“Last Shop Standing”, l’ultimo negozio di dischi

“Last Shop Standing”, l’ultimo negozio di dischi

Se amate la musica, pensate un po’ dove eravate soliti trascorrere i pomeriggi del sabato dieci, quindici o venti anni fa. Molto probabilmente la risposta sarà: «In un negozio di dischi». Perché i negozi di dischi, in particolare quelli indipendenti, non erano e non sono soltanto un semplice esercizio commerciale ma soprattutto luoghi di incontro nei quali ci si reca per vedersi con altri amici che condividono la stessa passione e con cui si scambiano informazioni, opinioni, pareri, mentre si ascolta l’ultima novità o si scopre il vecchio disco di una cult-band.

La rivoluzione digitale, con l’avvento degli mp3 e del download, oltre alla dissennata politica commerciale delle major, ha portato questi esercenti a un passo dalla scomparsa. Non solo in Italia, dove negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una vera e propria moria, ma anche nel Regno Unito: il Paese che, assieme agli Stati Uniti, è la culla del rock e del pop, oltre che la meta privilegiata per gli amanti dei vinili e dei cd. Basta dare un’occhiata alle cifre per avere contezza del fenomeno: negli anni Ottanta i negozi di dischi indipendenti (ad eccezione, quindi, delle catene come Virgin, Tower, Hmv) erano oltre duemila, adesso ne rimangono all’incirca trecento. Soltanto negli ultimi dieci anni sono stati più di 1.500 ad abbassare le saracinesche e anche tutte le grandi catene, ad eccezione di Hmv, hanno chiuso i battenti. 

Le cause che hanno portato a questa situazione sono molteplici: Internet e il file sharing hanno giocato ovviamente un ruolo rilevante, come pure gli affitti elevati, la vendita dei cd nei supermarket, fino alle dotcom che per anni hanno venduto online a prezzi stracciati non pagando l’Iva perché dislocate in paradisi fiscali come le Channel Islands. A raccontare questa trasformazione epocale è stato qualche anno fa Graham Jones in un libro, Last Shop Standing, tradotto in Italia da Arcana con il titolo di Il 33° giro. Gloria e resistenza dei negozi di dischi.

Ora quel libro è diventato anche un documentario dallo stesso titolo. Proiettato in alcuni cinema e disponibile in dvd, Last Shop Standing. The Rise, Fall and Rebirth of the Independent Record Shop racconta di come i negozi di dischi siano cresciuti e si siano diffusi capillarmente a partire dagli anni Sessanta, con l’esplosione del rock come fenomeno di massa. Di come siano entrati in crisi con l’avvento delle nuove tecnologie e di come stiano sopravvivendo, nonostante tutto, anche alla crisi economica.

Graham Jones ci spiega cosa lo ha spinto prima a scrivere il libro e poi a realizzare il documentario: «Qualche anno fa ho notato che un incredibile numero di negozi di dischi stava chiudendo. La gente però parlava della crisi, dei bar che chiudevano, ma nessuno sembrava fare caso ai “record store”. Ho pensato che fosse molto importante che qualcuno ne documentasse la storia prima che chiudessero tutti, così ho viaggiato per il Regno Unito e ho visitato 50 negozi di dischi che pensavo potessero essere tra gli ultimi a sopravvivere. Ho intervistato i proprietari ed essendo io un habitué (Jones lavora nella distribuzione discografica da 25 anni, nda), il libro ha finito per essere una sorta di celebrazione. Ho raccolto storie divertentissime accadute realmente presso questi negozi che sono determinati a resistere, qualunque cosa accada. Poi, all’inizio dell’anno, i produttori della Blue Hippo mi hanno contattato con l’idea di trasformare il libro in un documentario, così ho rifatto lo stesso giro in Inghilterra, Scozia e Galles: ho intervistato nuovamente i proprietari di molti negozi per farmi raccontare la loro vita e di come stanno sopravvivendo in un periodo così difficile».

La passione che lega questi proprietari al proprio lavoro, alla musica e ai dischi, è uno dei tratti distintivi del documentario. L’altro è il ruolo giocato dai record store nella diffusione della cultura musicale del Novecento. Ce lo ricordano alcuni musicisti di successo come Paul Weller (Jam, Style Council), Johnny Marr (Smiths), Norman Cook (alias Fatboy Slim), Billy Bragg e Richard Hawley che hanno voluto sottolineare l’importanza dei negozi di dischi nella loro formazione e nelle loro vite. «Tutti», ci svela Jones, «hanno partecipato gratuitamente perché si rendono conto di quanto questi posti siano importanti e di quanto li abbiano aiutati quando erano musicisti alle prime armi».

La rivincita dei negozi di dischi passa soprattutto per il ritorno del vinile: «Credo che molti ragazzi stiano scoprendo il vinile attraverso la collezione di dischi dei loro genitori. Spesso per Natale chiedono in regalo un giradischi, vogliono frequentare i record shop e comprare anche loro gli LP o i singoli». Una via d’uscita verso il futuro che Last Shop Standing mostra perfettamente con le immagini di centinaia di appassionati in fila per entrare nel loro negozio preferito durante l’ultima edizione del Record Store Day, la giornata mondiale a sostegno dei negozi di dischi che dal 2008 si tiene il terzo sabato d’aprile. «Io sono ottimista», afferma sorridente Jones. «Quelli che sono rimasti in attività sono degli ottimi record shop: fanno parte della comunità, supportano la musica del posto e le nuove band. Hanno capito che se vogliono avere un futuro devono sapere attrarre i giovani. Per questo organizzano spesso dei live al loro interno, vendono i biglietti dei concerti, coinvolgono i ragazzi. In un certo senso stanno tornando ad essere i negozi di dischi delle origini: un luogo di incontro per la gente».