Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord, nonostante l’espulsione dal movimento nell’aprile del 2012, avrebbe continuato a mantenere i rapporti con la famiglia Bossi, nello specifico rispetto all’acquisto di uno yacht di 2,5 milioni da parte di Riccardo, figlio del Senatùr, anche lui indagato insieme al Trota Renzi per truffa ai danni dello Stato.
È quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere «Tombolotto», l’ex leghista genovese che l’attuale segretario Roberto Maroni cacciò da via Bellerio dopo le indagini sugli investimenti in Tanzania e l’ombra delle infiltrazioni con la ‘Ndrangheta. Belsito è accusato di appropriazione indebita, riciclaggio e truffa. Ma è soprattutto sulla possibilità di reiterazione del reato e sui rapporti di Belsito con la Lega – come sulla possibilità di ulteriori sottrazioni di denaro dalla casse del partito come di affari poco chiari – che si concentra l’ordinanza firmata dal Gip Gianfranco Criscione.
Da via Bellerio, sede del Carroccio, fanno sapere che gli avvocati si sono già mossi per costituirsi come parte civile. Perché secondo i magistrati, il comitato d’affari costituito da Belsito insieme a Stefano Bonet, Romolo Girardelli e Lombardelli, avrebbe continuato durante il 2012 a «intrattenere affari poco trasparenti» con esponenti della «Lega Nord».
Nell’ordinanza viene citata come «leghista» Sabrina Dujany, anche se fanno sapere dalla sede del Carroccio ligure che «è stata espulsa nell’aprile del 2012». Ma i magistrati si domandano nell’ordinanza quale sia stato «il peso», l’effettivo valore dell’espulsione dell’ex tesoriere dalla Lega Nord. Nel senso: Belsito, uno «dalla personalità delinquenziale», ha in questi mesi continuato a incontrare i leghisti? Ha mantenuto rapporti con la famiglia Bossi?
Su questo punto, scrivono i magistrati, continuano le indagini. I pm vogliono ancora capire quanti soldi sono stati sottratti alle casse del Carroccio. Quando e come sono stati utilizzati. Domande quelle dei pm che nascono da accertamenti di natura giudiziaria ma che potrebbero essere utili anche agli elettori leghisti e non solo per tirare le somme sull’aria che si respira in via Bellerio, e su quanto alla fine Belsito e il comitato d’affari costituito con Girardelli, Bonet e Lombardelli, sia per la Lega solamente un «passato che non ritornerà». Per dirla come Matteo Salvini, il segretario lombardo.
É utile leggere a ritroso il provvedimento di questa mattina del Gip Criscione, il quale scrive per giustificare gli arresti di Stefano Bonet, Romolo Girardelli e Stefano Lombardelli «significativo è l’aspro e subdolo conflitto» che ha visto i tre contrapporsi a Belsito immediatamente dopo lo scandalo giornalistico dei fondi in Tanzania «finalizzato ad accaparrarsi l’eredità del rapporto con la Lega». In sostanza cioè arrivare dopo Belsito, ormai fatto fuori dal partito, a sedersi al tavolo con Maroni, Castelli e Calderoli.
Fatto sta che i rapporti tra Belsito e Girardelli nonostante le indagini non sembrano essersi interrotti, fanno notare gli investigatori, così come non chiari risulterebbero ancora i rapporti di Belsito con la Lega Nord o alcuni esponenti, come testimoniato dalla vicenda dello yacht che «Riccardo Bossi, figlio di Umberto, avrebbe a suo tempo acquistato – scrivono gli inquirenti – avvalendosi di un prestanome grazie a un’ulteriore appropriazione indebita di Belsito».
Un «comitato d’affari» quello messo in piedi e fatto funzionare da Belsito, dall’imprenditore veneto Stefano Bonet, dal faccendiere Romolo Girardelli e dal manager Stefano Lombardelli che puntava forte su almeno due colossi industriali come Fincantieri, Grandi Navi Veloci e altre grandi imprese la Siram.
D’altronde lo spessore delle imprese su cui i quattro cercavano di esercitare la propria influenza era già nero su bianco nel rapporto che il Noe dei Carabinieri inviò alla magistratura napoletana nell’aprile 2012 a firma del comandante Rajola Pescarini. Così come tutti gli arrestati di oggi comparivano sulla scena delle 183 pagine dello stesso rapporto.
Le intercettazioni fatte partire in seguito anche agli interrogatori di Lorenzo Borgogni, ex dirigente di Finmeccanica permise infatti al nucleo dei Carabinieri di individuare la figura di Stefano Bonet, che poneva a capo di una delle sue agenzie la PO.LA.RE. di Genova Romolo Girardelli, detto “l’ammiraglio”, e più noto per i suoi rapporti con la potente cosca reggina dei De Stefano che per la sua abilità di dirigente.
