Roma. Due sedi vacanti nel raggio di un chilometro. Che felliniano venerdì di passione, che meraviglia inattesa per i turisti qui lungo il Corso questo sciamare di sirene, di cardinali e ministri, di suore oblate e sottosegretari, pretini, portaborse, “baciatrici” della tv in microgonna e pellegrini polacchi col cappotto sotto il sole. Un set cinematografico, uno spettacolo come solo Roma può offrire. Roma senza Papa e senza imperatore: l’Italia tutta (il mondo, nel primo caso almeno) in attesa d’una fumata dal camino, anzi di due.
E però c’è il sole, appunto, ci sono – nel giorno di questa crisi di governo alla vigilia del conclave – anche un funerale (di Ranieri, è per questo che Casini manca) e un compleanno (di Letta, è per questo che Berlusconi brinda). Ci sono una scolaresca in gita nella Camera deserta, il ministro Baccini triste che fa gli scatoloni nel suo ufficio, il siciliano Cuffaro che insegue le ragazze della tv e chiede «baciatemi ancora». C’è la consueta folla davanti al portone di palazzo Chigi, folla oggi più compressa del solito, la vigilanza più nervosa. «Largo largo fate largo», deve rientrare il corteo di macchine. Sta tornando in sede Berlusconi. Una voce, in romanesco, dal fondo: «E che, rientra col carrarmato?».
Ecco. C’è sempre una nota grottesca nell’affannarsi dei palazzi romani. Affannarsi di porte girevoli, basta aspettare un giro o due e tutto torna dov’era. Nel giorno in cui il suo ex numero due Follini fa saltare Berlusconi e le sue smanie di primati (anche al Cavaliere l’onta di un bis, anzi di un ter) Pierferdinando Casini non c’è. Il presidente della Camera non poteva mancare, per indole e protocollo, ai funerali di Ranieri di Monaco nella cattedrale del Principato. Difatti è partito per tempo, la sera prima, e adesso è lì che sfoggia il suo tight al fianco di quello di Juan Carlos.
Nello stesso momento in consiglio dei ministri, a crisi aperta, si brinda al compleanno di Gianni Letta: 70 anni. Il Tempo, il suo giornale che poi è proprio nel palazzo qui di fronte, le finestre si guardano, gli ha dedicato una pagina (titolo: «Buon compleanno») come quelle sui cardinali papabili. Al brindisi mancano Follini e i ministri Udc, però: sono alla direzione nazionale che decide il destino del governo. Pausa pranzo.
Mentre Follini dà incarico ai suoi tre ministri di firmare le lettere di dimissioni nella geografia del centro avvengono i seguenti mutamenti: Berlusconi si porta nella sua residenza privata a prendere il quadro che regalerà all’amico Gianni, si affaccia alle finestre di casa per vedere l’opera alla luce del sole e per mostrarla di lontano ai cronisti assiepati lì sotto. Le baciatrici di Striscia la notizia – due bionde e una bruna, vere star del giorno – lasciano l’albergo dove si è riunita la direzione Udc e dove hanno fatto felice Cuffaro per portarsi di fronte a palazzo Chigi. Desiderano baciare Follini, che tuttavia per tutto il pomeriggio percorrerà i cinquanta metri che separano Montecitorio dalla sede del governo in auto: niente bacio, dunque.
Follini entra ed esce dai palazzi e dalle stanze. In quelle di palazzo Chigi poiché egli non vuole per il momento incontrare Berlusconi si svolgono scene alla Feydeau con porte che si aprono e si chiudono, Fini che entra, Giovanardi che esce, Letta che riceve le delegazioni per parti separate, De Michelis in anticamera e Maroni sempre dentro. Gli auguri di compleanno, per esempio, Follini a Letta li fa così: separatamente. La circostanza degli auguri ritarda di un’ora e quaranta la conferenza stampa prevista a Montecitorio per le tre del pomeriggio.
Alle cinque meno venti, in una ressa di telecamere e taccuini da sala stampa vaticana si materializza per ventidue secondi l’ uomo del giorno. «Non valeva la pena», sorride Follini, poi legge un comunicato scarno e se ne va. Alla Camera non c’è più nessuno, solo i cronisti stanziali che giocano al gioco del conclave parallelo: «Dunque Letta vale un Tettamanzi, no? E Hummes il brasiliano è il leader dell’opposizione… No, Prodi non va bene. Hummes è Bersani». Sono le otto, i più scafati hanno già capito che l’accordo stasera non si fa. Ci vuole tempo, Follini punta i piedi vuole una squadra nuova, una squadra di ministri “all stars” . Non si chiude, no. Difatti Letta è già partito per il Quirinale, va da Gifuni a dire che serve un po’ di pazienza. Il segretario generale capisce benissimo: riferirà senz’altro al presidente Ciampi e buon compleanno anche a suo nome, dottor Letta.
Concita De Gregorio, 16 aprile 2005, La Repubblica
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