L’azione di riforma di Francesco entra nel vivo: il Papa ha nominato sabato mattina un gruppo di cardinali – i suoi saggi – che dovrà coadiuvarlo nel delineare la riforma della Curia romana, dei suoi organismi, dei suoi poteri. Il che significa riorganizzazione degli uffici e dei dicasteri, ma soprattutto riduzione della burocrazia, delle competenze, chiusura di alcuni pontifici consigli, e poi una nuova struttura dello Stato: Governatorato e Segreteria di Stato si divideranno tutti i compiti di governo e il Papa resterà capo della Chiesa. Queste le intenzioni di fondo, poi bisognerà vedere come verranno realizzate.
Ma la vera novità sta nei nomi scelti dal Papa argentino per dare vita a un gruppo di lavoro che si riunirà ufficialmente per la prima volta fra l’ 1 e il 3 ottobre a Roma; tuttavia con gli otto porporati prescelti – informava un comunicato della Segreteria di Stato – il Papa è già in contatto. Il che vuol dire che si arriverà alla riunione del prossimo autunno con una bozza di lavoro già pronta a partire dalla quale si potrà procedere poi e un’ulteriore messa a punto della riforma. Anche perché il gruppo di lavoro ha un compito ben preciso, quello di realizzare «un progetto di revisione della Costituzione apostolica Pastor Bonus» cioè il documento approvato da Giovanni Paolo II e risalente al giugno del 1988 con il quale si stabilivano i nuovi assetti della Curia. In particolare si definiva la divisione fra Segreteria di Stato, Congregazioni, Pontifici consigli, tribunali, uffici (per questi ultimi s’intendono la Camera apostolica, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica, la Prefettura degli affari economici della Santa Sede). Nel frattempo, a partire dalla fine di aprile in poi, sono attese la nomina del nuovo Segretario di Stato e di altri importanti incarichi ai vertici del Vaticano.
Il gruppo nominato da Francesco è costituito da Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; Francisco Javier Errazuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile (Cile); Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay (India); Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco (Germania); Laurent Monswengo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo); Sean Patrick O’Malley. arcivescovo di Boston (Stati Uniti); George Pell, arcivescovo di Sidney (Australia); Oscar Andrés Maradiaga Rodríguez, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), che avrà pure la funzione di coordinatore. Nel gruppo figura inoltre anche monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, con funzione di segretario. Semeraro conosce da molti anni Bergoglio. I cardinali rispecchiano in primo luogo un criterio geografico ma non solo, in controluce si possono leggere anche le cordate che hanno sostenuto il nuovo Papa in conclave: nord e sud America, africani, i tedeschi fortemente anticuriali, e poi il cardinale Bertello in rappresentanza di quella parte dei sacri palazzi che ha appoggiato Francesco. Inoltre non si sottovaluti che diversi porporati sono o sono stati a capo degli organismi di coordinamento continentale dei rispettivi episcopati: Marx è presidente del Comece (il Consiglio delle conferenze episcopali europee), Gracias è a capo del Fabc (la Federazione delle conferenze dei vescovi dell’Asia), Errazuriz Ossa ha guidato il Celam (la conferenza episcopale latinoamericana) e Pasinya è stato a capo del Secam (Simposio delle conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar). Manca l’ala che fa capo al cardinale Angelo Sodano, la vecchia guardia diplomatica wojtyliana uscita battuta anche dal conclave.
Dunque l’apertura internazionale è molto forte, il tentativo è quello di garantire, per il futuro, una gestione della Chiesa universale non più solo degli “italiani”. Fra questi ultimi, infatti, si nota il nome del cardinale Bertello che viene da una lunga esperienza diplomatica come nunzio in diversi Paesi dell’Africa e prima ancora in Messico. Il cardinale vede crescere a questo punto le sue chance di diventare presto il nuovo Segretario di Stato; non è l’unico candidato ma obiettivamente la nomina di oggi lo colloca in pole position in quanto è l’unico porporato della Curia prescelto dal Papa, per altro è già presidente del governatorato, cioè dello Stato vaticano. Bertello viene considerato un bertoniano anche se ha una sua forte autonomia rispetto al Segretario di Stato.
La scelta compiuta da Francesco, in ogni caso, rappresenta una rilevante apertura in direzione della collegialità, cioè del governo condiviso della Chiesa universale, per quanto padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, ieri abbia subito spiegato che l’organismo appena creato ha carattere consultivo e non decisionale. Il che non toglie che l’apertura si orizzonti per la Chiesa sia notevole e l’innovazione nel metodo anche. In futuro, per altro, è pure possibile che il Papa stabilisca delle forme di consultazione periodica con i presidenti della conferenze episcopali. Va poi sottolineato che qualcuno dei porporati che fanno parte del gruppo potrebbe presto essere chiamato in Curia per assumere qualche incarico di rilievo. Si parla in particolare del cardinale Sean O’Malley, frate cappuccino, arcivescovo di Boston, l’altro grande papabile americano, e di Oscar Rdriguez Maradiaga, il porporato dell’Honduras cui è affidato il coordinamento del gruppo e che attualmente è anche alla guida di Caritas internationalis.
Significative, infine, le considerazioni compiute da padre Lombardi in merito alla nomina dei cardinali: «Io osserverei anzitutto – ha detto – la data in cui questo comunicato viene pubblicato, ed è un mese esatto dalla elezione di Papa Francesco. Egli ha voluto dare, quindi, il segnale di essere attento a recepire le indicazioni, i consigli, i suggerimenti che i suoi confratelli cardinali hanno dato nel corso delle riunioni plenarie che preparavano il Conclave». Dunque l’elezione di Francesco era collegata anche a una sorta di programma di governo che vedeva la riforma della Curia vaticana al primo punto.