Giovanni Favia è consigliere regionale dell’Emilia Romagna ma soprattutto ex enfant prodige del Movimento 5 Stelle, almeno fino al famoso fuorionda di Piazzapulita in cui criticò Gianroberto Casaleggio. Quella fu la goccia di un vaso ricolmo di lotte intestine, carteggi riservati e diktat della Casaleggio Associati, che ancora oggi scuotono gli equilibri del Movimento emiliano-romagnolo. Da figura di spicco Favia è diventato ospite non gradito tanto che Grillo gli ha impedito di usare ulteriormente il logo del M5s nell’attività politica. «Beppe per me era un idolo, avevamo un ottimo rapporto e spesso ci siamo confrontati sul tema della democrazia interna, solo dopo ho capito che lui e Casaleggio giocavano alla tecnica del poliziotto buono e del poliziotto cattivo».
Archiviato il tentativo del grande salto in Parlamento con Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia, oggi Favia siede in consiglio regionale tra le fila del gruppo misto, ma solo per portare a termine i progetti iniziati. Con lui facciamo il punto della situazione sul cammino parlamentare del M5s, che interseca le criticità della cabina di regia Grillo-Casaleggio. Parla senza sosta, argomenta puntigliosamente, ricostruisce ogni singolo tratto delle vicende che lo hanno riguardato. Non ci sta a passare per il traditore: «sono sempre stato leale, non fedele, quell’aggettivo si addice ai cani».
Favia, che ne pensa delle Quirinarie?
Il metodo è stato quello di una votazione poco seria, poco trasparente e organizzata da dilettanti. I nostri padri costituenti hanno pensato al presidente della Repubblica come figura di garanzia da strappare alla logica del consenso mediatico. Un partito che arriva e dice “questo è il mio presidente” non rispetta la volontà costituzionale. Dato che i parlamentari del M5s hanno letto la Costituzione durante l’occupazione delle Camere, sarebbe giusto ricordare loro lo spirito della Carta.
Non è stato comunicato il numero dei votanti nè quello delle preferenze raccolte dai singoli candidati alle Quirinarie. Un difetto di trasparenza doloso o colposo?
Ci sono il dolo e la colpa. Il Movimento ha estremizzato la retorica della trasparenza e della partecipazione utilizzando un linguaggio violento. Purtroppo rimane retorica, perché Grillo e Casaleggio rifuggono dalla trasparenza reale e dalla partecipazione democratica, svilite da votazioni calate dall’alto, senza che la base possa emanciparsi.
Parliamo di votazioni pilotate?
Nel M5s la democrazia è pilotata, sono sempre Grillo e Casaleggio che decidono quando farti votare. Un po’ come per lo streaming: ti fanno vedere il teatrino con Bersani, ma è solo circo mediatico. Quando devono fare discussioni vere, con degli scontri, tu non vedi nulla. La scenografia è nuova, ma dietro c’è un movimento di proprietà di due persone, senza uno statuto democratico.
Però nel M5s c’è stato anche lei e lì ha avuto ruoli di primaria importanza.
Sì, ma il Movimento nasce dall’esperienza delle liste 5 stelle, un progetto autogovernato dalla cittadinanza. All’epoca Grillo ci promise che sarebbe riuscito a creare un sistema di democrazia digitale e reale. Io avevo fiducia in lui, ma ci fu anche chi, come l’attuale capogruppo Roberta Lombardi, preparò un documento molto critico nei confronti dei metodi di Grillo. Fa sorridere che lei oggi dica di aver risolto i propri dubbi, quando invece la situazione del Movimento è totalmente degenerata.
E lei Favia si è gradualmente allontanato.
Il problema è nato da beghe di condominio. Ero stimato dallo staff, il mio consenso cresceva nella base e questo non piaceva. In più ero uno di quelli che sostenevano la spinta per una maggiore democrazia interna. Allo stesso tempo decisi di non assumere in Regione una certa persona (Nik il Nero, videomaker del M5s al Senato) e cominciò a coagularsi un gruppetto contro di me. Nel frattempo Casaleggio capì che un fronte interno voleva dare una struttura democratica al Movimento e il fuorionda a Piazzapulita è stato un grande regalo per lui che non sapeva come delegittimarmi. Prima di quell’episodio, sul blog di Grillo fu pubblicata una chat privata tra i consiglieri dell’Emilia Romagna con evidenziate alcune frasi di critica nei confronti dello Staff. Come se qualcuno stesse organizzando un golpe contro Grillo e Casaleggio, mentre noi volevamo semplicemente discutere con loro.
Oggi parla con deputati e senatori grillini?
