Cari soci, Tondelli e Gallo pagano per le Cayman?

Cari soci, Tondelli e Gallo pagano per le Cayman?

Lettera aperta ai soci de Linkiesta

Gentili Soci,
nel giorno in cui quel presidio liberale che è il Financial Times si occupa di LK e del suo valore giornalistico – chi l’avrebbe mai detto due anni fa quando spuntammo timidi, timidi, in questo mare largo dell’informazione? – l’Editore Linkiesta si occupa invece del suo condirettore, licenziandolo (senza una parola, senza un confronto). Seguono dimissioni, non meno fragorose, del fondatore-direttore, il quale prende dolorosamente atto che il rapporto di fiducia è stato calpestato ben oltre la soglia minima di dignità.

Mi chiedo: ma cosa è potuto accadere di così sconvolgente per immaginare un filotto di queste proporzioni, da quale ispirazione liberale siete stati assistiti in quest’ultimo scorcio di tempo per produrre un terremoto di tali dimensioni? Certo, non vi è mancata la contemporaneità tra crudezza del gesto burocrate e illiberale e ipocrisia affettiva, congratulandovi addirittura in questi ultimi giorni per il nuovo arrivato in casa Gallo – per chi non lo sapesse ancora Adriano Gallo all’anagrafe.

Nella lettera con cui si chiude non soltanto un rapporto di lavoro fondamentale come quello del condirettore ma un’intera epoca di LK, sono addotti motivi economici sui quali non mi soffermerò, giacchè sull’argomento si è espresso in maniera più che sufficientemente esaustiva il direttore Tondelli.

Voglio solo dirvi qui e ora, con tutta la forza intellettuale di cui dispongo, che non è la crisi economica del nostro giornale il vero motivo per cui avete deciso di licenziare in tronco un professionista come Massimiliano Gallo. No. La verità, che probabilmente vi fa male ma che va detta senza infingimenti, è che in un’unica soluzione vi siete privati dei non allineati (Gallo, ma poi tutti gli altri a cascata volontaria, sottoscritto compreso) attraverso l’ombrello protettivo di una crisi aziendale che in realtà, nella recente assunzione di altre professionalità, giornalistiche e non, non doveva apparirvi poi così stringente.

Ma perché ripararsi dietro questa finzione, perché non dirsi in faccia – da professionisti quali ci siamo sempre considerati – i motivi per cui non vi siamo andati a genio, la ragione vera della vostra collera, perché non avere il coraggio delle proprie opinioni, perché non urlare l’autentico disappunto di cui eravate permeati ogniqualvolta le questioni politiche assumevano su LK una risoluzione giornalistica a voi non gradita?

Forza dottor Vitale, coraggio Marco Pescarmona, avanti Andrea Tavecchio, e con voi tutti quelli che in questi mesi hanno evidentemente sofferto in silenzio, perché non dite una volta e per tutte che ci spingete fuori per quella storia delle Cayman, perché – secondo voi – non siamo stati all’altezza della «battaglia culturale» che andava fatta in quel momento, perché non ci siamo scagliati con la durezza necessaria contro la corazzata Corriere quando si è permessa di muovere qualche modesto sarcasmo sulla figura professionale di Davide Serra?

La credevate una battaglia giusta e democratica, peccato che intorno a questa se ne innestasse un’altra, magari per voi piccola, modesta e insignificante ma per noi di valore primario: era una vicenda che girava intorno alla «sinistra», all’essere di sinistra oggi, ed essendo la sinistra ancora una forza che fa delle pari opportunità sociali il suo punto distintivo, l’accesso più facile e più semplice (ancorchè molto più elitario) a una fiscalità di vantaggio doveva essere trattato giornalisticamente con tutte le attenzioni e le sfumature del caso.

Noi abbiamo avuto questa sensibilità. Crediamo sinceramente di averla avuta. L’abbiamo considerata prioritaria rispetto a tutto il resto, abbiamo cercato di far digerire ai nostri lettori più sensibili l’espressione «paradiso fiscale» proprio nel segno di una modernità politica, che contemplasse il rigore delle leggi e l’evidenza di sistemi sofisticati e totalmente elitari. Siamo orgogliosi di avere interpretato le Cayman in quel modo, il direttore Tondelli, il condirettore Gallo e tutti noi che ci siamo applicati alla bisogna.

Pagare per quello, oggi ci inorgoglisce.

Michele Fusco

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