«La gente vuole l’abolizione delle province: se Crocetta fa un giro tra le persone comuni si accorgerà che tagliandole entrerà nella storia come il primo presidente della regione che ha eliminato l’emblema degli enti inutili e costosi». Parola di Giancarlo Cancelleri, leader del M5S. Sono bastate queste parole, pronunciate qualche giorno fa dal leader dei grillini siciliani, a far cambiare idea al governatore della Sicilia Rosario Crocetta. Che ieri ha convocato d’urgenza la giunta regionale per presentare e approvare un ddl che prevede l’abolizione delle province, sostituite dai “liberi consorzi di Comuni” che diventano degli organi elettivi di secondo grado. Ciò significa che i presidenti e i consiglieri dei nuovi consorzi verrano scelti dai sindaci e consiglieri comunali e non percepiranno alcuno stipendio. In questo modo le elezioni provinciali già fissate per il 25 e il 26 maggio sono state nei fatti cancellate, e le attuali province in scadenza verranno commissariate.
Una rivoluzione che rende felici i “Cinque Stelle”, e porta a far risparmiare alle casse siciliane «dieci milioni di euro l’anno solo per l’abolizione delle indennità di consiglieri e giunte». Ma, spiega Crocetta, «alla fine della riforma il risparmio sarà di 200 milioni di euro l’anno». D’altronde, andando a spulciare fra le varie indennità, si trova che il presidente della provincia di Palermo percepisce uno stipendio mensile di 8.459 euro, il vice 6.344 euro, mentre gli assessori e il presidente del consiglio provinciale 5.948 euro.
Per non parlare delle società partecipate cui fanno parte a vario titolo le nove province siciliane. Secondo alcuni dati pubblicati dal ministero della funzione pubblica nel 2011, le partecipate siciliane sarebbe costate più di 53 milioni di euro. E, come ha scritto qualche giorno fa l’edizione palermitana di Repubblica, «di questi, ben due milioni servono a coprire i gettoni di presenza degli oltre 250 tra presidenti e membri del cda». A questi bisogna aggiungere i consulenti esterni delle nove province, che a oggi sono 303 (fonte ministero della funzione pubblica), il cui costo complessivo è pari a 4.186.155 euro.
Il ddl, che da oggi pomeriggio verrà discusso in Commissione affari istituzionali, prevede anche l’istituzione delle aree metropolitane di Palermo, Messina e Catania. La netta riduzione del personale, e il trasferimento dei dipendenti provinciali a Comuni e Regioni sulla base delle competenze. E sopratutto la cancellazione degli Iacp (Istituti autonomi case popolari) e dell’Ente di sviluppo agricolo, e l’istituzione della Corte di cassazione regionale sia in ambito civile, sia in ambito penale.
Ma non è finita. All’interno del “pacchetto tsunami”, ribattezzato così dal governatore (probabilmente scherzando) durante una conferenza stampa di stamane, è stata inserita anche la creazione di un fondo per contrastare la povertà con l’obiettivo «di sostenere i nuclei familiari in difficoltà». Un’altra norma fatta su misura seguendo per filo e per segno le indicazioni del M5S, che riprende il reddito minimo di cittadinanza evocato a più riprese dai “Cinque Stelle”. «Il fondo sarà creato per consentire a tutti i nuclei familiari di disporre di un reddito annuo di 5mila euro. Le risorse saranno trovate in gran parte grazie all’abolizione delle Province e attraverso tutte i risparmi ottenuti con i precedenti provvedimenti del governo. Se il fondo non sarà sufficiente sarà rimpinguato successivamente e inoltre, pensiamo, di procedere anche a provvedere a forme di esenzione fiscale per i cittadini destinatari del provvedimento sia a livello regionale che comunale», spiega l’assessore all’economia Luca Bianchi.
Ma la novità è rappresentata dai cosiddetti “Trinacria bond”, emissioni obbligazionarie «con l’obiettivo di dare liquidità alle imprese per smaltire una parte dei debiti della pubblica amministrazione regionale», sottolinea Bianchi. I “trinacria bond” saranno agganciati a un fondo che sarà costituito da una parte del patrimonio immobiliare regionale. E il fondo non ricadrà sul bilancio in modo da poter aggirare il patto di stabilità. Ovviamente, come raccontano da Palazzo d’Orleans, «la razionalizzazione delle spese comporterà sicuramente un notevole risparmio ma ad oggi è difficile valutare l’entità esatta. Faremo degli studi qualitativi nei tavoli tecnici dei prossimi giorni».
Sullo sfondo non mancano le polemiche come quelle dell’Udc, che con il coordinatore regionale Gianpiero D’Alia minaccia di far saltare il tavolo: «Non voteremo mai un testo burla sulle province. Noi siamo per la soppressione con contestuale trasferimento delle funzioni a comuni e Regione. Siamo per la fusione dei piccoli comuni al di sotto dei 10mila abitanti e per l’obbligo della unione dei comuni per quelli al di sotto dei 50mila abitanti». E anche in casa Pd, diversi dirigenti lamentano un eccessivo protagonismo del governatore «che rischia di far perdere personalità importanti del partito». Ad esempio, raccontano da via Bentivegna, sede regionale del Pd, a Mirello Crisafulli, escluso dalle liste nazionali a causa di un procedimento pendente, «era stata promessa la presidenza della provincia di Enna». E ora? Non importa. Crocetta intende procedere ugualmente forte dell’appoggio dei «grillini», che all’Ars sono il gruppo più folto con 15 deputati.
E c’è chi mormora che dietro il “pacchetto tsunami” ci sia proprio lo zampino del Pd nazionale. «Bersani ha chiesto a Crocetta di accelerare sull’abolizione delle province per dimostrare al M5S che noi del Pd rispettiamo i patti», sussurra un dirigente regionale dei democratici. Una carta che il segretario Pier Luigi Bersani si potrà giocare quando gli verrà affidato un mandato “esplorativo” dal Capo dello Stato.
Twitter: @GiuseppeFalci