Umberto Bossi, leader storico della Lega Nord, potrebbe non presentarsi alla festa di Pontida il prossimo 7 aprile. Il Senatùr non ha ancora deciso, ma ci sta pensando, per lanciare un messaggio molto forte alla base e ai militanti sul fatto che non si riconosce più in questa «Lega» a trazione Roberto Maroni. È questa una delle «paure» che circola nella sede del Carroccio in via Bellerio a Milano per una «defezione di peso» le cui conseguenze non sono nemmeno ipotizzabili e che non potrebbe far altro che spaccare ancora di più un partito già lacerato dalle guerre interne.
Del resto il Capo da un po’ di giorni non si fa sentire con nessuno. È arrabbiato. E molto, a quanto confidano i suoi. Ma non si sa bene cosa gli passi per la testa. E in queste ora così delicate per la politica italiana ha preferito starsene in ufficio, lasciando al segretario «dal culo largo» Maroni l’onere e l’onore di gestire la partita politica a livello nazionale con Pier Luigi Bersani. «Ma Bossi sa sempre tutto quello che succede, a volte finge di non saperlo, ma vede tutto e sa tutto: molti deputati maroniani lo hanno cercato negli ultimi giorni», confida una persona che lo conosce bene e che chiede l’anonimato.
Pontida, quindi. Il pratone storico di Alberto Da Giussano. Dove nel 1990 Bossi lanciò la Lega Lombarda. Lì, nella bergamasca, con tutta probabilità si consumerà un nuovo capitolo di una battaglia che non sembra vedere ancora la parola fine. Ma che festa sarebbe senza il Senatùr? Dopo le elezioni anticipate a giugno, eventualità che fa tremare le gambe a molti leghisti, sono gli animi esagitati del pratone che stanno attanagliando l’animo di Maroni nelle ultime settimane.
E se non ci sarà Bossi chi parlerà dal palco? E come si potrà giustificare un’assenza così pesante per tutto il movimento. Soprattutto, si riusciranno a sedare le rivolte che in queste ore stanno dilaniando la Lega in Veneto? Per intenderci, a Venezia, dove il sindaco di Verona Flavio Tosi ha nominato come commissario Leonardo Muraro, è scoppiata una mezza rivolta: al grido di “vergogna, vergogna’’ e inneggiando a Bossi e a Luca Zaia una cinquantina di militanti della Lega ha contestato Muraro chiedendo subito un nuovo congresso. L’aria non è delle migliori.
Non solo. Oltre a una base disorientata per la gestione delle trattative a livello di governo, tra sì, no e “ni” a Bersani, c’è pure chi sta già pensando di organizzare una contestazione proprio contro Maroni a suon di fischi. Molti leghisti, non solo quelli del cerchio magico, masticano ancora amaro per i posti in lista alle ultime elezioni. In Lombardia in tanti non stanno digerendo la gestione del partito da parte di Matteo Salvini. In sostanza, gli scontri sono all’ordine del giorno. E se Bossi non ci fosse a Pontida quali potrebbero essere le conseguenze? Il Senatùr si era fatto garante dell’unità a pochi giorni di distanza dal congresso di Assago che incoronò Maroni segretario.
«Ma il Capo è uno destinato a lottare, lo fece anche durante la manifestazione delle scope dove sapeva a quello che sarebbe andato incontro. Ci sarà a Pontida, per riprendersi la Lega», chiosa un bossiano di ferro. Di sicuro, secondo chi sta tentando di decifrare il pensiero bossiano, il Senatùr vuole che la storica festa nella bergamasca segni un cambio di passo sulla gestione del Carroccio. Al congresso federale di alcune settimane fa era arrivato a chiedere che proprio sul pratone si svolgesse un congresso per acclamazione. Ma in tanti lo avevano snobbato. Allora sui giornali era venuta fuori la minaccia di abbandonare la Lega Nord, se Maroni non si fosse dimesso da segretario. Ipotesi poi rientrata, ma che si è portata dietro lo strascico della polemica su «culo largo», definizione che il Senatùr diede di Maroni appena sbarcato a Montecitorio.
Certo, i bossiani di ferro sono pochi. L’esercito di una volta è un lontano ricordo. Ma Bossi aspetta. E continua periodicamente a radunare le truppe, in attesa, forse, che la situazione dentro il partito esploda definitivamente. La minaccia di non andare a Pontida, sostengono alcuni, potrebbe essere “un gesto doloroso” ma una mossa destabilizzante per tutto il movimento. E sarebbe un modo per innescare tra i militanti una sorta di “consultazione” interna proprio su di lui e Maroni. Del resto, il Capo ci aveva già provato prima del congresso a promuovere le primarie sulla Padania. Poi non se n’era fatto nulla. «Ma lui vede tutto e sa tutto».