«La gente finisce in ospedale, ma Bossi non spaccherà mai: ha fatto un accordo prima del congresso con Maroni». Il virgolettato di un di un bossiano di ferro racchiude forse gran parte della frustrazione che in questi giorni circola tra gli espulsi della Lega Nord 2.0 di Roberto Maroni. Mentre Luca Zaia, governatore del Veneto, ha proposto in un’intervista al Corriere della Sera di creare un conclave di «saggi» per salvare il movimento.
Intanto, ai cinque “epurati” della Lombardia di mercoledì scorso se ne sono aggiunti sabato altri 35 in Veneto, dove Flavio Tosi, senza guardare in faccia nessuno, ha portato avanti «il cambiamento» eliminando chi lo ha fischiato sul prato di Pontida. A Padova, alla sede del consiglio nazionale, ci sono state urla, spintoni, pugni, fischi, frasi del tipo «sei il traditore del trattore», ambulanze e carabinieri, ma alla fine i dissidente sono stati messi alla porta. E di grossi sconvolgimenti in vista non sembrano esserci.
Roberto Maroni lo ha detto chiaro e tondo: «Se c’è qualcuno che protesta perché ha perso il posto in Parlamento, a questi dico che non c’è nessun diritto naturale a essere parlamentare per sempre: fuori chi disfa». Così lo stesso Senatùr sempre sabato aveva levato ogni dubbio durante un’intervista al Tg Regionale della Lombardia: «La Lega non sarò io a romperla. È andato Leoni dal notaio e ci è andato per un giornale di una associazione culturale». In sostanza, ci sarà pure un’associazione culturale o un giornale in arrivo, contenitori del dissenso dalla «Lega tricolore» di Maroni e Tosi, ma di fare nuovi partiti il Senatùr non pare averne proprio voglia. Lo ha detto in tutte le salse negli ultimi giorni. «Macchè partito». «Non me ne vado» «Non ho fatto la Lega per romperla». Sono solo alcune delle battute che il Vecchio ha regalato ai suoi militanti in pubblico. Ma allora questo partito nuovo c’è o non c’è?
Il problema sono «gli altri», come ha pure ricordato il sindaco di Varese Attilio Fontana, «quelli che consigliano male Bossi». Per esempio, tra questi, nel mirino dei barbari sognanti, c’è Paola Goisis, neo espulsa, che appena uscita dal consiglio del Veneto ha detto: «Ho sentito Umberto Bossi per interposta persona, ci stiamo muovendo per rifondare la Lega, quella che qualcuno chiama Lega 2.0 è solo la “Cosa 2.0”». In realtà la Cosa 2.0, per quanto guidata da Maroni, è ancora la casa del Senatùr. Non a caso, Zaia, governatore del Veneto, fino all’ultimo oppositore della linea dura di Tosi, ha smentito la nascita di nuove formazioni politiche all’orizzonte: «È un problema che è morto sul nascere, penso che Bossi sia stato chiaro e ha chiarito che non c’e’ nessuno partito».
Il sospetto che circola tra gli epurati e non solo è uno. Il Senatùr non romperà mai, perché prima del congresso di Assago in Luglio, avrebbe stipulato un patto «ecomomico e politico» con Maroni e controfirmato da Roberto Calderoli. Di mezzo ci sarebbero le proprietà di via Bellerio – tra cui la sede – e le tante società collegate alla Lega, dove Bossi è ancora presente, nate negli ultimi dieci anni. Bisogna tornare indietro di quasi un anno, quando lo scandalo sul tesoriere Francesco Belsito era agli apici, per raccontare cosa accadde tra le mura di Gemonio e di via Bellerio. Già all’epoca correva voce che Bossi, in un ruolo di minoranza, avrebbe fatto la voce grossa e magari avrebbe fondato una lega «salva-famiglia». Il punto lo spiega un maroniano di ferro senza peli sulla lingua: «Sia Bossi sia la Marrone sanno che se se ne vanno finiscono ai giardinetti…».
Le cure mediche per il Senatùr costano. C’è solo lo stipendio da parlamentare. La moglie Manuela ha la scuola Bosina da gestire, ma quest’anno non ci sono deputati o senatori «bossiani» che possono dare una mano in parlamento con la richiesta di finanziamenti pubblici. Il Trota Renzo si fa fotografare con asini e zappe in mano e pare – chiosano i maligni in Bellerio – «che non sia in grado di mantenersi da solo». La notizia che circolò allora su Linkiesta e su Libero del 27 maggio non è mai stata smentita: Bossi sarebbe garantito dalla Lega Nord con un «vitalizio». Ci sarebbe anche questo nel patto d’acciaio con Maroni. Spaccare, andarsene, fondare un nuovo partito, significherebbe creare ulteriori problemi di tipo economico e legale a tutta la famiglia, non solo quella leghista, ma anche e soprattutto a quella naturale.
Il destino del movimento, a meno di colpi di scena, quindi, appare segnato. Forse Marco Reguzzoni, ex capogruppo alla Camera e qualche altro fedelissimo di Bossi sarà salvato dalle purghe maroniane, ma la pulizia dentro il movimento è ormai un dato di fatto. La Lega 2.0 si avvia verso le prossime elezioni amministrative. Il risultato di questa tornata elettorale potrebbe essere una spia del malessere della base, ma con Bossi ancora legato a Maroni di particolari nuove sommosse potrebbero non esserci.
Certo, i nodi da sciogliere sono ancora tutti sul tappeto. Dalla formazione del nuovo governo, alle spiegazioni che i leghisti dovranno fornire per aver avuto «un saggio» tra i dieci scelti dal presidente della Repubblica uscente Giorgio Napolitano, ma ora «le ramazze hanno finito di pulire». E Tosi, a fine giornata di sabato, ha ammesso serafico: « Ora si va avanti abbiamo di fronte le amministrative a Vicenza e Treviso e il grande lavoro per la macroregione che tre nostri governatori stanno costruendo con l’aiuto di cinquemila attivisti e decine di migliaia di elettori».