Più di due anni di inchieste, intercettazioni scottanti e scandali, da Roma a Napoli passando per Milano e Busto Arsizio. Ma il consiglio di amministrazione di Finmeccanica attualmente in corso non dovrebbe regalare particolari sorprese o cambi in corsa ai vertici di piazza Monte Grappa. Nemmeno se in contemporanea alla riunione dei vertici si è svolto un incontro a Roma tra i magistrati che stanno seguendo il filone delle tangenti del colosso della difesa. Giuseppe Orsi, presidente e amministratore delegato, ha già detto che non si dimetterà, anche se su di lui pende un’indagine per corruzione internazionale per l’ormai nota presunta «tangente» indiana. Neppure le chiacchierate durante una cena con Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente Ior, hanno toccato l’ex manager di Agusta Westland che si è persino scusato con una lettera al Secolo XIX con il presidente della Cei Angelo Bagnasco che avrebbe definito un «coglione».
Per questo motivo, anche se negli ultimi giorni sono circolati diversi nomi per sostituirlo – dall’ambasciatore David Thorne (ambasciatore americano), che sarebbe una sorta di figura di garanzia, fino a Francesco Caio (Avio) e Giuseppe Castellaneta (ex ambasciatore) – per il fatto che all’ordine delgiorno del consiglio di amministrazione non è neppure prevista la sostituazione del consigliere dimesso Franco Bonferroni (quota Udc e indagato per finanziamento illecito ai partiti), durante il cda si dovrà mettere a punto il piano industriale, in attesa della presentazione della trimestrale da parte di Orsi. Da un lato però c’è una novità in questo scandalo internazionale, dove stanno operando faccendieri italiani noti alla politica, come Luigi Bisignani e Ignazio Moncada. Dopo settimane di silenzio, la politica è tornata a parlare proprio oggi in occasione della riunione del board di Finmeccanica.
In particolare si segnala l’intervento del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, che insieme con il presidente del Consiglio Mario Monti e il ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera sta gestendo «il dossier» Finmeccanica. Rispetto a un possibile cambio dei vertici del gruppo, Di Paola è stato categorico. «Le scelte verranno prese quando e come ci saranno le condizioni», dal momento che «parliamo di una società per azioni quotata in Borsa: dunque, su queste cose non si fanno gossip. Quel che ho sempre detto e che dice il governo – ha sottolineato Di Paola- è che l’Italia e la sua Difesa hanno bisogno di una Finmeccanica forte; quindi io sono dietro a Finmeccanica per un’azienda forte».
Del resto, è stato un anno non facile, il 2012, per il colosso aerospaziale. Eppure, a guardare l’andamento del titolo in Piazza Affari, ci sarebbe da rallegrarsi: da 2,9 a 3,69 euro per azione in undici mesi. Merito certamente del rally estivo del Ftse Mib, il principale listino di Milano, ma soprattutto di una legge classica della Borsa: più le società sono contendibili e più sono appetibili. I conti diffusi pochi istanti fa indicano un utile netto pari a 75 milioni di euro, in crescita di 50 milioni rispetto ai 25 milioni del terzo trimestre del 2011, con ricavi sono saliti dell’8% su base tendenziale a 4,1 miliardi di euro. Cifre che battono il consensus, che parlava di un fatturato di 3,839 miliardi di euro nel terzo trimestre con un margine operativo lordo di 244 milioni e un utile netto pari a 50 milioni, ma un debito a quota 4,797 miliardi di euro. Il target price fissato dagli analisti si aggira tra 4,15 e 4,65 euro per azione, e proprio in attesa di capire il destino del management nessuno per ora consiglia di vendere, anche se le stime sull’utile per azione (P/E) per il 2012 si fermano a circa 5,7 volte, rispetto alle 7 volte del 2011.
Il parere di alcuni analisti, contattati da Linkiesta, è unanime: anche se l’uscita di Giuseppe Orsi sembra rimandata, la perdurante incertezza che grava sul management non farà che allungare i tempi del piano rilancio e consolidamento da un miliardo di euro messo nero su bianco proprio da Orsi un anno fa. E le agenzie di rating, di conseguenza, potrebbero procedere con un declassamento del titolo, attualmente giudicato BBB- da Fitch e S&P e Baa2 da Moody’s.
Proprio sulla credibilità del piano di dismissioni, che saranno chiarite entro l’anno, si concentrano le maggiori critiche dei broker di Piazza Affari. Un analista, sotto promessa di anonimato, lamenta: «Sappiamo dell’interessamento di Hitachi e di Siemens per Ansaldo Energia, così come le indiscrezioni sul Fondo strategico italiano (che ha presentato un’offerta assieme a una cordata di imprenditori bresciani e veneti, ndr), ma finora non è stato realizzato un euro su questo fronte». Oltre ad Ansaldo Energia, le controllate in vendita sono molte: il 14% di Avio e l’Ansaldo Breda, oltre all’idea di qualche proprietà immobiliare non strumentale, idea che era stata ventilata in un primo momento e che ora potrebbe essere riportata in auge. Proprio sul tema dismissioni, nel corso della conference call con gli analisti il direttore generale Alessandro Pansa ha confermato il target di 1 miliardo di euro e ha sgombrato i dubbi – rispondendo a una domanda su possibili “ostacoli” da parte dell’esecutivo nella vendita di asset – sul ruolo del governo italiano nel dossier: «Riteniamo che il governo stia indirizzando, supportando, seguendo e controllando ciò che sta facendo Finmeccanica in termini di dismissioni».
Ad aggravare la situazione di Finmeccanica – che aveva finanziato i repubblicani – la conferma di Barack Obama alla Casa Bianca, che da tempo preannuncia tagli al budget militare. Parole che pesano come un macigno sul colosso aerospaziale, che ha tirato un sospiro di sollievo dalla mancata fusione tra Bae e Eads, operazione che l’avrebbe di fatto marginalizzata nel ricco mercato statunitense. Nel 2011 la controllata Drs ha infatti generato 3,4 miliardi di dollari di ricavi con un margine lordo di 400 milioni, ma già nella presentazione dei conti relativi al 2011 la società metteva in guardia gli investitori dalle mosse di Obama.
Al 30 giugno i ricavi sono in calo a quota 683 milioni di euro rispetto agli 805 del giugno 2011, con un margine lordo in discesa da 53 a 45 milioni. Gli elicotteri di AgustaWestland, scuderia da cui proviene Orsi, rimangono il fiore all’occhiello della società, e come ha ribadito il comandante Gerald Galway, numero uno dell’aviazione indiana, il Paese non ha nessuna intenzione di interrompere il programma iniziato nel 2010, a prescindere dalle mosse delle procure. Al 30 giugno la dote della società di Busto Arsizio era di 1,9 miliardi di ricavi e un portafoglio ordini di 12 miliardi, con un margine di 219 milioni, in crescita sui 188 milioni del giugno 2011.
Complessivamente le linee guida dello scorso giugno indicavano un portafoglio complessivo di 17,5 miliardi, con ricavi a 17 milioni e un margine di 1,1 miliardo di euro. Vedremo domani se il mercato le considererà credibili.