Alibaba, è l’e-commerce il nuovo primato cinese

La piattaforma è nata nel ’99 per mettere in contatto le industrie cinesi con l’Occidente

Pechino – Mentre cerca di diventare la prima economia mondiale, la Cina continua ad accumulare primati. Il giro di affari dell’e-commerce dell’ex Impero di Mezzo, sta già superando quello americano. Alibaba, la creatura del brillante Jack Ma, è diventata la prima piattaforma del commercio mondiale online. Con oltre 130 miliardi di euro, l’anno scorso l’azienda ha fatturato più di eBay e Amazon messi insieme. Ma nonostante i numeri da capogiro, all’estero in pochi ne hanno sentito parlare. Eppure offre l’occasione alle aziende di tutto il mondo di entrare nel mercato cinese, conquistarne la classe media e tornare a fare affari.

La storia di Alibaba potrebbe tranquillamente annoverarsi tra le storie che hanno trasformato la Santa Clara Valley nella Silicon Valley che tutti conosciamo. Il suo fondatore, Jack Ma, se l’è inventata a 35 anni quando ancora faceva l’insegnante di inglese e, ora che ne ha 48 e la sua creatura è all’apice del successo, si prepara ad “auto-pensionarsi” da amministratore delegato. «Internet appartiene ai giovani», ha dichiarato quando ha annunciato che a maggio lascerà il suo posto a Jonathan Lu, un insider con una carriera decennale all’interno dell’azienda.

«Ebay sarà pure uno squalo nell’oceano, ma noi siamo l’alligatore del fiume Azzurro – aveva dichiarato quando ancora nessuno avrebbe scommesso sulla sua azienda – se combattiamo nell’oceano perdiamo, ma se combattiamo nel fiume siamo destinati a vincere». E infatti così è stato. L’alligatore del fiume azzurro, come oramai è universalmente noto, ha aperto la sua azienda di e-commerce nel 1999 con lo scopo di dar vita a una piattaforma online che potesse mettere in contatto le industrie del manifatturiero cinese con i compratori sparsi in tutto il mondo. Già dal nome si poteva capirne le potenzialità. Alibaba è un nome in grado di superare la Grande Muraglia ed essere memorizzato anche in Occidente, dove il celebre personaggio della letteratura araba medievale è ben presente nell’immaginario comune. «Ali Baba – come ha spiegato agli esordi Ma, con un’altra di quelle sue frasi che sono diventate celebri – non era un ladro. Era un gentiluomo che sapeva fare affari». Su quest’idea ne sono state costruite altre, tutte vincenti e tutte parte del grande albero Alibaba.

Il portale Taobao mette in comunicazione direttamente i consumatori tra di loro, in maniera non diversa da quanto fa il nostro eBay e il più recente Tmall, un sito simile al nostro Amazon, pensato invece per costruire un ponte tra le grandi multinazionali e la nascente classe media cinese. Aliyun è un servizio di cloud computing, eTao è un motore di ricerca per i prodotti e Alipay, l’equivalente del nostro sistema di pagamenti online Paypal, è un sistema con 700 milioni di utenti registrati in grado di reggere, come è avvenuto per la festa dei single lo scorso 11 novembre, 105 milioni di pagamenti in 24 ore. Un record.

Oggi Alibaba è un colosso: impiega circa 24mila persone in 70 città sparse tra Cina, Giappone, Corea, Gran Bretagna e Usa. E la sua ascesa, probabilmente, non si ferma qui. Secondo alcune previsioni, il mercato dell’e-commerce cinese è destinato a superare quelli di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germana e Francia messi insieme entro il 2020. E, anche se non riuscirà a sfidare Amazon in America, Alibaba vuole espandersi nel mondo attraverso i milioni di migranti cinesi e i nuovi consumatori dei paesi in via di sviluppo. Forbes ha calcolato che il suo fondatore abbia oramai accumulato una fortuna di un miliardo e mezzo di dollari americani.

Forse oggi, la più grande ricchezza di Alibaba è la conoscenza capillare dei consumatori cinesi. In Cina il 60 per cento delle vendite online passa per i suoi sistemi e la quantità di dati che deve aver immagazzinato su fornitori e abitudini d’acquisto della classe media deve essere colossale. Forse proprio da qui nasce l’ultima trovata del colosso It. Aliloan, il nuovo prodotto della galassia Alibaba, veicola prestiti bancari ai piccoli imprenditori che fanno parte del proprio database garantendo per loro. È un circolo virtuoso: uomini d’affari e semplici clienti vendono le proprie merci attraverso i diversi siti del gruppo permettendo così ad Alibaba di raccogliere dati sulle loro performance e sulla loro affidabilità. Sono gli stessi dati usati poi come garanzia per ottenere prestiti dalle banche. «Fare soldi è etico, un business che non fa soldi è sprecato. – ha dichiarato Jack Ma nel corso dell’AliFest 2012 – Noi facciamo soldi perché vogliamo servire sempre più persone in futuro».

Insomma, come si legge sull’Economist, che recentemente ha dedicato al fenomeno una copertina, “attualmente Alibaba è il cuore del “capitalismo dei bambù”, ovvero di quelle aziende private cinesi che con la loro struttura snella e flessibile sono riuscite a reggere l’impatto e a vincere in un sistema di capitalismo a conduzione statale. Il suo business è guidato dal consumo, in un’economia dove i consumi stanno esplodendo. Fa strano che le nostre aziende non ne abbiano ancora approfittato in maniera massiccia. Di fatto, per gli stranieri che vogliono aprire un negozio virtuale nella galassia Alibaba, basta avere un amico cinese che li aiuti nella registrazione online.


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