Era una delle tante piste del pre conclave che si era poi persa nella voragine informativa. Il maggior numero di fedeli della chiesa cattolica si concentra attualmente in America Latina. Oggi, così come nel 2005, tutti i latinoamericani erano considerati papabili. «Il conclave doveva dare un vescovo a Roma, e i cardinali sono andati a prenderlo alla fine del mondo», ha detto lo stesso Francesco I, affacciandosi alla finestra di San Pietro. I giornali argentini hanno celebrato la notizia ricordando che si tratta del «primo papa argentino, il primo a chiamarsi Francesco e il primo ad essere gesuita». Gli analisti dicono che è una scelta “logica”, ma nel suo Paese la decisione desta critiche, in particolare per il ruolo della Chiesa di Bergoglio durante la dittatura militare.
L’Argentina aveva scommesso sui cardinali Jorge Mario Bergoglio e Leonardo Sandri senza troppa convinzione. Gli esperti però non avevano mai scartato definitivamente l’ipotesi. Elisabetta Piqué, corrispondente a Roma del quotidiano argentino La Nación, una vita in Vaticano, ha ricostruito nella sua vastissima copertura del conclave la vicenda di colui che era il “papabile” della scorsa edizione. “Nel conclave del 2005 fu il secondo più votato, dopo Joseph Ratzinger. Secondo ricostruzioni di questa votazione, nel terzo e penultimo voto il candidato argentino – rappresentante di un’ala più progressista opposta a quella ultraconservatrice di Ratzinger – raccolse 40 voti. Bergoglio si fece da parte preoccupato del fatto che la sua candidatura bloccasse il conclave a lungo”.
Bergoglio è un “tano”, sarebbe a dire un argentino figlio di immigrati italiani a Buenos Aires. È considerato anche nel suo paese un moderato e un buon politico, capace cioè di mediare con la curia romana. È stato due volte consecutive presidente della conferenza episcopale, e da questo ruolo è stato protagonista di duri contrasti con il governo d’ispirazione peronista di Nestor Kirchener.
«Bergoglio è un personaggio controverso in Argentina», spiega a Linkiesta Gabriel Pasquini, giornalista ed editore della rivista di inchiesta on-line elpuercoespín.com, “prima di tutto per la sua opposizione attiva contro i governi di Nestor e Cristina Kirchner. In secondo luogo per la sua opposizione alla legge del matrimonio gay che fu proposta dal Kirchnerismo e approvata nel Congresso. Dopo questa sconfitta abbandonò la presidenza della conferenza episcopale in Argentina, e proprio per questa ragione non sembrava possibile che venisse eletto Papa”. Gli scontri continui tra il Papa e il Governo sono oggetto anche dei primi commenti dei quotidiani argentini, Clarín, il maggiore, assicura che “Cristina Fernandez Kirchner twittava le sue opere pubbliche nella località di Neuquén mentre si annunciava il nome del Papa”. Più tardi la presidenta ha scritto una lettera al nuovo pontefice: «È nostro desiderio che tenga, nell’assumere la guida della Chiesa, un fruttuoso compito pastorale orientato alla giustizia, all’uguaglianza, alla fratellanza e alla pace dell’umanità».
Si aggiunge infine una critica non da poco: «La complicità con il terrorismo di Stato durante la dittatura militare in Argentina tra il 1976 e il 1983, si tratta di un’accusa che Bergoglio ha rifiutato pubblicamente», conclude Pasquini. Questa accusa si basa in particolare in un documento, il referto di una riunione che ebbe luogo nella sede della conferenza episcopale il 15 novembre 1976 nella calle Suipacha a Buenos Aires, con oggetto esplicito di “Chiarire la posizione della Chiesa” , rispetto alla dittatura militare. La conferenza episcopale scrive: “in nessun modo vogliamo presentarci in una posizione critica rispetto al governo. È un atteggiamento che non ci si addice”. Il documento si può vedere qui ed è stato condiviso migliaia di volte nelle ultime ore dagli argentini sui social network.
Le accuse contro Bergoglio sono note da tempo, ma non sono mai state considerate come un impedimento alla sua possibile elezione. Il quotidiano La Nación ricorda che la decisione marca una rottura con il pontificato di Benedetto XVI, “Bergoglio da rivale a successore di Ratzinger”. Si insiste da questa testata, sulla scelta del nome, con un chiaro messaggio di umiltà in ricordo di San Francesco d’Assisi. Il suo stile di vita spartano e l’abitudine ad usare i caotici mezzi pubblici della capitale argentina tra le altre cose, lo rendono per la maggior parte dei suoi connazionali un rappresentante ideale per una chiesa più vicina alla gente.