L’economia cooperativa, il sogno greco di Tsipras

Il caso della Vio.Me di Salonicco

Fino al 2009 la Viomihaniki Metalleytiki (Vio.Me.), una fabbrica di Salonicco controllata dal colosso della ceramica Filkeram-Johnson, è un’azienda sana che dà lavoro a 70 persone. Nel 2010, l’anno del primo Memorandum Ue, la Vio.Me. viene completamente travolta dalla crisi. Makis Anagnostou, supervisore del reparto colla industriale e presidente del sindacato di base dell’impresa, lo racconta non senza patemi in un video realizzato dal sito Alterthess.gr: «Il bilancio ha registrato una perdita nominale di 300mila euro, specialmente perché alcuni prestiti (per un totale di 1 milione e 900mila €) sono stati ritirati dalla compagnia controllante».

Passa un anno e nel maggio 2011 la Filkeram-Johnson ritiene che la fabbrica non abbia alcuna possibilità di sopravvivere, abbandonandola al suo destino. I dipendenti, a fronte di ritardi sempre più consistenti nel pagamento degli stipendi, scioperano e si astengono dal lavoro. Per quasi due anni gli operai percepiscono solo il sussidio di 359 € al mese e controllano la fabbrica a turni, per evitare che i macchinari vengano portati via. «La situazione è terribile, estremamente difficile, qualche persona ha enormi problemi e sta perdendo tutto. Cerchiamo di aiutarci tra di noi» dice Dimitris Mokas, tesoriere del sindacato.
È in quel momento disperato che nasce l’idea dell’autogestione sul modello delle “fabbriche recuperate” argentine. Anche se, come spiega Makis Anagnostou al quotidiano Efimerida Ton Syntakton, in realtà non c’è stato alcun contatto con il movimento argentino: «Ci hanno inviato da un collettivo un testo pubblicato dalla fabbrica di Zanon in Argentina. Non l’ho letto per non farmi influenzare. Uno dei tanti giorni che svolgevo il turno di pattugliamento ho finalmente deciso di leggerlo. Mi è venuta la pelle d’oca per le somiglianze. Ciò che ci preoccupava nelle nostre assemblee, loro lo avevano già affrontato e risolto da tempo».

La decisione di provare a riprendersi l’azienda e amministrarla tramite una cooperativa viene votata dal 98% dei 42 iscritti al sindacato. I fondi necessari alla costituzione della nuova società, circa 23mila euro, sono versati dai dipendenti tramite l’anticipo dei due anni di mobilità più i sussidi di disoccupazione. Anagnostou ha anche chiesto le dimissioni del precedente consiglio d’amministrazione e dei dirigenti che hanno portato la fabbrica al punto in cui si trova adesso: «Non avranno alcun ruolo nella futura gestione dei lavoratori». La nuova Vio.Me., inoltre, chiede che il prestito di 1 milione e 900mila euro sia a carico della compagnia controllante, dal momento che è questa a possedere tutte le azioni. Ad ogni modo, la produzione riprende effettivamente il 12 febbraio del 2013. «Non solo ce lo aspettavamo, ma abbiamo lottato duramente per raggiungere questo traguardo», racconta a Linkiesta Makis Anagnostou.
Cosa si è provato durante il primo giorno di riapertura? «Naturalmente tutti sono contenti di essere tornati al lavoro – continua Anagnostou – Stiamo facendo piuttosto fatica, perché negli ultimi due anni eravamo abituati a fare i turni di guardia per controllare la fabbrica. Ma recupereremo la nostra forza». Oltre alla difficoltà di reperire capitale e finanziamenti, ci sono anche grossi problemi legati alla legislazione greca sulle cooperative. «Ci stiamo accorgendo che il quadro giuridico non solo non facilita la creazione di una cooperativa in Grecia, ma a volte addirittura la ostacola», si lamenta il presidente del sindacato.

Le origini del movimento cooperativo greco risalgono all’800, quando la prima società mutualistica venne fondata nella città di Ampelakia. All’epoca non c’era solo la crisi, ma anche lo schiavismo. Il successo di questa esperienza cooperativa è stato quindi duplice: da un lato ha creato lavoro; dall’altro ha permesso l’emancipazione dei lavoratori dai padroni ottomani. L’autogestione della Vio.Me., come argomenta Anagnostou, punta così a modificare i rapporti di forza nell’agonizzante mondo del lavoro greco e a ridare nuova linfa alle cooperative: «Negli ultimi anni si è creata una situazione di reciproca diffidenza tra i lavoratori. Non collaboriamo più tra noi, non coordiniamo i nostri sforzi, non fondiamo cooperative. Con quello che abbiamo fatto alla Vio.Me. speriamo di riuscire a spezzare questo circolo vizioso e far rinascere il movimento cooperativo in Grecia».

Lo scorso 27 febbraio Alexis Tsipras, presidente di Syriza, ha fatto visita allo stabilimento della Vio.Me. a Salonicco. In quell’occasione, il leader d’opposizione ha lodato l’iniziativa dei lavoratori e ha parlato di questa esperienza come di uno «schema pilota» in grado di combattere la disoccupazione (attualmente al 26,4%) e che può benissimo essere replicato anche in altre parti della Grecia. Il grande punto interrogativo è: può una fabbrica autogestita sopravvivere in una congiuntura del genere, per giunta nel paese europeo più colpito da crisi e misure d’austerità? «Non so se la nostra fabbrica possa essere profittevole da un classico punto di vista “capitalista” – risponde Anagnostou a Linkiesta – Credo comunque che la Vio.Me. abbia tutti i mezzi per stare in piedi, durare a lungo e anche promuovere una diversa filosofia del lavoro». 

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