L’immortalità diventa social: c’è vita dopo l’iDeath?

Nuove frontiere della tecnologia

Dodici mesi fa, una lettera arrivò nelle cassette postali dei 1266 uomini più ricchi del pianeta. Dmitry Itskov, giovane magnate russo proprietario di giornali e televisioni, aveva contattato personalmente tutti gli iscritti alla World’s Billionaire List di Forbes per offrirgli di acquistare un prodotto particolare: la vita eterna. Uno scherzo, pensarono in molti. Ma Itskov, che al fiuto per gli affari unisce una visionaria intraprendenza, ci sta lavorando veramente: il progetto 2045, istituito nel 2011, si propone di rendere “immortale” la mente dell’uomo.

Come? Astraendola – attraverso un ologramma – dai caduchi limiti fisici che la portano inevitabilmente a “spegnersi” ed installandola, dopo il decesso del corpo, all’interno di un avatar autonomo e cosciente. Questa fantascientifica opportunità costerà, ai temerari che vi si vorranno sottoporre, diversi milioni di euro. Oggi, però, la tecnologia offre anche soluzioni più economiche a chiunque si volesse ritagliare un piccolo brandello d’immortalità: se non possiamo ancora sopravvivere alla morte, possiamo almeno garantire vita eterna alla nostra identità virtuale.

Ogni anno, 200mila utenti di Facebook muoiono, lasciando orfani in media 574 profili al giorno. Nel mondo di Mark Zuckerberg, però, la social death non va di moda: per questo, a partire dal 2007, in occasione del Massacro del Virginia Polytechnic Institute, il sito ha implementato la possibilità di trasformare la pagina di un utente defunto in un monumento celebrativo virtuale. Per richiedere il servizio, è sufficiente inviare una memorialization request attraverso l’apposito formulario. Un po’ lo stesso concept che sta dietro a MyDeathSpace, l’obituario non ufficiale di tutti gli ex utenti del social network, oggi di proprietà di Justin Timberlake.

La versione 2.0 dei necrologi, però, non si limita al ricordo. Nel 2010 venne annunciato eTomb, un servizio di stoccaggio digitale delle nostre cyber-tracce che permetteva un’interazione tra il defunto e i suoi cari, grazie ad una lapide iper-tecnologica alimentata a luce solare. Nel 2011, poi, venne pubblicato su Youtube un video che presentava la nascita di Envoy, misterioso servizio che prometteva di prendersi cura della nostra immortalità online. Come? “Animando” il nostro profilo anche dopo il decesso, sulla base dei nostri interessi e dei vecchi post. Entrambi i servizi, però, si rivelarono soltanto delle provocazioni.

L’idea, è proprio il caso di dirlo, è stata riportata in vita dauna startup londinese nelle scorse settimane. Un gruppo di programmatori ha lanciato LivesOn, sistema di intelligenza artificiale che, durante la vita, studia la vostra attività online su Twitter (leggi la policy dell’azienda in materia) e che, dopo il decesso, la perpetua automaticamente, attraverso tweet e link che richiamano il vostro stile di scrittura ed i vostri gusti personali. Attenzione però: non si tratta di un prodotto, ma di un esperimento tecnologico, cui ci si può sottoporre volontariamente.

Tornando a Facebook, esistono già delle app che permettono di inviare messaggi post-mortem. Stavolta però non si tratta di software che analizzano i nostri trascorsi online. I post, come ad esempio una lettera di “commiato”, vengono scritti, in vita, dai diretti interessati. Tra i servizi più utilizzati, segnaliamo If I Die e Dead Social. Un esperimento più complesso, naufragato nel 2011 a circa un anno dal lancio, è stato MyWebWill, sito che permetteva alle persone di decidere cosa ne sarebbe stato della propria “identità virtuale” dopo la scomparsa. Non solo Facebook e Twitter, ma anche LinkedIn e gli altri portali per cui era richiesta un’iscrizione.

E che dire di un social network dedicato a chi non è più fra noi? Esiste già, si chiama iTomb ed è stato realizzato dalla compagnia californiana iPostmortem. Per 120 dollari all’anno, la startup garantisce uno spazio di archiviazione all’interno dei server in cui l’utente può registrare la propria biografia ed il proprio testamento. Inoltre, non appena la persona muore, iTomb recapita i suoi ultimi desideri nelle caselle e-mail di amici e parenti, che a loro volta possono interagire con il defunto lasciando dediche e messaggi. Tutto viene poi postato all’interno di un cimitero virtuale, consultabile da qualsiasi parte del mondo grazie al web.  

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