Portineria MilanoLa Lega e il governo: astensione o appoggio esterno?

Maroni davanti al bivio e le poltrone di Copasir e Vigilanza Rai. Il ruolo di Giorgetti

Roberto Maroni è a un bivio. Il segretario della Lega Nord non ha ancora sciolto la riserva sul futuro governo targato Enrico Letta. Lo farà nei prossimi giorni, dopo aver ascoltato le parole del premier incaricato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il governatore della Lombardia ha espresso apprezzamenti per la scelta fatta dal Capo dello Stato. Del resto, Maroni non voleva nè Giuliano Amato nè un altro Mario Monti a palazzo Chigi. Ma ora le strade del Carroccio si sono ristrette a due: l’astensione sul voto di fiducia oppure un appoggio esterno, soluzioni che potrebbero portare entrambe alla presidenza di qualche commissione parlamentare di livello, come Copasir o Vigilanza Rai.

Da quel che filtra da via Bellerio, fortino leghista, Maroni avrebbe già respinto tutte le offerte relative a «possibili ministeri» da parte del Partito Democratico. Non a caso dopo l’incontro con Letta lo ha annunciato: «Non entreremo nella squadra di governo». Non solo. Bobo continua a muoversi con passi molto felpati, osservando le mosse dell’alleato Silvio Berlusconi che nelle ultime ore sta alzando la posta con i democratici.«Non possiamo esporci più di tanto, ma allo stesso tempo non possiamo non starci dopo aver votato per Napolitano», spiega un dirigente di via Bellerio.

Del resto, il nuovo premier, sia per l’età, sia pure per la fede calcistica (tifa Milan come Bobo ndr), sia per alcune convergenze politiche, non può certo essere definito un nemico del Carroccio. Giancarlo Giorgetti e Flavio Tosi sono stati spesso alla kermesse lettiana di VeDrò e la nuova Lega 2.0 ha una classe dirigente di quarantenni che s’intende con l’ex vicesegretario del Pd. Ma Roma resta comunque un avversario per le strategie del blocco del nord e la nascita della macroregione.

Maroni quindi deve mediare, tagliare, scontrarsi, ma anche concedere per ottenere sia il riconoscimento «dell’antico progetto del professor Gianfranco Miglio», sia per avere un governo «con cui interloquire e risolvere i problemi economici dell’Italia». La Lega Nord, sconquassata al suo interno dalle faide con i bossiani, alle prese con una nuova indagine che ha portato in carcere l’ex tesoriere Francesco Belsito, non vuole andare a votare. Si è ripresa durante le elezioni in Friuli Venezia Giulia, ma secondo alcuni quadri di via Bellerio ha un «elettorato» ancora disorientato dall’inserimento di un leghista tra i saggi di Napolitano, ossia Giancarlo Giorgetti.

Le formule con cui uscire da questo rompicapo sono alla fine due. O una astensione sul voto di fiducia per fare un’opposizione «amichevole» che potrebbe mettere i bastoni tra le ruote al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo. Oppure, seconda ipotesi, un appoggio esterno: si vota la fiducia, il governo parte ma poi i provvedimenti saranno valutati caso per caso. In particolare quelli che interessano a Maroni: abbattimento del patto di stabilità, il senato federale e un cambio di passo rispetto al governo Monti.

Nella prima ipotesi i vantaggi sarebbero diversi. «Di certo» ragiona un deputato leghista «con l’astensione potremmo far valere le ragioni del blocco nordista contro il centralismo romano, per un governo che ha i contorni ancora indefiniti e che non vorremmo finisse come quello del professore della Bocconi». E poi, soprattutto, ci sarebbe una spartizione diversa per le due commissioni più importanti: quella alla Vigilanza Rai e il Copasir. Su queste due poltrone vogliono metterci il cappello i grillini. Ma è evidente che se ci fosse anche la Lega all’opposizione la suddivisione potrebbe cambiare. 

Nella seconda ipotesi, con un appoggio esterno, invece la Lega potrebbe far partire il governo, ma non farne parte. Le richieste del Carroccio sono già state poste da Maroni a Pier Luigi Bersani più di un mese fa. C’è appunto il riconoscimento della macroregione, ma c’è pure la presidenza della conferenza Stato Regioni dove ora è seduto Vasco Errani, governatore dell’Emilia Romagna e braccio destro di Bersani, che difficilmente lascerà l’incarico. «Bisogna essere pragmatici. La gente e le imprese attendono» aggiunge. «Pensiamo sia necessario un governo» Taglia corto il senatore del Carroccio Giacomo Stucchi. La Lega insomma ci sarà, ma forse solo a metà.