L’eurozona approva la sorveglianza bancaria. E in questo caso le notizie sono tre. Da un lato il mantenimento di una promessa fatta durante il Consiglio europeo di ottobre, in cui si era previsto un accordo entro la fine dell’anno. Dall’altro c’è il rischio di un ulteriore ritardo nell’entrata effettiva in vigore del nuovo Single supervisory mechanism (Ssm), ennesimo acronimo che rappresenta proprio la nuova vigilanza bancaria centralizzata, che sarà data in seno alla Banca centrale europea (Bce). Infine, la terza notizia, forse quella più importante: sotto il cappello della Bce finiranno solo le banche con asset complessivi superiori a 30 miliardi di euro. Escluse quindi le Landesbank tedesche, ma anche le casse di risparmio francesi.
Una vittoria a metà per l’Europa, una vittoria totale per Francia e Germania. Doveva arrivare un accordo entro la fine dell’anno. E così è stato. Dopo un Ecofin durato fino a tarda mattina, è stato dato il via libera al Ssm, che darà pieni poteri di vigilanza alla Banca centrale europea su tutti gli istituti bancari della zona euro (con possibile estensione su base Ue, ndr) con un attivo superiore a 30 miliardi di euro. Una soluzione che va bene a Berlino, che non voleva la creazione di distorsioni di potere in seno alla Bce, ma che va bene anche a Parigi, che voleva che la Bce fosse autonoma nella scelta delle banche da seguire. «Controllare 6.000 banche non è possibile», dicevano i tedeschi, desiderosi di mantenere l’indipendenza sulla sorveglianza delle Landesbank.
La soluzione che si è trovata è quindi a metà perché, in ogni caso, l’ultima parola sulla vigilanza di uno o di un altro istituto bancario spetta alla Bce. Nel caso una banca sotto i 30 miliardi di euro di asset, ovvero controllata dall’organo di sorveglianza nazionale, metta a rischio la stabilità dell’eurozona, la Bce avrà i titoli per chiedere, con esecuzione immediata, di poter visionare i documenti sulla banca in questione. Nonostante gli elogi, ci sono alcuni punti oscuri. Nel documento finale, si parla di introduzione del Ssm a partire dal 1 marzo 2014, ma si lasciano aperte le porte per un eventuale ritardo. Un ritardo che però potrebbe essere molto costoso dal punto di vista della reputazione dell’eurozona. La sorveglianza bancaria è il primo passo verso la piena unione bancaria, che allo stesso tempo è il primo passo per una maggiore integrazione europea. Un eventuale procrastinazione farebbe perdere la pazienza a troppi investitori.
Il secondo punto opaco riguarda la ricapitalizzazione diretta degli istituti di credito tramite il fondo European stability mechanism (Esm). Se è vero che si danno pieni poteri allo Esm (previa autorizzazione della Bce fino a quando il Ssm non sarà attivo, ndr), è altrettanto vero che le risorse del fondo stesso sono limitate: 500 miliardi di euro di potenza di fuoco operativa, 700 di dotazione complessiva. Le banche dell’eurozona nei prossimi mesi dovranno affrontare diverse sfide. La più onerosa è forse l’introduzione degli standard contabili di Basilea III, volti a ridurre il rischio sistemico delle banche e garantire un maggiore assorbimento degli shock derivanti dalle turbolenze sui mercati. Basilea III doveva essere introdotta nel 2013, probabilmente ci sarà un ritardo fino al 2014. E poi ci sono le sofferenze bancarie. Sono in aumento in tutta la zona euro, con la Germania che sta approcciando i 200 miliardi di euro e l’Italia è a ridosso dei 120 miliardi. Tanti, troppi.
Inoltre, c’è il contesto in cui si stanno muovendo gli istituti bancari: il deleveraging, ovvero la riduzione degli attivi e dell’indebitamento. Una contrazione che, come spiegava ancora la scorsa settimana Morgan Stanley, può costare alle banche europee fra i 1.500 e i 2.500 miliardi di euro. Il terzo punto da chiarire al meglio è invece in merito alle competenze. L’attuale organo di vigilanza è la European banking authority (Eba), che lavorerà insieme alla Bce su base sovranazionale. Ma sarà compito degli organismi nazionali supervisionare tutti gli istituti di credito potenzialmente più deboli. E questi ultimi, molto spesso, hanno precisi vincoli con gli Stati in cui si trovano. Se l’obiettivo dell’Ue era quello di rompere il circolo vizioso fra banche e nazioni, la strada è ancora lunga. Infine, c’è un’incognita.
Cosa succederà quando finiranno le due operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Long-term refinancing operation, o Ltro) introdotte dalla Bce fra il dicembre 2011 e il febbraio di quest’anno? Sarà il 2014, le banche non avranno più le finestre di liquidità dell’Eurotower, circa 1.030 miliardi di euro in totale, e dovranno comunque supportare gli Stati durante le aste primarie di emissione di debito pubblico. Delle due l’una: o la Bce continua il supporto tramite nuove Ltro, o diverse banche potrebbero avere nuove esigenze di liquidità che lo Esm non sarà in grado di soddisfare. Potenzialmente una spirale mortale.