Il 17 aprile 1969, il presidente del Partito Comunista Cecoslovacco, Alexander Dubček, viene deposto. Dubček era stato eletto segretario generale del PCC il 5 gennaio del 1968 al posto di Antonín Novotný, leader della componente più legata al Pcus, dando avvio al cosiddetto “nuovo corso”, una strategia politica volta a introdurre elementi di democrazia in tutti i settori della società, fermo restando il ruolo dominante del partito unico. Una svolta sgradita a Mosca che nel 1968 aveva invaso militarmente il Paese, ponendo fine alla cosiddetta Primavera di Praga. Dubček fu costretto a siglare un protocollo d’intesa con il Cremlino che vincolava il suo ritorno alla guida del Partito con la “normalizzazione” della situazione politica nel Paese. Nonostante questo, l’opposizione popolare al regime d’occupazione consentì a Dubček di mantenere una certa autonomia dal Cremlino, tanto che in seguito ai suoi tentennamenti di fronte alle proteste anti-sovietiche della primavera successiva, il 17 aprile venne rimosso dal suo incarico per poi essere espulso dal PCC nel 1970.
17 Aprile 2013
Dubček rimosso dal partito, a Praga torna il grigiore
Cecoslovacchia, socialismo senza volto umano
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