Un Partito democratico diviso in due. Tra chi vuole portare avanti le riforme con il governo di Enrico Letta e chi invece vuole ristrutturare il partito e andare a votare il prima possibile, persino in questo autunno. Tra governativi e antigovernativi. Tra chi pensa che il Pd possa correre sulle proprie gambe e chi invece, come Enrico Letta e Dario Franceschini, ritiene che tutto debba passare con il voto favorevole del Popolo della Libertà. Nel giorno in cui la mozione di Roberto Giachetti per abolire il porcellum fallisce alla Camera nel Pd si consuma l’ennesimo strappo, dagli esiti ancora imprevedibili. Su quella mozione infatti i democratici vanno alla conta e si dividono con il capogruppo Roberto Speranza costretto a invitare i deputati a votare contro a metà pomeriggio.
Ma qualcosa è cambiato nel Pd. Lo dimostra l’attivismo di una nuova triade e dalla nascita di una nuova corrente, formata da Massimo D’Alema, Matteo Renzi e Walter Veltroni, con il benestare di Romano Prodi.
«Il governo va sostenuto con lealtà, ma può accadere, anche per circostanze difficilmente valutabili, che questo equilibrio possa entrare in crisi, non credo che il Paese possa essere sospinto alle elezioni con questa legge elettorale», ammette D’Alema. E lo fa in virtù di un patto segreto che avrebbe stipulato qualche settimana fa proprio con il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Lo schema dei due sarebbe questo: Gianni Cuperlo nuovo segretario e il giovane rottamatore candidato premier. Del resto, le parole di D’Alema arrivano dopo l’ennesima entrata a gamba tesa di un rinvigorito Pier Luigi Bersani: «Renzi è una personalità, ha freschezza, un’intelligenza rapida, penso sia una personalità estremamente utile», ha detto l’ex segretario. «Poi ci sono cose che non condivido, come alcuni metodi che vengono venduti come nuovi ma mi sembrano rimasticature di cose viste negli anni Novanta».
«Una dichiarazione infelice», l’hanno definita al quartier generale di Palazzo Vecchio. E anche chi, come D’Alema non è stato direttamente colpito dall’affermazione, pare non abbia compreso «il senso dell’affermazione», e, sopratutto, avrebbe definito l’uscita dell’ex segretario «gratuita». Ormai il big sponsor di Bersani al congresso democrat del 2009 – ci riferiamo a D’Alema – non ha più alcun rapporto politico e personale con il leader di Bettola. «Ieri a Ballarò Bersani avrebbe dovuto fare un mea culpa sui 55 giorni di passione prima della nascita del governo Letta. Non intestarsi la vittoria del centrosinistra alle amministrative, e tutelare Epifani», sbotta un parlamentare di rito dalemiano.
Il lìder maximo starebbe lavorando a una nuova corrente del Pd, ribattezzata “anti-governativi“, all’interno della quale confluirebbero renziani, veltroniani, movimentisti alla Pippo Civati, ed ex prodiani come Sandro Gozi. E il primo segnale sarebbe arrivato stamani quando Giachetti ha depositato la mozione antiporcellum che impegna la Camera a ripristinare il Mattarellum. Fra i firmatari, oltre alla scialuppa di renziani, Bonafè, Gelli, Rughetti, Boschi e altri, si annovera la presenza di parlamentari veltroniani come Walter Verini, e di Marianna Madia, voluta nel 2008 da Veltroni ma da un paio di anni vicinissima a D’Alema.
È una mozione che ha scatenato le ire dei vertici dello stato maggiore del Pd, ad esempio di Anna Finocchiaro, e che nel pomeriggio sarebbe stata messa ai voti e bocciata dal gruppo parlamentare Pd. Ma Giachetti non ne ha voluto sapere di ritirarla: «Non ritiro la mozione. Letta me lo ha chiesto in Aula in modo dialogico e io in maniera altrettanto dialogica dico che non ritiro la mozione». Ecco perché c’è chi legge dietro la mozione di Giachetti l’attivismo di Matteo Renzi. Un sindaco di Firenze super operativo in queste ore, che già stasera sarà protagonista della trasmissione condotta da Lilli Gruber, Otto e mezzo. E da domani sarà in tour con il libro Oltre la Rottamazione presentato dieci giorni al Salone del Libro di Torino.
Ma un parlamentare bersaniano, che ancora oggi dialoga con D’Alema, minimizza sull’esistenza della nuova corrente che potrebbe scompaginare Largo del Nazareno: «Non darei così per certa questa corrente. D’Alema è un artista in questa fase in cui ci sono nomine in ballo». Chiaro.
Di certo, dopo la mozione Giachetti, il quadro tra i democratici cambia. E le riforme del governo paiono ormai sempre più ancorate alle decisioni dei democratici. In particolare a un gruppo di 43 deputati del Pd che solleva dubbi sul modus operandi dei Letta. Non solo Enrico, ma sopratutto Gianni.
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