«Da lei ho assaggiato il miglior soufflé al formaggio della mia vita!» La sua più cara amica, Doris Brynner, ex moglie di Yul Brynner, è categorica: «Audrey era una cuoca senza pari». E, contrariamente a ciò che si racconta, lei adorava mangiare.» Una cosa impensabile visto la sua silhouette filiforme! All’epoca, negli anni 50, Twiggy non aveva ancora reso di moda l’androginia. C’erano le prosperose, Marilyn o Sophia Loren, che alimentavano le voglie e accendevano il fuoco. Quando, nel 1953, Audrey Hepburn esplode in «Vacanze Romane» e vince un Oscar, si propone come un altro modello di donna.
Un metro e settanta appena, una cinquantina di chili, sembra un manichino di plastica con un portamento da ballerina. «Del tutto diversa dallo stile di donna un po’ rotonda che era preferito tra i miei clienti», osserva Hubert de Givenchy. Quando, nel 1953, con la sua costumista Gladys, Audrey suona alla porta del suo studio di giovane stilista, lui si aspetta di incontrare Katherine Hepburn! «Non la conoscevo. Ho scoperto una giovane ragazza in pantaloni Marilyn, ballerine e cappello da gondoliere griffato “Venezia”!»
Una vivace turista americana per niente cosciente della sua….rusticità! Il giovane aristocratico, superato lo shock stilistico, le mostra i suoi modelli spiegandole: «Mi spiace ma non possiamo lavorare per voi! La mia casa è troppo modesta per confezionare quindici abiti per “Sabrina”. Ho soltanto pochi operai». Furba, l’attrice insiste: impazzisce per i modelli, si infila negli abiti che le cadono alla perfezione. Lui finisce per accettare: «Bene, vi voglio prestare degli abiti della collezione e mi impegnerò per realizzare gli altri, con degli extra…»
Così è nata una amicizia; anzi, un amore di quarant’anni. «Una storia d’amore platonico», riassume Hubert de Givenchy che ha due anni più di lei. Il tappeto rosso e le serate di gala hanno visto spesso sfilare questa coppia così chic. Un grande amante che sceglieva meglio i vestiti degli uomini della sua vita. Audrey è stata sposata due volte: con l’attore produttore americano Mel Ferrer, per quattordici anni, e con lo psicologo italiano Andrea Dotti. Superati i primi entusiasmi, non si può dire che questi uomini le abbiano dato la serenità. Dorys Brinner non esita a dire: «Mel era sinistro e Dotti un donnaiolo.» Luca Dotti, suo figlio più piccolo, nato nel 1970, dichiara: «Bisognava convincersi, in quegli anni, di essere “il marito di”». Perché la stella era lei. Bisogna ammetterlo.
Ma in quel periodo l’ego maschile frustrato non aveva alcun limite. «Mel la criticava violentemente per la sua “bruttezza”. Lei che già non si sentiva particolarmente bella… È stato malvagio». È Gregory Peck che li aveva fatti conoscere durante le riprese di “Vacanze Romane”. Mel, divorziato due volte, ha già quattro figli e dodici anni più di lei. La bellezza, il sorriso, lo stile inedito di Audrey riescono, a 25 anni, a conquistare tutte le redazioni. In quella grande serata londinese fu “amore a prima vista”, un colpo di fulmine! Proprio dopo le riprese di “Sabrina”, Mel le propone di girare con lui “Ondine” a Broadway. Audrey vince il Tony Award. Mel mette da parte il suo orgoglio. Si amano e vogliono sposarsi in Svizzera. Qualche mese più tardi, però, ha un aborto spontaneo e cade in preda alla disperazione. «Da quando sono piccola, ho sempre desiderato di avere dei bambini», confidava spesso. Si diceva anche che durante le riprese di “Sabrina”, prima di Mel, non aveva ceduto alle avances di William Holden, perché lui -già sposato sposato con due figli- aveva subìto un intervento di vasectomia.
