Freddo e socialdemocrazia, la Svezia seduce Facebook

Quando tasse alte e manodopera costosa non spaventano gli investitori

Alla notizia che una grande azienda ha deciso di aprire uno stabilimento poco a sud del circolo polare artico, si potrebbe pensare a uno scherzo o che si stia parlando di Babbo Natale. Invece non c’è niente di fiabesco nella decisione di Facebook di investire più di 500 milioni di euro per aprire il primo – in Europa – data warehouse (un complesso di giganteschi capannoni contenenti i server) a Luleå, nel nord della Svezia. Qui circoleranno tutti i dati di Europa, Medio Oriente e Africa.

La società di Palo Alto ha la necessità di conservare i miliardi di foto, post, video, conversazioni etc che ogni giorno vengono scambiati tra gli utenti e questo pone dei problemi di logistica molto concreti. Al di là delle dimensioni di questi enormi impianti di stoccaggio – 30mila mq di file e colonne di server – il problema principale è evitare il surriscaldamento. Se la temperatura delle macchine supera i 25 gradi circa, si rischiano malfunzionamenti. Nel 2010 negli Stati Uniti il 2% di tutta l’energia elettrica del Paese è stato usato per i server e quasi la metà solo per il loro raffreddamento. La scelta di luoghi gelidi appare quindi scontata e al “Node Pole” possono vantare una temperatura media annua di 1,5 gradi sotto lo zero (oltre alla quasi totale assenza di terremoti ed eruzioni).

Ma un criterio strettamente climatico non giustifica di per sé la scelta. Sul pianeta non c’è carenza di luoghi freddi e spopolati. Allora perché, tra i circa cento siti visitati dagli emissari di Zuckerberg, scegliere un Paese socialdemocratico che, pur avendo di recente abbassato le tasse sulle imprese dal 26,3% al 22%, non è sicuramente il più conveniente da un punto di vista della pressione fiscale?

Sicuramente pesa il dato sul costo dell’energia, che nel Paese scandinavo è il più basso d’Europa. Ma questo non basta a farne l’opzione più economica. Una risposta più complessa passa per il concetto di “investimento a lungo termine”. La Svezia, grazie al suo modello sviluppatosi nel secolo scorso (la “terza via”, tra capitalismo e socialismo) e costantemente aggiornato in base alle evoluzioni dell’economia, può presentare delle credenziali non condivise da tante altre possibili mete di investimento: elevata qualità della vita della popolazione, tutela dei lavoratori all’avanguardia, è il primo Paese per capacità tecnologica, ha un tessuto produttivo in costante evoluzione e il suo pil, nonostante il periodo di crisi dell’Europa, continua a crescere (0,8% secondo le stime del Fmi, più dello 0,6 della Germania). A questo si aggiungano due secoli di pace e stabilità politica e un livello di corruzione estremamente basso.

Un like di Facebook da record a Luleå: 2.493 persone sulla neve

Un’impresa come Facebook, che lo scorso ottobre ha raggiunto il miliardo di utenti, ha il dovere di ragionare non solo sui risparmi di breve periodo ma anche sui vantaggi del lungo. Un’installazione come quella dei centri di conservazione dati richiede per sua natura innanzitutto la stabilità: una volta costruiti la massima aspirazione dei proprietari è potersene dimenticare, che tutto proceda autonomamente e senza problemi.

La “data warehouse” di Luleå sembra pensata per rispondere a questo criterio: l’energia in primo luogo, non solo ha un costo basso, ma proviene da fonti rinnovabili (la centrale idroelettrica sul fiume Luleå) che consentono incrementi del consumo senza aumento delle emissioni. Questo permette di evitare problemi con la popolazione locale, polemiche, scandali e garantisce un ritorno di immagine in positivo sul tema del risparmio energetico, che da sempre Zuckerberg e soci sbandierano. In secondo luogo le infrastrutture e i servizi, pur essendo in una regione al limite del circolo polare artico, sono all’avanguardia. Per esempio, sono 16 i voli che ogni giorno collegano la cittadina alla capitale, Stoccolma, e nell’area non si registra un’interruzione di corrente elettrica dal 1979. I lavoratori poi provengono da percorsi accademici di assoluta eccellenza, finanziati con gli investimenti tra i più alti d’Europa (la Svezia spende il 6,6% del suo pil in istruzione). L’assistenza dello Stato garantisce a tutti un livello di qualità della vita molto elevato, riducendo al minimo i rischi di conflitto sociale.

Il sindaco di Luleå , Karl Petersen e Matz Engman, Ceo della Luleå Business Agency danno il loro like

Nella concorrenza tra Stati per attrarre investimenti non vince sempre la corsa al ribasso sui costi. Molti altri fattori, come la stabilità sociale e politica o la presenza di poli universitari d’eccellenza, vengono valutati. E se un livello di tassazione tale da scoraggiare qualsiasi investimento è sicuramente controproducente, una drastica riduzione della qualità della vita delle persone di un Paese rischia di avere effetti anche peggiori. In una virtuosa via di mezzo, che rende il “Node Pole” – e non solo – una scelta un po’ più costosa di altre ma di grande qualità e affidamento, la Svezia sembra aver trovato il modo per proiettarsi oltre la crisi. E l’aver attratto Facebook più che per gli effetti immediati sull’occupazione – a regime saranno circa 50 i lavoratori impiegati – entusiasma per le possibili ricadute future, specie a livello di immagine.

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