«Grazie a dio non ho mai avuto bisogno di uno psicanalista, anche se c’è chi cerca sempre di farmi analisi di tutti i tipi…». A tarda sera, mentre in aula si sta votando ancora la fiducia, Pier Lugi Bersani scherza con Linkiesta in Transatlantico e lancia un paio di battute nel giorno in cui il suo ex “vice” Enrico Letta diventa presidente del consiglio di un governo di larghe intese. «Siamo arrivati fino a qui, direi che va bene così. Non ho rimpianti».
Eppure, a due mesi di distanza dalle elezioni, dopo “tutto” quello che è successo, fa un certo effetto vedere l’ex segretario del Partito democratico senza cravatta scherzare con i giornalisti, deputati di opposizione e perfino ragionare per almeno un quarto d’ora di birre artigianali. Sì proprio di «bionde». Lo ha fatto nel primo pomeriggio nell’aula fumatori di Montecitorio: mentre assaporava un sigaro toscano ha discusso con un giornalista di come premiare con nuove leggi gli artigiani della birra in Italia. Più sciolto, sollevato dalle preoccupazioni. È apparso un altro il segretario.
Ma non c’è stata solo la birra, vecchia passione di Bersani, a contrassegnare una giornata che forse sarà ricordata pure per un sondaggio commissionato dal TgLa7 tra gli italiani su chi vorrebbero come premier. Il risultato è questo. Oggi il 59% dei cittadini (il 41% non ha risposto segno che l’astensionismo è ancora forte ndr) vede al primo posto ancora Matteo Renzi con il 22%, il “nemico” di sempre, seguito da Enrico Letta al 13%, Stefano Rodotà al 9% e Silvio Berlusconi al 7 per cento.
Angelino Alfano, Emma Bonino e Anna Maria Cancellieri avrebbero a pari merito il 5% dei consensi, Beppe Grillo e Gianni Letta otterrebbero il 4%, Laura Boldrini e Romano Prodi il 3%. Mario Monti, Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola e Flavio Tosi avrebbero ciascuno il 2 per cento. Insomma come Monti, senza aver nemmeno governato. E se il consenso è sceso in picchiata negli ultimi giorni, all’ex segretario non sembra importare più di tanto. O comunque pare passarci sopra.
In Transatlantico ci sono Stefano Di Traglia e Chiara Geloni, i suoi angeli custodi della comunicazione. Sarà proprio lei, la direttrice di Youdem, a twittare nel primo pomeriggio una delle foto più suggestive della giornata. Quella dove Letta stringe la mano a Bersani. Per alcuni è un passaggio di testimone, suggellato soprattutto dai riferimenti che lo stesso presidente del Consiglio ha fatto nel suo discorso per la fiducia.
RT “@lascherillo La lealtà @pbersani e @enricoletta twitter.com/lascherillo/st…“
— chiara geloni (@lageloni) 29 aprile 2013
Del resto, le prime parole del giovane premier sono state un doppio ringraziamento: al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «per lo straordinario spirito di dedizione alla nostra comunità nazionale» e al segretario dimissionario del Pd Pier Luigi Bersani che «con generosità e senso antico della parola lealtà mi sostiene anche in questo difficile passaggio».
Proprio in quell’occasione Bersani si è commosso. E dopo ha ringraziato pure Roberto Speranza, il “suo” giovane capogruppo alla Camera quando nel discorso ha detto: «Al nostro leader va tutta la nostra gratitudine». È un leader “sconfitto” Bersani, come sghignazza sornione qualche esponente di centrodestra, ma rimane un punto di riferimento importante per tutto il partito. Non è sempre un caso che per tutta la giornata della fiducia alla Camera in tanti gli si siano avvicinati per salutarlo, tra saluti e strette di mano. Poi baci a giornalisti e giornaliste. E uno stile più casual, “senza la solita cravatta viola” fa notare qualcuno, da farlo quasi sembrare un ragazzino alle prime armi in parlamento.
Ma per capire l’importanza che Bersani avrà nel partito basta seguire il dibattito interno al Pd di questi giorni. Il caos in via del Nazareno, con la corsa alla segreteria, lo scontro sulle nomine nelle commissioni e nei ministeri per i posti da sottosegretari, è difficile da arginare. Ma l’ex segretario continua a essere un faro per i suoi.
C’è chi ormai lo dice apertamente tra gli ex Margherita: «Serve un segretario di sinistra», quasi a voler rievocare ancora il nome di Bersani. L’uomo forte che circola in queste ore è Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, che potrebbe riequilibrare nel Pd lo sbilanciamento della componente centrista al governo. E sempre ieri, in Transatlantico, Epifani e Bersani si sono visti. Hanno scherzato.
Durante l’assemblea dei parlamentari democratici l’ex presidente del Consiglio incaricato dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano non ha parlato. Ha lasciato parlare proprio Epifani ormai lanciato verso una reggenza a tempo dentro i democratici. Pier Luigi «gli starà accanto» dice un democratico di rango.