Il monito di Papa Bergoglio: “Riformiamo la finanza”

Francesco si è scagliato contro corruzione ed evasione

«Mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole». Papa Francesco ha toccato i temi della crisi economica mondiale e delle sue conseguenze, mettendo in luce un elemento del suo magistero destinato ad avere forte rilevanza nel futuro del pontificato.

L’intervento del Pontefice si è svolto in una cornice non casualmente formale, la presentazione da parte di cinque nuovi ambasciatori presso la Santa Sede delle loro credenziali: Kyrgyzstan, Antigua e Barbuda, Lussemburgo, Botswana. Paesi forse di non primissimo piano sulla scena internazionale, ma quel che contava era il contesto diplomatico che ha dato una veste universale all’intervento di Bergoglio.

Non solo: è stato lo stesso padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, a precisare che si trattava di un discorso certamente non occasionale e al quale anzi il Papa teneva in modo specifico. «Un discorso molto suo», ha precisato Lombardi. Del resto l’attenzione alla dimensione sociale dei problemi e della missione della Chiesa faceva già parte del bagaglio dell’arcivescovo di Buenos Aires e in varie occasioni il Papa aveva già in questi primi due mesi sollevato i temi della giustizia, dell’attenzione ai più deboli, di un rinnovato impegno della Chiesa in favore dei deboli.

Il Papa ha prima compiuto un’analisi severa e allarmata della situazione: «Va riconosciuto – ha affermato il Pontefice – che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo continuano a vivere in una precarietà quotidiana con conseguenze funeste. Alcune patologie aumentano, con le loro conseguenze psicologiche; la paura e la disperazione prendono i cuori di numerose persone, anche nei Paesi cosiddetti ricchi; la gioia di vivere va diminuendo; l’indecenza e la violenza sono in aumento; la povertà diventa più evidente. Si deve lottare per vivere, e spesso per vivere in modo non dignitoso».

Se questi sono i segni di un degrado diffuso, Francesco ha posto subito il problema delle cause: «Una delle cause di questa situazione, a mio parere – ha detto – sta nel rapporto che abbiamo con il denaro, nell’accettare il suo dominio su di noi e sulle nostre società». E ancora: «Oggi l’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare». È quindi urgente recuperare quello che lo stesso Pontefice ha definito «il tesoro dei poveri», ovvero «la solidarietà». 

Le questioni sollevate oggi dal Pontefice hanno dunque un carattere ampio. Francesco si è rivolto ai governanti invocando una nuova etica, capace anche di guardare a Dio, un’etica non ideologica, che sappia però trovare nuovi equilibri fra politica e finanza, fra governi e mercati, affinché il “denaro” non diventi il padrone di ogni scelta e decisione. Anche perché così facendo si producono ingiustizie, infelicità e precarietà. Per altro Bergoglio ha toccato pure temi come l’evasione fiscale al corruzione che pure hanno una particolare eco nel nostro Paese. 

«L’indebitamento e il credito – ha affermato il vescovo di Roma – allontanano i Paesi dalla loro economia reale e i cittadini dal loro potere d’acquisto reale. A ciò si aggiungono, oltretutto, una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista che hanno assunto dimensioni mondiali. La volontà di potenza e di possesso è diventata senza limiti». In questo contesto il Pontefice ha rilanciato il ruolo della fede che può essere riferimento per i gravi problemi determinati da una crisi finanziaria e sociale globale che non accenna a diminuire.

«Dietro questo atteggiamento – ha infatti spiegato il Papa – si nasconde il rifiuto dell’etica, il rifiuto di Dio. Proprio come la solidarietà, l’etica dà fastidio! È considerata controproducente: come troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere; come una minaccia, perché rifiuta la manipolazione e la sottomissione della persona». L’etica è considerata un problema «perché conduce a Dio, il quale si pone al di fuori delle categorie del mercato. Dio è considerato da questi finanzieri, economisti e politici, come non gestibile, addirittura pericoloso perché chiama l’uomo alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da ogni genere di schiavitù». Al contrario, «l’etica – un’etica non ideologica naturalmente – permette, a mio parere, di creare un equilibrio e un ordine sociale più umani». Da qui l’appello ai governanti e agli esperti di finanza affinché prendano in considerazione «le parole di san Giovanni Crisostomo: “Non condividere con i poveri i propri beni è derubarli e togliere loro la vita. Non sono i nostri beni che noi possediamo, ma i loro”».

A partire da questo ragionamento il Papa ha proposto una riforma della finanza internazionale che si trasformi ponendo al centro del proprio agire principi non puramente speculativi. «Cari ambasciatori – ha detto in proposito Bergoglio – sarebbe auspicabile realizzare una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti». Ma certo una simile trasformazione «richiederebbe un coraggioso cambiamento di atteggiamento dei dirigenti politici. Li esorto ad affrontare questa sfida, con determinazione e lungimiranza, tenendo conto naturalmente della peculiarità dei loro contesti». Ma la bussola che deve indicare il cammino resta la stessa: «Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri; ma il Papa ha il dovere, in nome di Cristo, di ricordare al ricco che deve aiutare il povero, rispettarlo, promuoverlo. Il Papa esorta alla solidarietà disinteressata e a un ritorno dell’etica in favore dell’uomo nella realtà finanziaria ed economica». 

Lungo questo cammino la Chiesa intende fare la sua parte: essa infatti «ricorda che il bene comune non dovrebbe essere una semplice aggiunta, un semplice schema concettuale di qualità inferiore inserito nei programmi politici. La Chiesa incoraggia i governanti ad essere veramente al servizio del bene comune delle loro popolazioni». Quindi «esorta i dirigenti delle realtà finanziarie a prendere in considerazione l’etica e la solidarietà. E perché non potrebbero rivolgersi a Dio per ispirare i propri disegni? Si formerà allora una nuova mentalità politica ed economica che contribuirà a trasformare la dicotomia assoluta tra la sfera economica e quella sociale in una sana convivenza». 

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