Pedofilia, la tolleranza zero di Papa Francesco

Il primo atto di governo di Bergoglio è un giro di vite contro gli abusi sui minori

Francesco compie il primo atto di governo tanto atteso dentro la Chiesa e nell’opinione pubblica, ma non è quello che in molti si aspettavano. Il Papa ha cominciato mettendo mano a uno degli scandali più gravi che hanno investito la Chiesa negli ultimi anni: quello degli abusi sessuali. Dal Vaticano è stato diffuso un comunicato che suona come l’inizio di una nuova e decisa campagna contro la pedofilia. Peraltro, del compito è stato incaricato il dicastero che ha forse maggior peso specifico in assoluto nella geografia vaticana, oltre alla competenza specifica del problema: quello della Congregazione per la dottrina della fede.

Di più: su questo punto Bergoglio ha voluto affermare la propria continuità con l’azione avviata dal suo predecessore Benedetto XVI. Il precedente papa aveva scoperchiato il pentolone degli scandali e avviato una faticosa azione di pulizia interna che, però, ha incontrato nel corso degli anni anche numerosi ostacoli e oppositori. Non va dimenticato, poi, che la questione abusi è entrata con prepotenza anche nel conclave, lasciando ulteriormente disorientati i fedeli e l’opinione pubblica. Ma andiamo con ordine.

Nella mattina di venerdì il Pontefice si è incontrato con il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’arcivescovo tedesco Gerhard Ludwig Müller. Nell’occasione il Pontefice «ha raccomandato in particolar modo che la Congregazione, continuando nella linea voluta da Benedetto XVI, agisca con decisione per quanto riguarda i casi di abusi sessuali, promuovendo anzitutto le misure di protezione dei minori, l’aiuto di quanti in passato abbiano sofferto tali violenze, i procedimenti dovuti nei confronti dei colpevoli, l’impegno delle Conferenze episcopali nella formulazione e attuazione delle direttive necessarie in questo campo tanto importante per la testimonianza della Chiesa e la sua credibilità». Quindi, «il Santo Padre ha assicurato che nella sua attenzione e nella sua preghiera per i sofferenti le vittime di abusi sono presenti in modo particolare».

Se in molti nei sacri palazzi attendevano con ansia le prime mosse del nuovo Pontefice, questo è un colpo che fa capire in quale direzione si va. Chi appare coinvolto in vicende che hanno messo in discussione la credibilità della Chiesa potrebbe non dormire sonni tranquilli d’ora in poi. E non solo in relazione alla vicenda della pedofilia. Il testo è asciutto, breve, ma preciso nei contenuti per chi ha familiarità con i punti dolenti della vicenda. In primo luogo, si fa riferimento alle vittime. Poi si chiede esplicitamente che i procedimenti «nei confronti dei colpevoli» proseguano, quindi all’ex Sant’Uffizio si indica la necessità di verificare l’impegno concreto delle conferenze episcopali e la loro adesione «alle direttive» stabilite dalla stessa Congregazione per la dottrina della fede. E qui, a tremare, sono le conferenze episcopali che hanno messo in campo delle linee guida incerte o non le hanno approvate affatto. Nel primo caso rientra la conferenza episcopale italiana.

Nel maggio del 2012 la Cei – come gli altri episcopati del mondo – produsse, su richiesta del Vaticano, alcune linee guida per i casi di abuso sessuale. Apparvero eccessivamente sbilanciate nel trattare il tema delle garanzie e delle tutele per il sacerdote accusato delle violenze sui minori; assai poco si diceva su altri temi, più delicati, come quello della collaborazione con la giustizia civile. Di fronte alle critiche, provenienti anche dall’intero del Vaticano, la Cei, attraverso il Segretario generale monsignor Mariano Crociata, affermò nel settembre scorso: «Da parte nostra c’è la totale disponibilità ad accogliere suggerimenti successivi della Congregazione per la dottrina della fede per dare ancora maggior impulso all’impegno in questo senso della Chiesa a partire dal Papa».

Dunque è possibile che i vescovi italiani presto dovranno intervenire sul testo che avevano a suo tempo approvato. Fra l’altro, nel nostro Paese sono emersi progressivamente (e continuano a venire alla luce) numerosi episodi di abuso che, col venir meno delle paure, dei tabù e della cultura dell’omertà, sempre più spesso arrivano davanti alla magistratura, all’opinione pubblica o al vescovo. Del resto, negli ultimi 13 anni, la vicenda pedofilia ha tormentato quasi a ogni latitudine la Chiesa cattolica e, se in un primo tempo esplose il fronte americano dello scandalo a partire dalla diocesi di Boston, il problema ha poi travalicato confini continentali e nazionali.

La questione pedofilia ha infine fatto il suo ingresso in conclave. Sono diversi i casi che hanno scosso la Chiesa appena prima dell’inizio delle riunioni dei cardinali a Roma; a cominciare da quello dell’arcivescovo emerito di Los Angeles, Roger Mahony, con alle spalle una lunga vicenda di insabbiamenti relativi a decine di casi di abuso commessi da numerosi sacerdoti. Peraltro, a un certo punto, lo stesso Mahony spiegò – per difendersi – di aver chiesto consiglii al Vaticano negli anni ’90 per far fronte allo scandalo. Ma non ricevette risposta.

Al caso di Los Angeles è legato quello di Città del Messico, la metropoli di cui è arcivescovo il cardinale Norberto Rivera Carrera. In passato Rivera Carrera venne accusato di aver coperto casi di abuso e di aver accolto sacerdoti accusati di pedofilia fuggiti dalla diocesi di Los Angeles con il placet delle autorità ecclesiastiche. E ancora, è stato chiamato in causa lo stesso arcivescovo di New York, Timothy Dolan, questa volta con accuse sui risarcimenti ricevuti dalle vittime in una diocesi, quella di Milwaukee, di cui Dolan era stato vescovo in passato.

C’è poi l’irlandese cardinale di Armagh, Sean Brady, che ha riconosciuto di aver contribuito a coprire una storia di abuso sessuale negli anni ’70. Un altro episodio, forse il più clamoroso, è stato quello del cardinale Keith O’Brien, arcivescovo di Edimburgo che, accusato di essere stato egli stesso un molestatore, ha dovuto rinunciare alla partecipazione al conclave.

È stato quello il momento in cui si è capito che lo scandalo sessuale rischiava di travolgere la Chiesa; se l’accusa di abusi poteva determinare chi entrava e chi no in conclave, era chiaro che nessuna minimizzazione era più possibile. E anche all’interno del Vaticano, in questi anni, ci sono stati almeno due partiti che si sono confrontati: quello a sostegno della teoria del complotto “esterno” contro la Chiesa e il gruppo di cardinali, prelati e funzionari convinti che la stampa, nonostante tutto, abbia giocato un ruolo positivo nel mettere in luce una piaga interna alla Chiesa. La spinta alla pulizia – grazie soprattutto ai porporati non curiali – ha avuto la meglio, il comunicato di papa Francesco sembra, su questo, non lasciare molto spazio a dubbi.  

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