Altro che, Berlusconi è in campo e non vuole perdere

Altro che, Berlusconi è in campo e non vuole perdere

L’unica cosa che si capisce da questo nuovo voltafaccia di Berlusconi che mette in crisi Alfano, il suo partito e le primarie è che il leader non ci sta a perdere le prossime elezioni. Accadde la stessa cosa quando decise di rompere gli indugi e di scendere in campo contro la sinistra e la possibilità che Occhetto divenisse premier. Questa volta non può giocare in proprio perché non ha più il carisma per trascinare il suo popolo alla vittoria anzi ha buone possibilità di affossarlo definitivamente. Tuttavia il Cavaliere non è uomo da rassegnazione. La sua visione è troppo pessimistica attorno al proprio destino per lasciar andare le cose come devono andare. Vuole invece provare fino all’ultimo a cercare la nuova carta vincente e per farlo deve sgomberare il tavolo da quelle sicuramente perdenti.

Queste sono rappresentate innanzitutto dall’intero partito: i notabili e le new entry, quelli che vengono dal Psi e dalla Dc ma anche i forzisti della prima ora. Deve poi togliere ad Alfano la possibilità di avere un trampolino di lancio attraverso il quale l’attuale segretario, con un codazzo di luogotenenti, possa tentare la carta dell’incontro con i centristi. Berlusconi sente aria di tradimento e tradisce per primo. Infine il Cavaliere non accetta che il suo refrain contro la politica cada nelle mani di suoi avversari e invidia la posizione che si sta ritagliando Beppe Grillo. In tutto questo c’è la disperazione di un uomo che teme gli assalti giudiziari e le disgrazie economiche per le sue aziende, che vede il suo mondo svanire e affermarsi altri modelli ovvero talvolta gli stessi modelli con altri protagonisti.

Da qui questa affannosa corsa a cercare scorciatoie, a rimangiarsi la parola data, a imbastire nuove trame. Probabilmente se vi fosse un leader politico che gli assicurasse di prendere in man o la destra per condurla alla vittoria contro la sinistra, lui sarebbe anche disposto a farsi da parte. Era sembrato che quel leader Berlusconi lo avesse identificato in Monti ma molti fattori, fra cui le intenzioni dello stesso attuale premier, l’hanno scoraggiato dal perseguire questa strada. Allora deve sollevare il polverone, fare “ammuina” sperando che alla fine tutti si convincano che è meglio ripartire azzerando tutta la costruzione del centro destra e affidando a lui, al sempre verde Berlusconi, il compito di battezzare la nuova linea, il nuovo soggetto politico, il nuovo leader.

Questa destra ora in affanno lui l’ha fondata e se ne vuole liberare. La sente inadeguata agli obiettivi, anche ai suoi personali obiettivi, troppo lontana dalla capacità di catturare consensi e avverte al tempo stesso che la marcia del Pd verso il governo del Paese rischia di diventare inesorabile. Il Berlusconi che conosciamo starà sicuramente cercando sponde dappertutto per individuare una soluzione e nuovi personaggi da spendere in politica al proprio posto. C’è in questo calcolo sicuramente la consapevolezza di dover pagare un prezzo con l’annichilimento della sua costruzione politica e di molti suoi seguaci. I suoi giornali e la Santanchè gli servono però solo per sfasciare il proprio quartier generale ma non per costruire il suo futuro. Per questo è disposto ad altro, a tenere sotto pressione tutto il mondo di riferimento della destra, quello imprenditoriale, quello curiale, quello culturale per cercare di far emergere dapprima una volontà di rinascita e poi una leadership.

Farà questo anche rischiando di fare un tale danno alla sua parte che possa favorire l’avanzare delle liste di antipolitica. In fondo Berlusconi non teme Grillo ma teme che si coaguli un’alleanza di riformisti e moderati che, sospinta anche dal nuovo clima internazionale obamiano, possa tentare la carta di cancellare tutte le impronte del berlusconismo. Ne vedremo ancora delle belle. Vedremo ogni giorno un Berlusconi diverso, sfasciacarrozze e costruttore, in prima fila e pronto a lasciarla, in un moto perpetuo e nevrotico che ha come obiettivo di creare la stessa domanda politica che nel 1994 spinse tanta gente a voltare le spalle alla sinistra e ai nuovismi per tuffarsi nella proposta di una nuova destra. Probabilmente fallirà, ma l’uomo è fantasioso e determinato e dall’altra parte manca quello che a Napoli si chiama, con una espressione che dice tutto, “cazzimma”.  

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