Lei prosegue con le riprese dei film, recita con Peter Finch e Burt Lancaster, ha un incidente cadendo da cavallo e un nuovo aborto spontaneo. Nel 1960 dà alla luce Sean Ferrer. Si trova così a combattere tra il suo istinto materno, le invitanti proposte holliwoodiane e le esigenze di Mel che la spinge a lavorare su proprie produzioni. Si rivela una eccellente attrice capace di impersonare chiunque, non affatto limitata a personaggi ingenui. In “La rumeur”, di William Wyler, si rivolge alla questione del lesbismo con notevole delicatezza. Ma è una commedia romantica, “Diamants sur canapé”, di Blake Edwards, nel 1961, che le vale un nuovo trionfo e ripetute sofferenze con Mel, man mano sempre più insopportabili. Sempre Hubert Givenchy dice: «Lei ha sempre fatto di tutto per coinvolgerlo nei suoi casting, ha sempre cercato di valorizzarlo. Ma io l’ho vista sul set delle riprese, i suoi occhi da cerbiatta hanno visto suo marito flirtare con le comparse. Era molto difficile per lei, in quel contesto, garantire le sue scene. Eppure non si lamentava mai».
Dato che non era masochista, finì per arrendersi all’evidenza, nel 1966.«Un giorno mi invitò nella sua casa di Tolochenaz, in Svizzera» racconta Givenchy. «sembrava distrutta» Quando lui la raggiunge, le dice semplicemente «Con Mel è finita» . L’amico cerca di farla ragionare: «hai un figlio»…´Peccato. Non posso continuare a soffrire , sono troppo infelice` Lo stilista ha notato spesso questo contrasto tra fragilità e spirito combattivo: “quando prendeva una decisione, era irrevocabile”.
Fortunatamente, ci sono state altre occasioni. Nel 1967 in “voyage a deux”di Stanley Donen, la storia del crollo di un matrimonio di dodici anni, recita con Albert Finney. Senza ricadere in una storia seria ha assaggiato il fascino dell’attrazione reciproca. Di una decina d’anni più giovane, questo brillante attore inglese finirà per diventare il marito di un’altra magnetica bruna, Anouk Aimèe, dal 1970 al 1978.Audrey si trova così a condividere le sue sventure con Doris Brynner, che subisce lo stesso tormentato destino. “ci si confortava a vicenda. Io abitavo a Lully, non lontano da Tolochenaz. Una sera andavo a dormire da lei, un’altra veniva lei da me”.
Arriva l’estate 1967: fatte da parte le abilità di suo figlio a scuola e le rose bianche che lei coltiva con talento, Audrey non si appassiona più a niente. E’ controvoglia che accetta una crociera sul mare Egeo sullo yatch di un amico, a giugno. A bordo, un bell’italiano viene soggiogato dalla deliziosa attrice. Huberte de Givenchy intuisce molto rapidamente cosa sta succedendo : “lui era talmente affascinate…lei ha ceduto”.
Si chiama Andrea Dotti, è psicologo e adora le donne. La loro storia resta più o meno segreta fino al divorzio di Audrey, a Dicembre. Si sposano il 18 gennaio 1969 e la signora si trasferisce a Roma decretando la fine della sua carriera.Malgrado le sollecitazioni dei più grandi produttori, il cinema non rappresenta più la sua priorità. Givenchy la raggiunge spesso per una dolce vita nella capitale: «lei abitava nell’appartamento della contessa Volpi. Si cenava all’Osteria dell’Orso, si danzava sulle note di “Volare”…..E’ stato molto divertente»
La coppia acquista subito una casa nel quartiere parioli. Un anno dopo dà alla luce Luca. Questa diventa la sua priorità. Lo stesso Luca racconta: «lei non si vedeva più come un’attrice. Ciò che le importava di più, dato che aveva dovuto interrompere gli studi a causa della guerra, era che noi fossimo bravi a scuola. Io andavo al liceo francese. E quando ho voluto, come tutti, trovare un piccolo lavoro per avere qualche soldo in tasca, lei ha messo il veto»: ´Nessuna domanda! Tu dimentichi! Il tuo lavoro sono i tuoi studi. Io non ho avuto questa opportunità. Ma ho lavorato affinché voi la possiate avere. Se hai del tempo, ripassa o riposati`. «Obedii»Ai suoi figli, Audrey spesso racconta il terrore e le privazioni durante la guerra, ma senza essere noiosa. Una parte della sua famiglia olandese era stata deportata, suo zio e suo cugino fucilati come “nemici del Reich”. Audrey è nata in belgio, in una famiglia benestante; sua madre, olandese, era la baronessa Ella Van Heemstra. Ma perderà tutto sotto l’occupazione tedesca. Suo padre, Anthony Ruston, un irlandese capriccioso, va via di casa quando la piccola Audrey ha sei anni, traumatizzandola per tutta la vita. Lei stessa ha ammesso di non aver mai superato il trauma dell’abbandono. ´avevo disperatamente bisogno di mio padre`. Egli, contrariamente a lei che, a undici anni, lavora per la resistenza nell’Olanda occupata, non si distingue per il suo eroismo: si arruola, infatti, in un partito di estrema destra, avvicinandosi chiaramente all’hitlerismo…Molto tempo dopo, nel 1964, Audrey ritroverà suo padre a Edimburgo.