Sì e non solo con gli emiliano-romagnoli. Con alcuni è rimasto un rapporto di amicizia. Però sono io a non volerli sentire troppo perché non voglio metterli in difficoltà, ed evitare che vengano accusati di essere “faviani”. Devo dire che moltissimi, anche tra i parlamentari del M5s, sono critici e fanno buon viso a cattivo gioco rispetto all’attuale linea del Movimento. D’altronde sono diventati delle star, hanno stipendi generosi e vivono una bella sfida ad altissimi livelli.
Come giudica questo primo periodo dei grillini in Parlamento?
Per nulla soddisfacente. Non sanno come muoversi e hanno protocollato pochissimi atti, ma non punto il dito su di loro. Il problema nasce dall’organizzazione di Casaleggio, bravo a livello mediatico-comunicativo, ma politicamente è un nano. Lui e Grillo non hanno saputo produrre classe dirigente di qualità, basti pensare alle Parlamentarie che sono state un casting, non una selezione meritoria. Su oltre 160 parlamentari, solo una ventina ha le attitudini per fare politica, alcuni erano dei semplici riempilista che adesso hanno vinto al Lotto!
Il M5s ha un futuro strutturato davanti a sè?
Il Movimento non è una bolla elettorale, intorno c’è un consenso emotivo impressionante e un attivismo elevatissimo rispetto ai partiti. Il M5s è una macchina da guerra, guidata da un leader messianico come Grillo. Però l’amministrazione pubblica è una cosa complessa mentre Beppe semplifica tutto. Ci vogliono preparazione e capacità di mediare. La sfida dovrebbe essere più alta.
Si spieghi meglio.
È facile creare consenso su progetti spot che riguardano solo una parte dello scenario italiano, ma qui c’è bisogno di una visione d’insieme, un progetto economico. Finchè riusciranno a giocare la sfida elettorale sull’asse vecchio-nuovo potranno avere respiro, ma sulla lunga distanza vedo grossi problemi. Le criticità escono con le discussioni e la democrazia è la criptonite di Gianroberto. D’altronde il suo manifesto politico è il libro “Prosperare sul caos”, vero vangelo che Casaleggio ha adottato all’interno delle sue aziende e poi applicato alla politica. Lui deve creare atomizzazione e caos nella base per rafforzare e legittimare la sua leadership. Oggi lui e Grillo hanno tutti gli asset che valgono politicamente, dunque il singolo non può decidere nulla, altro che «uno vale uno».
E che ne pensa degli attuali capigruppo?
Crimi è una brava persona e aveva la legittima ambizione di arrivare in Parlamento. La Lombardi è un’arrogante. Quando ha capito che poteva contare qualcosa agli occhi dello Staff, ha cambiato comportamento e rinnegato i dubbi sulla democrazia interna che prima professava. Ha fatto un carpiato a 360 gradi. E adesso, senza esperienza politica alle spalle e senza alcun titolo per parlare di economia, si permette di bollare come “porcata” l’intervento del governo sui pagamenti alle imprese.
Nelle ultime ore ha espresso parecchi dubbi sulla discesa in campo di Casaleggio con gli imprenditori.
Non c’è una spiegazione logica al perché Casaleggio debba incontrarli. Non è il responsabile economia del Movimento e perdipiù è uno a cui non piace perder tempo. Perché fa questo? So che la Casaleggio Associati ha passato momenti migliori e immagino che lui voglia trovare un modo di capitalizzare economicamente il successo del M5s. Parlo di un potenziale conflitto di interessi.
Dicono che a Bologna tiri una brutta aria, con la Wikileaks a cinque stelle e quello scambio di mail tra consiglieri per far fuori una corrente. Lei che situazione vede da quelle parti?
Bologna era la culla del M5s in Italia e contava ottimi risultati elettorali, adesso invece ha registrato una delle percentuali più basse e questo è il risultato della gestione Bugani (consigliere comunale del M5s ndr). Lui non sa fare opposizione e va ai concerti col sindaco. Spero che la base si liberi di queste persone, ma penso che dalla cricca di Bugani arriveranno dimissioni finalizzate a tenersi le mani libere per candidarsi alle elezioni europee.
Che ne sarà di Giovanni Favia?
Sono combattuto tra la voglia di giustizia, quindi andare fino in fondo nell’attività politica, e la tentazione di staccare da tutto, cambiare aria e godermi la vita. Non credo di portare a termine il mandato in consiglio regionale, ma cercherò di realizzare i progetti per cui abbiamo combattuto in questi mesi. Sono a due metri dal traguardo e non mollo sul più bello.