Il governo taglia i soldi ai partiti, ma senza fretta

Approvato il ddl che rivede il finanziamento pubblico

Il governo Letta mantiene la parola e abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. Senza troppa fretta. Il Consiglio dei ministri che si è concluso verso l’ora di pranzo ha approvato le nuove regole.

Addio rimborsi elettorali. La politica sarà finanziata con contribuzioni volontarie dei cittadini. Erogazioni fiscalmente detraibili in base all’entità della donazione. Il 52 per cento per le somme fino a 5mila euro, il 26 per cento fino a 10mila. Non solo. Appena la norma entrerà in vigore i partiti potranno ricevere altri fondi attraverso il sistema del due per mille. Anche stavolta saranno i cittadini a scegliere, con la dichiarazione dei redditi. Denaro e servizi. Spetterà allo Stato mettere gratuitamente a disposizione spazi per l’attività politica – se ne occuperà l’Agenzia del Demanio – e servizi per la comunicazione.

Tutto senza particolare urgenza. Il provvedimento viene inserito in un disegno di legge. Una volta presentato alla Camere, il nuovo sistema dovrà quindi passare il vaglio dei partiti. Commissioni, Aule, emendamenti, navette parlamentari. Una procedura che rischia di allungare a dismisura i tempi. Anche considerando che il giudizio in merito di molti leader politici non è affatto positivo.

A Montecitorio e Palazzo Madama si sta saldando un asse contrario al provvedimento. I tesorieri di Pd e Pdl hanno già fatto sapere che la misura, se approvata in questo modo, rischia di pesare oltremodo sulle spalle dei partiti. Per l’ex capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto il rischio è quello di passare «da un estremo all’altro». Da un eccesso di finanziamento a un taglio totale dei contributi pubblici alla politica. Molti parlamentari sono già pronti a sollevare la questione in commissione. E tra un emendamento e l’altro c’è la concreta possibilità che il testo sia profondamente rivisto durante il passaggio parlamentare.

Non è l’unico motivo di preoccupazione. Come anticipato da alcuni ministri all’uscita di Palazzo Chigi, il disegno di legge approvato oggi è stato licenziato con la formula “salvo intese”. Evidentemente anche all’interno del governo l’accordo non è stato unanime. Mancano alcuni particolari da definire. «Non è stato fissato niente – spiega la titolare dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo ai cronisti presenti – C’è una riserva. C’è ancora una discussione in atto e soprattutto sarà il Parlamento che dovrà decidere».

Fa discutere la gradualità con cui è stato deciso di rendere effettivo il taglio dei finanziamenti. Per andare a regime saranno necessari almeno tre anni. Il finanziamento sarà ridotto al 60 per cento per il primo anni, al 50 per cento per il secondo e al 40 per cento per il terzo. Solo in seguito sarà abolito del tutto. Crea qualche polemica anche l’articolo “anti-Grillo”. Per poter accedere ad agevolazioni ed incentivi, i partiti dovranno dimostrare un minimo tasso di trasparenza e democrazia interna. Si richiede, tra le altre cose, la presenza di uno statuto e della certificazione dei propri bilanci. I più maliziosi sono convinti la norma abbia un unico obiettivo: l’esclusione del Movimento Cinque Stelle dalle agevolazioni.