«Abbiamo espresso profonda gratitudine e fiducia piena al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non mancherà il nostro supporto alle decisioni che prenderà nelle prossime ore». È sintetizzata in queste parole la “nuova” linea politica del Pd. Enrico Letta, vice segretario nazionale, prende in mano il partito e lo affida all’inquilino del Quirinale.
Di Pier Luigi Bersani, (ex?) segretario del Pd e leader del centrosinistra, colui che in queste settimane ha creduto fino in fondo in un “governo del combattimento” con il M5S, non c’è più traccia. Narrano alcuni parlamentari che Pier Luigi, dopo aver sentito il Cavaliere evocare “un governissimo con tutti dentro”, abbia fatto le valigie e sia tornato nella sua Piacenza. Voleva allontanarsi dai Palazzi romani, dallo stress di queste settimane. I continui confronti, le riunioni fino a notte fonda, hanno logorato un uomo che negli ultimi sei mesi non si è fermato un attimo. Prima con le primarie, e poi con la campagna elettorale, non ha avuto una settimana di riposo. Ed ecco, poco prima di pranzo, la decisione raccolta dai fedelissimi: «Torno a casa, voglio stare un po’ con mia moglie e i miei figli».
Dicevamo di Enrico Letta. Il vice segretario, protagonista indiscusso della trattativa con il Pdl in quest’ultima settimana, resta fedele alla linea di Bersani fino all’ultimo minuto. Poi ieri, quando Napolitano toglie di mano il «pre-incarico» al segretario, Enrico comprende cosa stava succedendo. «Adesso entro in campo: è arrivato il mio momento», avrebbe avvertito i fedelissimi Francesco Boccia e Paola De Micheli.
In realtà Letta prende in mano il partito in occasione della direzione nazionale di lunedì scorso. Quando, come raccontano a Linkiesta, «ha ribadito a gran voce che non si sarebbe potuti tornare alle urne con l’attuale legge elettorale». È in quel momento che il “caminetto”, o la maggioranza di esso, inizia a ragionare, e a prendere in considerazione «l’ipotesi di affidare l’arduo compito a Napolitano». Ed è in quel momento che il baricentro del Nazareno si allontana dal segretario Pier Luigi Bersani.
«Diciamo che nel pensiero di molti di noi era già maturata da qualche giorno l’idea di affidarci al Capo dello Stato», mormora un franceschiniano della prima ora. «Noi fino all’ultimo siamo stati leali con Bersani ma dopo Bersani sapevamo che non ci sarebbero state le urne». In questo modo il fronte del “non-voto”, o se preferiamo il partito di “Napolitano” all’interno del Pd, è cresciuto in maniera esponenziale fino a sfiorare il terzo cerchio magico del segretario. Ecco perché non ci sono soltanto i veltroniani, ma anche i renziani, gli ex popolari, e i franceschiani. E a tarda sera persino un peones vicino al segretario sussurra sotto voce: «La categoria dei bersaniani è ormai un ricordo del passato». Amen.
Ma anche se adesso sono mutati gli equilibri all’interno del partito, e lo stato maggiore si è allineato al Colle, e i bersaniani sono confinati all’angolo, le polemiche non mancano. Da più parti fanno notare che le parole di Enrico Letta, «piena fiducia a Napolitano, non mancherà il nostro supporto a qualunque sua decisione», cozzerebbero con la linea politica degli otto punti programmatici sposata per ben due volte in direzione nazionale. «Questa cosa mi preoccupa – spiega un neoparlamentare – che cosa significa? Che diremo “sì” a qualunque imposizione del Colle? Anche a un governo politico con il Pdl e la Lega? Di certo prima dovrà esserci un passaggio in direzione». E sul passaggio “in direzione” ci sarebbe anche la convergenza anche alcuni parlamentari vicini a Matteo Renzi.
Ma i tempi sono strettissimi, e non è possibile convocare una direzione nel bel mezzo dell’impasse istituzionale. Così la resa dei conti all’interno del partito sarebbe posticipata alla direzione nazionale del Pd che dovrebbe essere convocata per metà aprile, nella quale si fisserà anche la data del prossimo congresso. D’altronde, ragiona con Linkiesta un dalemiano di ferro, «Enrico ha avuto delle rassicurazioni da parte di Napolitano: non si formerà alcun governo politico, ma un governo del “presidente”». Un governo che dovrebbe essere presieduto da Giuliano Amato e come vice presidente del Consiglio avrebbe proprio Enrico Letta, confermano alcuni insider del Pd.
Twitter: @GiuseppeFalci