli accordi erano altri. E che ha persino spedito un sms a Maroni dopo il comunicato della Lega uscito dal federale, ma che non ha ricevuto risposte.
La sensazione è che i giochi siano ormai chiusi. Tace Alfano, tace Silvio Berlusconi, tacciono gli esponenti del Popolo della Libertà nelle regioni minacciate di Veneto e Piemonte che, invece, secondo Formigoni sarebbero tutti con lui nel sostenerlo. Il Pdl resta in silenzio pure sulla richiesta della Lega di far dimettere i consiglieri indagati, che alla fine altro non è che Nicole Minetti, l’igienista dentale dello scandalo Bunga Bunga.
Tutto, in realtà, sembra ruotare intorno alle candidature alle prossime regionali in Lombardia. Il Celeste ha chiesto di ricandidarsi e di avere il sostegno della Lega Nord, ultima speranza per salvare la sua carriera politica. Maroni avrebbe risposto picche e allo stesso modo – come maligna qualcuno – avrebbero fatto altri all’interno del Pdl. Del resto, il Carroccio pare stia già trattando con i futuri alleati (sarà il Pdl o un altro partito?) sulla candidatura di Attilio Fontana, sindaco di Varese e maroniano di ferro.
Certo, continuano a circolare rumors nelle ultime ore, che raccontano di un governatore alla ricerca disperata di leghisti che possano sostenerlo in una giunta futura. Il più titubante negli ultimi giorni è stato Luciano Bresciani, assessore alla Sanità e medico personale del Senatùr. È stato lui a chiamare per tutta la giornata di giovedì Bossi, chiedendogli di non staccare la spina. Pressione che avrebbe spinto il presidente della Lega a dire «Formigoni non dovrebbe dimettersi».
Poi, il giorno dopo, lo statista di Gemonio ha cambiato idea, riallineandosi a Salvini sul voto in aprile. Non solo. Durante il consiglio federale di oggi, Bossi ha confermato in pieno la linea Maroni, aggiungendo solamente (la sua permanenza al federale è stata di appena tre minuti di orologio ndr) di portare a casa almeno la legge elettorale e la legge di bilancio nell’interesse dei cittadini lombardi. E come ha detto anche Bossi all’unisono con Maroni: «Oggi un ciclo si è chiuso».