Così la cricca pilotava gli appalti a Firenze

Così la cricca pilotava gli appalti a Firenze

Concorso in corruzione aggravata nella realizzazione della Scuola dei Marescialli dei Carabinieri di Firenze. È questo il capo di accusa per cui sono stati condannati tutti gli imputati del processo in corso al Tribunale di Roma su uno dei capitoli giudiziari scaturiti dall’indagine sui Grandi eventi e sulle opere per il G8 della Maddalena.

I giudici della prima Sezione penale hanno inflitto 3 anni e 8 mesi di reclusione, oltre all’interdizione per cinque anni dalle funzioni amministrative, all’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Angelo Balducci, e all’ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana, Fabio De Santis. Mentre hanno comminato una sanzione di 2 anni e 8 mesi di carcere per l’imprenditore Francesco Maria Vito Piscicelli, noto alle cronache perché intercettato mentre rideva durante la notte del terremoto dell’Aquila alla prospettiva di concludere affari redditizi per la sua ricostruzione, e di due anni per il costruttore Riccardo Fusi, unico al quale la pena è stata sospesa. A questi ultimi è stata negata la possibilità di negoziare e stipulare contratti con le istituzioni. 

Al centro del procedimento vi era l’ipotesi di atti gravemente contrari ai propri doveri d’ufficio compiuti dai due funzionari governativi, allo scopo di alterare l’assegnazione degli appalti per la costruzione della caserma dell’Arma a Firenze, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Un’opera che nel maggio 2009 venne sospesa per decisione del governo guidato da Silvio Berlusconi.

In base alle tesi dell’accusa, tra il febbraio 2008 e la primavera del 2009 Balducci e De Santis avrebbero cercato di pilotare i lavori per assegnarli alla Btp, l’azienda edilizia di Fusi che era stata estromessa dalla gara vinta dalla società Astaldi nel 2006. Il rovesciamento dell’esito del regolare appalto sarebbe stato perseguito grazie al ruolo di intermediazione giocato da Piscicelli. A determinare la nuova attribuzione dell’intervento e accogliere così le aspirazioni degli imprenditori, sarebbe stata l’accettazione da parte dei due responsabili delle opere pubbliche di una consistente somma di denaro. A beneficiare dei favori elargiti dai costruttori era soprattutto De Santis, che per mantenere l’impegno aveva ricevuto un orologio di marca del valore di alcune migliaia di euro e ottenuto la sua nomina a provveditore interregionale per le opere pubbliche in Toscana, Umbria e Marche.

La battaglia intrapresa da Fusi per conquistare l’appalto della Scuola Marescialli vedeva un ulteriore tassello di fenomeni corruttivi, derivante dal filone d’inchiesta sulle Grandi opere e frutto dell’attività investigativa della Procura fiorentina. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Ros e dai magistrati del capoluogo toscano, nel 2009 l’ingegnere Silvio Albanesi accettò da De Santis la promessa di incarichi per consulenze milionarie. E in cambio si impegnò ad assumere, nella sua veste di componente della commissione nominata nel dicembre 2008 dal numero uno del Consiglio sulle opere pubbliche per le valutazioni tecniche sull’appalto per la realizzazione della Scuola Marescialli, le decisioni già concordate tra Balducci e De Santis nell’esclusivo interesse della Btp di Fusi.

Comportamenti, quelli tenuti dai due funzionari governativi, che per i pubblici ministeri romani Roberto Felici e Ilaria Calò configurano una “condotta grave e allarmante alla luce soprattutto del loro ruolo nell’amministrazione dello Stato”. Ragione per cui, nel corso della loro requisitoria, i magistrati hanno chiesto per tre degli imputati pene detentive più dure rispetto a quelle poi decise dai giudici: 5 anni per Balducci e De Santis, 3 anni per Fusi.