Belsito, oltre a diventare tesoriere della Lega Nord nel 2004, è autore di una carriera fulminante: da autista e portaborse dell’onorevole Alfredo Biondi entra come consigliere d’amministrazione della Filse (Finanziaria ligure per lo sviluppo economico), ente della Regione Liguria e poi addirittura arriva alla vicepresidenza di Fincantieri.
Ed è proprio in Fincantieri che Stefano Bonet e Francesco Belsito si conoscono, e lo fanno per il tramite di Stefano Lombardelli, all’epoca manager di Fincantieri. «In particolare – si legge nella richiesta dei pm inoltrata al Gip di Milano – Lombardelli aveva riferito a Bonet che attraverso Belsito sarebbe stato possibile concludere importanti contratti di ricerca con Fincantieri».
Emergono, nei contatti tra Bonet e Lombardelli riportati dall’informativa dei Carabinieri dell’aprile 2012, anche progetti attorno alle cliniche vaticane. «Bonet – si legge nella nota – ha rapporti di lavoro con importanti aziende, nevralgiche del Paese tra cui Fincantieri, Finmeccanica, Siram, Grandi Navi Veloci, ecc. e qualificate relazioni politiche, tra cui come detto, il tesoriere della Lega Francesco Belsito, esponenti del PDL, quali Aldo Brancher, Filippo Ascierto, ecc. Lubiana Restaini, vicina alla Lega Nord, che gli consentono, agevolmente un “accesso facilitato” al mondo politico, economico-finanziario ed industriale.Da ultimo anche con il Vaticano, per mezzo di Don Pino Esposito, prelato calabrese che l’ha introdotto all’arcivescovo polacco Zygmunt Zimoswki, responsabile delle Pontificio Consiglio degli operatori delle strutture sanitarie del Vaticano», di cui Zimowsky risultava il responsabile.
E di cliniche faceva cenno anche il pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, nell’interrogatorio alla segretaria del Carroccio Nadia Dagrada. Un riferimento quasi buttato lì da parte del bravo pm reggino, su cui Dagrada risponde negativamente alla domanda se sapesse qualcosa di alcuni investimenti dei soldi della Lega Nord e di Belsito in case di cure.
Di nuovo però, oltre alle strutture vaticane, torna sulla scena la Siram, proprio una delle società con cui Belsito, e in genere gli arrestati di oggi hanno avuto frequenti rapporti, e che risulta aggiudicataria di numerosi appalti nella sanità, tra cui alcuni in strutture pubblice di Regione Lombardia. E se Belsito oltre ai soldi dello yacht di uno dei due Bossi Jr., si fosse interessato, dopo l’espulsione dal partito, anche di mantenere i rapporti con Maroni per favorire il ‘comitato d’affari’?
Un progetto di cui Bonet parlerà nel corso dell’indagine proprio a Lombardelli. Quando esplode lo scandalo sugli investimenti milionari in Tanzania Bonet prepara «un dossier completo con tutto quello che si dice su di loro». Il dossier, spiega Bonet, serve «perché è stato richiesto dal Vaticano con cui collabora, in modo da poter capire esattamente chi sono».
Tornando alle cliniche vaticane invece, quello è un progetto di cui Bonet parlerà nel corso dell’indagine proprio a Lombardelli. Quando esplode lo scandalo sugli investimenti milionari in Tanzania Bonet prepara «un dossier completo con tutto quello che si dice su di loro». Il dossier, spiega Bonet, serve «perché è stato richiesto dal Vaticano con cui collabora, in modo da poter capire esattamente chi sono».
Nell’inchiesta degli inquirenti milanesi è stata acquisita documentazione proprio presso Fincantieri, tra cui una bozza di contratto tra lo stesso ente controllato dallo Stato e la PO.LA.RE. di Bonet e Girardelli. Rapporti non episodici quelli tra Polare e Fincantieri, dato che nell’annotazione del NOE dei Carabinieri più di una volta risulta essere nominato lo stesso Amministratore Delegato di Fincantieri Giuseppe Bono.
Sullo sfondo, ingombrante, l’ombra della ‘ndrangheta e la presenza di quel Romolo Girardelli in contatto con Belsito “da anni”, come ha messo a verbale Bruno Mafrici, consulente di Belsito, con tanto di badge per la Camera dei Deputati, quando questi si occupava del sottosegretariato del ministero alla semplificazione normativa.
Potrebbe addirittura essere lui, che dopo l’espulsione di Belsito dalla Lega aveva in animo con Bonet di «andare oltre Belsito”, ad aver indotto l’ex tesoriere del Carroccio a mettere soldi in Tanzania (Belsito intercettato al telefono con una non meglio identificata Sabrina si sente rivolgere la frase “Girardelli l’ha fatto apposta a farti fare l’investimento in Tanzania), e aver procurato modi e metodi per il riciclaggio del denaro, probabilmente anche in Svizzera. Nel frattempo Flavio Tosi, sindaco di Verona, definisce la vicenda «disgustosa» e propone di devolvere il denaro di Belsito sottratto alla Lega alle aziende in difficoltà.