Portineria MilanoAddio Formigoni, la sanità lombarda si decide ad Arcore

La direzione generale alla Cantù (Lega), sull'assessorato lite tra laici e ciellini Pdl

Una sanità in Lombardia da ricostruire, rivedendo i criteri di accreditamento per le strutture private e premiando il territorio, confrontandosi con Piemonte e Veneto, nella realizzazione della Macroregione del Nord.  È ambizioso il progetto di Roberto Maroni, il nuovo governatore lombardo, che tra un paio di settimane prenderà in mano la macchina sanitaria lombarda, una delle migliori in Italia con un giro d’affari di circa 17 miliardi euro.

«Un’eccellenza» secondo l’ex presidente Roberto Formigoni, ma con problemi di corruzione e infiltrazioni della criminalità organizzata che l’hanno messa in ombra. Proprio Formigoni è stato travolto negli ultimi mesi dalle indagini sulla Fondazione Maugeri e sull’Ospedale San Raffaele che rischiano di creare nuovi grattacapi giudiziari in futuro. Maroni e i barbari sognanti vogliono sbarazzarsi di gran parte di quel sistema. O meglio vogliono far dimenticare ai lombardi episodi come quello del «Caffè sanità» – appuntamento dove il Celeste discuteva con il fidato ex direttore generale Carlo Lucchina -, cercando di premiare il merito e razionalizzando le risorse, senza che a essere premiato sia il solito “amico degli amici”.

Molto dipenderà da come sarà formata la squadra a livello amministrativo, tra assessorato e direzione generale. E in queste ore Bobo sta affrontando insieme alla sua squadra di tecnici il modo in cui la Lega potrà davvero imporre le sue politiche. Nel team ci sono Giovanni Daverio della Asl di Varese, il senatore Fabio Rizzi, medico varesino, Walter Locatelli, numero della Asl Milano 1, Maria Cristina Cantù della Asl di Monza e Gege Rossi, direttore dell’azienda ospedaliera di Lodi. Sono tutti fedelissimi di Maroni: Daverio è con lui nella band distretto 51.

Le nomine non sono ancora state completate. Ci vuole del tempo, anche perché vanno a incastrarsi con la spartizione dei posti nell’intera giunta Maroni. Mercoledì 6 marzo, però, si potrebbe sapere qualcosa di più, dopo il pranzo di Arcore tra Maroni e Silvio Berlusconi. E qui potrebbe esserci la prima grande differenza con il passato a trazione Formigoni, perché il Cavaliere vuole pesare con Bobo nella partita. La questione è delicata. Non riguarda solo gli incarichi e il peso dei partiti, ma «l’impianto» stesso della sanità lombarda, contrassegnata da 17 anni di Comunione e Liberazione.

L’impasse di queste ore, infatti, non sta solo nel confronto tra Lega e Pdl, ma tra gli stessi pidiellini, con i laici da una parte e i ciellini dall’altra. Per questo motivo sull’assessorato più pesante della Lombardia circolano due nomi, quello di Ferruccio Fazio, ex ministro della Sanità, sponsorizzato da Berlusconi e quello di Mario Melazzini, ultimo assessore. Entrambi sono però in gran parte legati al precedente tessuto economico politico lombardo. Fazio era uno sponsor di Don Verzè, fondatore del San Raffaele, mentre Melazzini è molto vicino agli ambienti di Cl. 

Si capirà anche da questo, da chi saranno i nomi, se davvero la sanità lombarda prenderà una strada diversa da quelle degli ultimi anni. E soprattutto se a pesare sulle nomine negli ospedali, nelle Asl e nell’amministrazione pubblica, ci sarà al solito un Formigoni ormai di stanza a Roma come senatore oppure l’ala più laica dei berlusconiani, tra cui in particolare quella del presidente della provincia Guido Podestà. 

Se l’assessorato sarà in mano al Pdl, di sicuro la direzione generale spetterà invece a un leghista. Qui in pole position c’è la Cantù, fidata di Maroni, non vista di buon occhio in questi anni dalla precedente giunta lombarda. La partita è molto delicata. E non è detto che all’ultimo non si invertano i ruoli, con un leghista come assessore – in questo caso il nome più gettonato è quello di Rizzi – e un pidiellino per la parte amministrativa.

Il modello è quello di Varese, da dove arriva la maggior parte del gruppo di esperti leghisti. Sono loro ad aver tracciato il programma di Lombardia in testa. La rivoluzione, se così si può chiamare, passa appunto dall’abolizione dei ticket fino alla razionalizzazione di aziende e ospedali, «ridisegnando l’assetto territoriale a partire dall’epidemiologia». Dalla revisione degli accreditamenti, strutture a bassa intensità di cura sul territorio per scaricare ingolfamento e liste d’attesa negli ospedali. Insomma il modello formigoniano subirà dei forti contraccolpi.

«Va fatta un’attenta manutenzione – spiega Rizzi – il sistema è valido ma è vecchio di 15 anni e troppo ospedalocentrico, va riequilibrato sul territorio basandosi su parametri oggettivi e non soggettivi». Insomma, dimenticare il San Raffaele e la Maugeri è l’obiettivo, ma Maroni è convinto di farcela e migliorare la sanità in tutta la Macroregione del Nord. 

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