Immaginate la nuvola di Fantozzi. Ma vista dall’alto. La Sava e il Danubio scintillano sotto il sole, che illumina tutta Belgrado. Poi l’aereo, un Airbus 320 dell’AirOne, si abbassa e si avvicina all’aeroporto Nikola Tesla, e subito appare ai finestrini una grossa compattissima macchia bianca.
Primo tentativo di atterrare: niente da fare. Ancora un po’ di giri sulla capitale serba e secondo tentativo, più deciso: l’apparecchio è ormai vicino a terra quando si rialza di scatto, dando ai passeggeri la vecchia emozione di un’impennata in motorino. «È il capitano che vi parla: a causa della nebbia fitta, aspetteremo ancora un po’ e poi vi comunicheremo se è possibile atterrare a Belgrado o se dovremo puntare su un aeroporto alternativo».
Dopo qualche minuto – è la mattina di sabato scorso, 10 novembre – l’annuncio: «L’aeroporto non era pronto ad accoglierci in simili condizioni meteo. Ci dirottano a Podgorica, in Montenegro». Il volo AP540 della smart carrier di Alitalia (in code sharing con la casa madre: AZ7472), partito da Milano Malpensa alle 7.00 (arrivo previsto: 8.50) prosegue dunque per la capitale montegrina, dove arriva dopo circa mezz’ora.
A quel punto i passeggeri vengono sbarcati nel piccolo scalo della ex Titograd, in attesa che il tempo migliori. Passa un’ora, ne passano due. Quando ne sono passate quasi tre, i meno pazienti ormai stanno telefonando a ripetizione ai call center e interrogano chiunque passi con indosso una casacca dello scalo (molti passeggeri, ovviamente, parlano il serbo).
Quando le ore sono tre e mezzo, gli aspiranti Masaniello e Miloš Obrenović iniziano a chiamare il popolo alla rivolta, per le scarse o nulle informazioni sui destini e per la sosta indesiderata sempre più lunga.
Ormai la notizia passa di bocca in bocca: non è più questione di nebbia e previsioni meteo (i parenti all’aeroporto di Belgrado ripetono da un paio d’ore che, su in Serbia, c’è un sole che spacca le pietre), ma di carburante.
Proprio così: dall’Italia non stanno mandando i soldi per fare il pieno all’aeroplano. Si diffonde incontrollata la notizia che ci sia un rimpallo di responsabilità tra Alitalia e AirOne su chi debba scucire il contante. «In realtà non è stato un problema tra le compagnie (quella di bandiera è azionista unico di AirOne dalla fine del 2008, ndr)», spiegano da Alitalia. «Il problema è stato che a Podgorica non si era mai atterrati prima, e quindi non c’era nessun tipo di rapporto o contratto in essere con i gestori di quell’aeroporto. E gli uffici di Roma non sapevano come pagare, come fare il bonifico, alla compagnia petrolifera locale».
Un problema burocratico che non sono riusciti a risolvere neanche in seguito. Per fortuna che, a togliere dai guai viaggiatori e membri dell’equipaggio, e a far arrivare l’autocisterna gialla della Jugopetrol Kotor, ci ha pensato, col fai da te, il capitano, mettendo mano al portafoglio.
Come ha annunciato, in italiano e in inglese, quando il volo è finalmente riuscito a ripartire (e ad arrivare a Belgrado attorno alle 14, con 5 ore e dieci minuti di ritardo): «Ci scusiamo per la lunga attesa, ma abbiamo avuto grossi problemi burocratici. Alla fine ho pagato io il carburante con la mia carta di credito personale». Lungo applauso dei passeggeri, fortunati ad aver trovato un pilota con una carta senza limiti. Non sappiamo quanto carburante abbia imbarcato, ma l’ordine di grandezza è di migliaia di litri e di migliaia di euro. «Gli sono già stati rimborsati», assicurano da Alitalia e AirOne.