Da quel momento in poi, fino alla sua morte, venti anni più tardi, senza mai rivederlo, lei gli invierà un assegno ogni mese. Era così, Audrey Hepburn: una generosità discreta, un dolore silenzioso e un’attenzione costante per gli altri. Nella sua casa di Tolochenaz, dove è deceduta, riceveva gli ospiti divinamente. Doris ricorda: «Aveva un senso rigoroso della tradizione, un argenteria superba e, credetemi, c’era ciò di cui si aveva bisogno nel piatto! Ricordo di cene pasquali con deliziosi cesti pieni di uova colorate, di fiori e di dolciumi». Luca ricorda volentieri sua madre che preparava una «meravigliosa torta al cioccolato molle, delle madelaine o anche una salsa al caramello con cui ungeva le palline di glassa. Lei adorava la glassa. La ricordo sul divano, con le sue compagne, Doris e Capucine, mentre si confidavano i successi delle loro ultime scoperte culinarie , o sorseggiando due dita di whisky con la sua tavoletta di cioccolato! » Per non parlare dei piatti all’italiana, che padroneggiava alla perfezione.
Fu a causa di minacce di rapimento in Italia, ma anche perché delle foto di suo marito in dolce compagnia comparirono sulla stampa, che ritornò a Tolochenaz, nel 1986. Finalmente, è con Robert Wolders, un attore olandese che l’ha accompagnata fino alla fine della sua vita, che ha vissuto un vero successo coniugale. Quando si è dedicata a l’Unicef, dal 1987, percorrendo le zone più povere d’Africa, nei pericolosi piccoli luoghi caratteristici, Roberto era sempre al suo fianco. Benevolo, attento, preoccupato di vederla spendersi tanto. Instancabile, faceva delle conferenze e si rivolgeva ai capi si stato. Ancora Luca dice: «La vedevamo molto stanca, le chiedevamo di riposarsi» Ma lei rispondeva: ´No, questo non è un hobby. Io vi ho cresciuti e non è stato facile. Ma adesso altri bambini hanno bisogno di me`. «Lei ha cominciato quando avevo 17 anni. Quando è morta ne avevo 23» .
Di ritorno da uno dei suoi ultimi viaggi in Somalia, nell’agosto 1992, dimagrita, si lamentava di dolori all’addome. A Los Angels, i medici le scoprirono un cancro al colon che progrediva velocemente.
Dopo l’operazione, i chirurghi hanno riunito i bambini attorno a lei per annunciargli che le restavano tre mesi di vita
Sean Ferrer racconta: «noi eravamo sconvolti. Lei ci ha guardando sorridendo: ´Va bene, voglio ancora occuparmi dei miei bambini` Era tutto così ingiusto. Ma ci diceva: ´No, è la natura.` Siamo tornati a casa e le abbiamo organizzato un Natale meraviglioso, che non dimenticheremo mai. Ci siamo detti tante cose, talmente importanti…»
Chiamò anche Hubert de Chivenchy al suo capezzale: «Era esangue, si nutriva pochissimo». Mi ha fatto scegliere una dei suoi tre piumini. Io ho preso quello color a acqua marina. Lei l’ha stretto forte al suo cuore, poi lo ha teso verso di me: ´Ecco, adesso tu sarai protetto`».
20 Gennaio 2013