Si sono incatenati, hanno striscioni e cartelli e gridano che non se ne andranno fino a quando qualcuno non avrà dato loro delle spiegazioni. Non siamo nel bel mezzo di un corteo della Cgil, bensì a Falerna Superiore, un paesino di poco più di 4mila abitanti sulle falde dell’Appennino calabro, in provincia di Catanzaro. Quello che però si è formato in piazza Guglielmo Marconi è un picchetto in piena regola, con manifestanti, che da mattina a sera si alternano per presidiare ininterrottamente l’ingresso della chiesa di San Tommaso d’Aquino. La ragione? Impedire lo spostamento in un’altra cittadina di don Fabio Coppola, ex maresciallo dei carabinieri, da undici mesi parroco della comunità, improvvisamente assegnato a un’altra parrocchia.
La storia è questa: in un paese dove mancano biblioteche, palestre e centri di aggregazione, in un’aerea dove la mafia è forte e dove i più giovani non sembrano avere luoghi di ritrovo diversi dalla strada, un anno fa l’arrivo del nuovo parroco ha portato una ventata di novità. Ex maresciallo dei carabinieri, dopo quindici anni nell’arma a Palermo, Fabio Coppola decide di “cambiare divisa” e così abbandona l’uniforme militare per indossare abito talare e collarino ecclesiastico. «Mi hanno sempre detto che con questa faccia non sembravo proprio un maresciallo dei carabinieri, ora mi dicono l’esatto contrario – scherza don Fabio ripensando al suo passato – Ho sempre cercato di aiutare gli altri, da ragazzino facendo volontariato in un’associazione che si occupava della scolarizzazione dei nomadi, in seguito scegliendo di entrare nell’arma. Un giorno però mi sono reso conto che la divisa da carabiniere non mi bastava, che volevo fare di più e che era un altro il modo in cui volevo aiutare le persone».
In un momento di crisi della Chiesa, di parrocchie semi vuote e di fedeli praticanti in calo, don Fabio riesce a integrarsi nella comunità di Falerna, tornando a riempire i banchi della chiesa di San Tommaso d’Aquino come non accadeva da tempo. «Da quando è arrivato vado regolarmente a messa – racconta Stefano Mendicino, ingegnere trentenne – e per andarci faccio anche dieci minuti di macchina visto che non è la mia parrocchia!». Da subito don Fabio cerca di coinvolgere i più giovani organizzando attività in oratorio e cercando di rimettere in piedi la squadra di calcio locale. Racconta Natalino Mion, ex allenatore, ora incatenato insieme ad altri cittadini davanti alla chiesa del paese: «Un giorno il parroco è venuto da me e mi ha detto: «Vogliamo rifare la squadra, riprenderci i giovani dalle strade e portarli sul campo?». Ora però il progetto è fermo e il signor Mion non sa se riusciranno a portarlo a termine.
Ma per quale motivo trasferire dopo un solo anno un sacerdote che sta ottenendo risultati così positivi? È quello che si sono chiesti gli abitanti di Falerna, che dai primi di settembre, quando hanno saputo dell’imminente trasferimento, previsto per oggi, si sono mobilitati per chiedere a monsignor Luigi Cantafora, Vescovo della diocesi, di rivedere la sua decisione, o per lo meno di spiegarne i motivi. Dopo avere organizzato momenti di preghiera, scritto alle autorità ecclesiastiche e al Vescovo senza ottenere risposta, in centoventi sono partiti da Falerna alla volta del vescovado di Lamezia Terme e da lì non si sono mossi fino a che il Vescovo non ha accettato di riceverli, ma a poco è servito. «Non ci sono state date spiegazioni, anzi siamo stati accusati di strumentalizzare alcuni nostri concittadini membri delle comunità musulmana e romena del paese, che pur non essendo cristiani hanno voluto sostenerci perché legati a don Fabio, un sacerdote che ha saputo accogliere tutti in paese, senza discriminazioni di alcun tipo» spiega Lina Aracri, ex insegnante.
Tecnicamente non vi è nulla di illecito nel trasferimento di don Fabio: un sacerdote di recente ordinazione infatti viene mandato nella sua prima parrocchia in qualità di “amministratore parrocchiale” prima di diventare ufficialmente sacerdote della stessa. In questo periodo di transizione il soggetto può essere trasferito, anche se solitamente viene confermato come parroco e da quel momento non può più essere mandato in un’altra comunità se non dopo nove anni. Dietro all’allontanamento di don Fabio non sembrerebbe esserci altro che la scelta di avvicinare due parroci: il nuovo sacerdote infatti è fratello di quello del paese confinante con Falerna.
«Noi non abbiamo nulla contro il nuovo prete, quello che non possiamo accettare è di essere considerati dei fedeli di serie B – dice Giuseppe Perri, ex medico del paese, ora dirigente della sanità calabrese – nel giro di un anno se le cose non cambiano ci troveremo ad avere cambiato tre sacerdoti». Quello che però più di tutto lascia senza parole i cittadini è la mancanza di apertura al dialogo da parte del Vescovo: «Quando abbiamo chiesto spiegazioni, il Vescovo Cantafora ci ha risposto che se cercavamo “democrazia” non dovevamo cercarla all’interno della Chiesa, che il “capo” era lui e decideva lui» racconta Nello Maruca, ex direttore amministrativo, che proprio nell’ultimo anno si è riavvicinato alla Chiesa. Al trasferimento di don Fabio manca poco, ma i Falernesi non si arrendono, continuano a manifestare incatenati sul sagrato e in una lettera aperta diretta a Papa Benedetto XVI chiedono di essere ascoltati e di ottenere le risposte che le autorità ecclesiastiche locali non hanno voluto dare loro.