«La democrazia funziona quando a decidere siamo in due, e l’altro è malato», diceva Winston Churchill che, non a caso, è stato uno dei politici più abili del novecento. Mark Zuckerberg, nato un secolo e dieci anni dopo lo statista britannico, deve aver imparato la lezione a memoria. Fosse in politica, il numero uno di Facebook sarebbe un despota illuminato. In nessun altro modo si spiegherebbe altrimenti la scaltrezza con cui il multimiliardario imprenditore ventottenne ce l’ha fatta sotto il naso.
Nei giorni scorsi il social network ha chiesto ai propri utenti, tramite il suo blog ufficiale, di esprimere una preferenza sulla normativa sulla privacy in procinto di implementazione. Tra le novità principali, la possibilità per la piattaforma di Menlo Park di cedere a entità terze (Instagram, ma non solo) le informazioni sui propri utenti, senza chiedere il previo consenso agli stessi. Sette giorni il tempo a disposizione dei naviganti, il 30 per cento – circa 350 milioni di iscritti – il quorum necessario perché la votazione divenisse vincolante.
Una quota irraggiungibile, come già ampiamente dimostrato dai ricorsi storici: ogni volta che Facebook ha avviato un’iniziativa di questo tipo, la soglia minima non è stata mai nemmeno sfiorata. Nell’ultima votazione, in estate, i partecipanti furono lo 0,03 per cento. Un po’ come se alle politiche, in Italia, compilassero la scheda elettorale solo gli abitanti di Pieve Emanuele. Del resto, oggi ed in passato, Facebook non ha fatto il minimo sforzo affinché gli utenti fossero avvertiti della possibilità di votare: non ha emesso un avviso sui profili degli iscritti, né ha avviato una campagna mediatica esterna per spargere la voce.
Perché mai? A Zuckerberg e soci non conveniva. Negli ultimi giorni, alcune associazioni per la tutela della privacy avevano protestato, in America e altrove, contro una “riforma” considerata pericolosa per la sicurezza dei nostri dati personali. Ma l’allarme è rimasto ampiamente inascoltato, al punto che ieri notte, alla chiusura delle votazioni, dei 300 milioni di voti richiesti, ne era stato raccolto soltanto uno. L’88 per cento degli utenti che hanno partecipato al sondaggio ha chiesto il mantenimento della normativa attuale. Facebook ha detto che terrà in considerazione l’indicazione ottenuta: ma questo, in ogni caso, non influirà sulla decisione finale.
La votazione, tra l’altro, potrebbe essere l’ultima della brevissima storia democratica di Facebook. Ci avevano avvertiti e bisogna rendergliene atto: “Se nemmeno stavolta si raggiungerà il quorum, significa che lo strumento è inutile. E allora faremo di testa nostra”. Da domani, dunque, il social network non si prenderà nemmeno più la briga di organizzare sondaggi di facciata. Ogni scelta, per quanto impopolare sia, sarà presa unilateralmente. Alla faccia di chi diceva che internet avrebbe portato una nuova ventata democratica. I media non cambiano gli uomini, soprattutto quando ci sono di mezzo i soldi: Churchill e Zuckerberg insegnano.