I giornalisti politici italiani hanno la passione di battezzare con nomignoli più o meno fantasiosi correnti e correntine politiche. Un partito plurigemellare come il Pd dà molti spunti alla fantasia. Da un po’ di tempo è invalso l’uso del nome “giovani turchi” per il gruppo (che rappresenterebbe il 4,5% degli eletti) dei bersaniani meno in là con gli anni, opposti a Renzi e su posizioni socialdemocratiche. Sostanzialmente si tratta degli uomini della mozione Rifare l’Italia. Tra di loro il responsabile economico Stefano Fassina, il Responsabile per la Giustizia Andrea Orlando, il Responsabile alla Cultura Matteo Orfini e l’europarlamentare Roberto Gualtieri. Giovani turchi era stato già nome noto alle cronache politiche italiane. Furono chiamati così (inizialmente dalla giornalista Egle Monti) quei giovani democristiani sardi che il 19 marzo 1956 si affermarono a sorpresa nelle elezioni per il direttivo provinciale di Sassari. Tra loro esponenti che avrebbero fatto strada, tra cui Francesco Cossiga e Fancesco Pisanu.
Ma ora la locuzione “giovani turchi” va di traverso agli armeni, che proprio oggi ricordano lo sterminio subìto 98 anni fa proprio ad opera dei turchi. «Chiediamo ai mass media italiani – scrivono in una nota – di non usare più il termine di “giovani turchi” per etichettare una corrente interna al Partito democratico. Si tratta di un’immagine che richiama l’orrore del Metz Yeghern (il Grande Male), il regime di terrore che condusse al genocidio, altro che innovazione radicale politica nel disfacimento dell’Impero ottomano. Nella notte di 98 anni fa, la polizia del governo guidato dal Movimento dei giovani turchi imprigionò e uccise l’intellighentsia armena, giornalisti, scrittori, avvocati, preti, dando il via, tra il 1915 e il 1918, al genocidio armeno».