A nulla sono valsi gli sforzi argomentativi degli avvocati difensori, innanzitutto quelli svolti con passione da Franco Coppi, legale di Balducci e fermamente intenzionato a evidenziarne la completa estraneità da rilievi penali «emersi esclusivamente nel corso di telefonate tra Piscicelli e De Santis, che lo chiamano in causa come terza persona». Conversazioni, osserva il penalista romano, «svolte fra due individui poco attendibili, in primo luogo l’imprenditore: un millantatore amante della vita sfarzosa, all’epoca in grave crisi finanziaria e alla ricerca disperata di risorse, che proprio per tali motivi cercò di accreditarsi presso il facoltoso costruttore Fusi come garante delle assegnazioni dei lavori per la Scuola Marescialli allo scopo di agevolarlo».

È in questa veste che, prosegue Coppi, «Piscicelli tenta di agganciare Balducci, visto il suo ruolo istituzionale nevralgico per l’attribuzione degli appalti pubblici». Figura, quella del funzionario governativo, «ritenuta da tutti, in primo luogo dall’allora responsabile delle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli, un’autorità indiscussa nel proprio campo per rettitudine e competenza. Persona che, come risulta dalle stesse registrazioni telefoniche, non ha mai ottenuto benefici frutto di corruzione ad opera degli imprenditori interessati ai lavori. E che si era limitato soltanto a ricevere, mai da solo, i costruttori desiderose di partecipare agli appalti, tra cui Riccardo Fusi».

A quest’ultimo, «che vantava un credito per 35 milioni di euro nei confronti dello Stato ed era fortemente determinato ad acquisire la titolarità dell’opera, Balducci oppose sempre un assoluto diniego, proprio per la sua onestà professionale. Atteggiamento rigoroso tenuto fino all’interruzione dell’appalto stabilita dall’esecutivo dell’epoca, e fino alla lettera di dimissioni dal suo incarico di presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici». Lo stesso imputato è intervenuto al termine dell’udienza con una dichiarazione spontanea, per rivendicare la correttezza, limpidezza e legalità del proprio comportamento nella realizzazione di tutte le opere di interesse collettivo che rientravano nelle sue competenze.

Dai lavori per il Giubileo del 2000 a Roma in collaborazione con la Giunta Rutelli, alla ricostruzione dei teatri lirici Petruzzelli di Bari e La Fenice di Venezia distrutti da un incendio alla fine degli anni Novanta, dal completamento dell’Osservatorio scientifico del Gran Sasso fino alla costruzione degli impianti sportivi per i Mondiali di nuoto del 2009. Realizzazioni «eseguite grazie a procedure trasparenti e gare con evidenza pubblica, puntualmente terminate entro i tempi previsti dai progetti».

La manifestazione di fiducia nella comprensione delle proprie tesi difensive è andata però delusa, almeno nel primo grado di giudizio. Al termine di una camera di consiglio durata oltre tre ore e mezza, è giunto il verdetto di condanna. Accolto dagli imputati e dai loro legali con un misto di rassegnazione, silenzio, rabbia. I più scossi, come si leggeva nel volto, erano proprio Balducci e Coppi, che non hanno voluto rilasciare commenti e attendono di leggere le motivazioni della sentenza per valutare tutte le iniziative necessarie.

La partita processuale nata dall’inchiesta sulla costruzione della Scuola dei Marescialli di Firenze ha appena superato il primo atto. E si preannuncia ancora lunga. Così come appare lontana dall’epilogo la complessiva e tortuosa vicenda giudiziaria relativa ai Grandi eventi: G8 della Maddalena e 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Una storia che ha fatto emergere un intreccio perverso di corruzione in atti pubblici e in atti giudiziari, reati associativi e di favoreggiamento: delineando i contorni di un sodalizio malavitoso in grado di pilotare, decidere, assegnare e gestire dal 1999 a oggi gli appalti per gli appuntamenti di maggiore risonanza del nostro paese. Procedimento che, oltre ad alcuni degli imputati condannati oggi a Roma, vede sotto accusa l’ex numero uno della Protezione civile, Guido Bertolaso, il costruttore Diego Anemone, l’ex magistrato della Procura capitolina, Achille Toro. 

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