Matteo Renzi spiega di non voler entrare nelle «vicende lombarde», dice che sarebbe meglio fare le «primarie», ma alla fine conferma che il candidato giusto per la Lombardia è Umberto Ambrosoli e dà un consiglio al centrosinistra che deve stare attento a un centrodestra pronto a riorganizzarsi: «Non è l’accordo con il simbolo di Casini che ti porta il voto. È la capacità che hai ad essere attrattivo. Vale sulla destra, sui moderati, sulla sinistra e sull’area del non voto. Ambrosoli ha queste caratteristiche».
È questo uno dei punti principali del discorso fatto dal rottamatore a Milano, alla Cascina Cuccagna, in una domenica piovosa ma con una sala stracolma per ascoltarlo. Insieme con lui Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente, ma soprattutto diversi esponenti del Partito Democratico e a sorpresa anche Alberto Meomartitini, presidente di Assolombarda e di Saipem, società del colosso petrolifero Eni.
Il sindaco di Firenze in corsa per le primarie del Pd non vuole entrare nelle diatribe locali, ma tra un rilancio della Green Economy e uno sguardo alla prossima Leopolda, decide di dire la sua sulle polemiche che stanno accompagnando le elezioni regionali. Il punto è sempre lo stesso: allargare il campo di azione. Detto in parole povere: non guardare ai partiti. Il ragionamento è quello fatto proprio a Milano due settimane fa al Teatro Dal Verme (dove citò anche una lettera del padre di Ambrosoli), quando invitò il centrosinistra a non demonizzare «il voto di centrodestra o quello di Berlusconi». La chiave sta tutta qui, secondo Renzi. E per il rottamatore, Ambrosoli, figlio di un avvocato monarchico e di destra della borghesia milanese, potrebbe essere l’uomo giusto per conquistare aree che fino adesso sono state ostili al centrosinistra.
Il primo cittadino fiorentino sta lavorando da tempo su questo concetto. In particolare a Milano, dove nell’ultima settimana i due spin doctor Giorgio Gori e Ivan Scalfarotto hanno organizzato alcuni eventi non rivolti solo al Partito Democratico, ma a tutta la società civile. Ambrosoli, del resto, è persona stimata sia nel centrodestra come nel centrosinistra. Grande amico del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, nemmeno un anno fa, da avvocato, ha difeso l’ex assessore all’Ambiente Paolo Massari (Pdl) da un’accusa di molestie che gli costò il licenziamento da parte di Letizia Moratti.
In sostanza, la capacità a parlare a più mondi sembra essere propria di Ambrosoli, che non ha ancora sciolto la riserva sull’eventuale «conta interna». Per Renzi «l’idea di rinunciare alle primarie non è il massimo». Stesso concetto che aveva espresso Gori nei giorni scorsi. A quanto pare, l’avvocato starebbe già lavorando sulla sua lista civica da presentare alle elezioni, ma nel centrosinistra continuano a spingere perché alla fine si confronti con gli altri candidati, come la ginecologa Alessandra Kusterman o il giornalista Andrea Di Stefano.
Lo stesso Pisapia, in diverse interviste, ha chiesto alla coalizione di fare un ragionamento sulle primarie. L’impressione, quindi, è che Ambrosoli potrebbe partecipare, in modo da far conoscere anche il suo nome al di fuori del recinto milanese. Non è un caso che Roberto Maroni, che durante il federale di lunedì potrebbe essere candidato dalla Lega Nord, continui a insistere sul fatto di «parlare alla Lombardia», proprio per prendere le distanze dagli altri due candidati «milanocentrici»
Nel frattempo, Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano, in corsa con una lista civica, continua smentire possibili passi indietro. L’europarlamentare del Pdl ha già da tempo dato il suo appoggio all’avvocato Ambrosoli, dicendo che «sarebbe il primo a coinvolgere nella sua squadra di governo in caso di vittoria». Non solo. Meomartini, presidente di quell’Assolombarda che regola i rapporti tra imprese e amministrazione regionale ormai da lungo tempo, ha confessato di essere tentato dal votare alle primarie. Per chi? Di sicuro Matteo Renzi.
L’ultimo avvertimento, il rottamatore lo ha rivolto ancora una volta al centrosinistra, ricordando il 1994 e «la gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto, che andò a sbattere contro Silvio Berlusconi e Forza Italia. «È evidente che il centrodestra stia cercando di allargare il campo, anche perché in questo anno, domani sarà un anno dalla caduta del governo Berlusconi, il campo si è molto ristretto, frammentato e diviso, guai al centrosinistra se pensa di aver già vinto». Per questo motivo, «sono curioso di capire – ha continuato il sindaco di Firenze – come, nel centrodestra, tenteranno di recuperare alcune loro divisioni». Un altro consiglio per Ambrosoli.