Due esperti di politica come Stefano Folli, editorialista del Sole 24 Ore, e Francesco Clementi, professore all’Università di Perugia. Cinque domande sul prossimo presidente della Repubblica e sui riflessi che potrebbero avere i nomi che in queste ore circolano di più a Montecitorio e palazzo Madama: Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Romano Prodi, Stefano Rodotà e l’outsider Sabino Cassese. Ecco le risposte di Folli e Clementi.
Giuliano Amato
Clementi: «Amato sarebbe il capo di Stato della pacificazione, che aprirebbe a un governo Pd-Pdl. Mi viene in mente il discorso di Abramo Lincoln a Springfield poi citato da Obama negli Stati Uniti. Il nuovo presidente potrebbe parlare il 25 aprile, giorno di liberazione nazionale. Di certo non darebbe il via a un governissimo, ma un esecutivo capace di lavorare sulla riforma elettorale e a provvedimenti importanti in ambito economico. Credo che su questo Matteo Renzi abbia visto bene: Amato sarebbe il candidato giusto in questa fase politica per l’Italia».
Folli: «Amato darebbe continuità a Giorgio Napolitano. Certo non ha avuto la storia politica del suo predecessore, ma conosce molto bene la macchina dello Stato. Sarebbe un presidente di garanzia istituzionale. E lavorerebbe per la conciliazione del Paese».
Massimo D’Alema
Clementi: «Secondo i miei calcoli, dato che Sel di Nichi Vendola ha detto che lo voterebbe, D’Alema, in questo momento, è un passo avanti rispetto agli altri candidati. Sarebbe una novità nel panorama politico italiano. Sarebbe un presidente politico, un capo partito, che darebbe il via a una riforma semipresidenziale alla francese per l’Italia. Di sicuro a subire contraccolpi sarebbe il Partito Democratico, perché Pier Luigi Bersani verrebbe di fatto commissariato».
Folli: «Come Amato saprebbe anche lui dare il via a una riconciliazione nella politica. Sarebbe un presidente più politico. E potrebbe influenzare il Partito Democratico, ancora legato a vecchi tabù. In questa chiave il Pd non potrebbe che giovarne dal punto di vista politico».
Romano Prodi
Clementi: «Prodi non sarebbe un candidato di pacificazione. Perché una parte del parlamento, intendo Silvio Berlusconi, non lo voterebbe. Sarebbe il presidente di questi ultimi vent’anni di confronto dell’epoca del maggioritario, del berlusconismo e dell’antiberlusconismo. Diciamo che la sua nomina sarebbe opposta a quella di Amato».
Folli: «Prodi è un candidato che viene osteggiato dal Pdl e da Silvio Berlusconi. Ma secondo me è in parte sbagliato questo calcolo. Perché l’ex presidente del Consiglio è una persona molto dinamica dal punto di vista politico, potrebbe trovare qualche colpo di genio. Faccio notare che nelle ultime settimane Prodi ha proposto diverse volte la modifica della legge elettorale, con il doppio turno alla francese: riforma che mi vede totalmente d’accordo con lui».
Stefano Rodotà
Clementi: «Io credo che non sia neppure un’ipotesi sulla carta. E’ una persona stimabilissima, un grandi professore di diritto, ma a perdere sarebbe la politica e a vincere l’antipolitica».
Folli: «Rodotà sarebbe un custode della Costituzione e difficilmente si potrebbe pensare a un periodo di nuove riforme. Di sicuro ha un grande consenso popolare, molto di più rispetto a tutti gli altri candidati. In particolare a D’Alema e Amato, mentre Prodi ha comunque un suo consenso personale molto ampio».
Outsider come Sabino Cassese
Clementi: «Vale il discorso fatto per Rodotà. Sabino Cassese è una persona di grande esperienza, ma per il nuovo presidente della Repubblica va guardato il profilo politico e non il curriculum».
Folli: «Sabino Cassese è un grande amico di Giorgio Napolitano, quindi potrebbe dare continuità all’ultimo settenato. Non solo. Essendo un grande esperto di diritto amministrativo, profondo conoscitore della macchina dello Stato, potrebbe finalmente dare impulso alle riforme della pubblica amministrazione».
Chi la spunta?
Clementi: «Secondo i miei calcoli decisivi potrebbero essere i voti di Sel che ha già detto che non voterà per Amato, ma per D’Alema».
Folli: «Qui sta il problema vero del voto dei prossimi giorni: se il sistema avrà le capacità di trovare una sintesi oppure è talmente marcio da consegnare il Quirinale a una figura diversa, non politica».