Attento a non scontentare nessuno, un occhio al manuale Cencelli e uno alla sua fragile maggioranza, il premier Enrico Letta chiude in anticipo la squadra di governo. Ai 21 ministri già a lavoro da una settimana si aggiungono stasera altri 40 tra sottosegretari (30) e viceministri (10) . Berlusconiani, democrat, montiani, esponenti del governo uscente. Ce n’è per tutti i gusti e tutte le correnti (o quasi). Dopotutto l’improvvisa accelerata che Letta ha voluto dare alle nomine nasce proprio dal timore di scontentare qualcuno. L’investitura dei nuovi era attesa tra venerdì pomeriggio e l’inizio della prossima settimana. Per evitare che le lunghe trattative e il crescente malcontento potessero sfuggire di mano, il presidente del Consiglio ha deciso di anticipare: convocando a sorpresa il Cdm già stasera.
Ovviamente il Partito democratico è il più rappresentato. Oltre la metà dei nominati sono di area Pd. Tanti esponenti democrat attesi, altri meno. I deputati Pd Giovanni Legnini e Sesa Amici raggiungono Letta alla Presidenza del Consiglio. Carlo Dell’Aringa al Lavoro e Giampiero Bocci agli Interni. Alla Giustizia va l’ex parlamentare Giuseppe Beretta, che a Largo Arenula affiancherà il magistrato Cosimo Ferri. Mentre il segretario lombardo Maurizio Martina è stato scelto per le Politiche Agricole e l’Expo (incarico anticipato da Letta durante il suo primo discorso in Parlamento).
Alcuni ministeri sembrano organizzati con il bilancino. Le poltrone sono state assegnate in perfetto equilibrio tra centrodestra e centrosinistra. Merito anche del lungo incontro che nel pomeriggio Letta ha avuto con il braccio destro del Cavaliere Denis Verdini. L’Economia, ad esempio. Le nomine di via XX Settembre sono il frutto di un difficile e delicato compromesso: i viceministri saranno Stefano Fassina (Pd) e Luigi Casero (Pdl). I sottosegretari Pierpaolo Baretta (Pd) e Alberto Giorgetti (Pdl).
La Difesa era andata al montiano Mario Mauro? Ecco due sottosegretari a rappresentare le altre anime della maggioranza: l’esponente democrat Roberta Pinotti e il Pdl Gioacchino Alfano. Stessa sorte alla Farnesina. Qui la suddivisione delle poltrone è scientifica. Tre viceministri: Lapo Pistelli (Pd), Bruno Archi (Pdl, già consigliere diplomatico del Cavaliere) e Marta Dassù (già presente con il governo tecnico). E un sottosegretario, Mario Giro, esponente della Comunità di Sant’Egidio, quindi vicino all’ex ministro Riccardi.
E poi gli highlander della politica. Nel governo Letta tornano vecchi protagonisti di epoche mai tramontate. Gianfranco Miccichè, ad esempio. Stavolta sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Pubblica amministrazione e Semplificazione. Ma il nome più noto è senza dubbio quello di Antonio Catricalà, già uomo di Letta (Gianni), presidente Antitrust, sottosegretario a Palazzo Chigi durante il governo Monti. Oggi viceministro allo Sviluppo economico. Un recordman.
Certo, Monti non si può lamentare. Nonostante il deludente risultato elettorale, gli uomini vicini al Professore non mancano neppure in questo governo. Un dicastero su tutti: lo Sviluppo economico. Qui i due viceministri sono Antonio Catricalà e Carlo Calenda (Italia Futura). E poi c’è spazio per l’Udc Gianluca Galletti all’Istruzione e per la deputata di Scelta Civica Ilaria Borletti Buitoni ai Beni Culturali.
La politica aveva assicurato di voler chiudere la parentesi del governo tecnico. Eppure di quell’esperienza restano diversi protagonisti. Cinque, per l’esattezza: la Dassù agli Esteri, Catricalà e Claudio De Vincenti allo Sviluppo Economico, Cecilia Guerra al Lavoro, Marco Rossi Doria all’Istruzione. A questi vanno aggiunti l’ex titolare della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi, Anna Maria Cancellieri ed Enzo Moavero Milesi già inseriti nell’esecutivo da Letta una settimana fa. La rivincita di Mario Monti.
La lista dei sottosegretari prosegue. Il “saggio” Filippo Bubbico, estromesso dalla prima tornata di nomine, rientra stasera da viceministro all’Interno. Era atteso anche il sindaco Pd di Salerno Vincenzo De Luca, nominato viceministro alle Infrastrutture e Trasporti. Hanno trovato spazio alcune agguerrite parlamentari berlusconiane. Micaela Biancofiore dirigerà da sottosegretario le Pari Opportunità. La senatrice Simona Vicari va allo Sviluppo Economico. Jole Santelli si occuperà di Lavoro.
Tre i renziani presenti. Non c’è Roberto Reggi, come molti prevedevano. Entrano al governo, invece, il magistrato Domenico Manzione, sottosegretario agli Interni e fratello del capo dei vigili di Palazzo Vecchio. Il giornalista Erasmo D’Angelis, presidente di Publiacqua Toscana. E la responsabile dei rapporti istituzionali di Autostrade, Simonetta Giordani, sottosegretario ai Beni e Attività Culturali.
Inevitabile la conta dei trombati. Nelle ultime ore era dato quasi per certo l’ingresso al governo di due ex parlamentari Pdl. Osvaldo Napoli e Maurizio Paniz. In particolare sembra che quest’ultimo, vicino alla Giustizia, sia stato scartato all’ultimo. Le berlusconiane Mara Carfagna, Daniela Santanchè, Maria Stella Gelmini e Stefania Prestigiacomo restano senza poltrona. E adesso entrano in competizione per diventare vicepresidente della Camera (in sostituzione del ministro Mauirizio Lupi). L’ex presidente della Regione Lazio Renata Polverini nel pomeriggio ha incontrato il Cavaliere. Per molti era il segno che sarebbe finita al governo – al Welfare – E invece niente da fare anche per lei.
Il totonomine di questi giorni aveva assegnato un posto sicuro ai democrat Cesare Damiano e Marianna Madia. Entrambi vicini al Lavoro. E al renziano Ermete Realacci, all’Ambiente. Sono rimasti anche loro a bocca asciutta. Nelle prossime ore i dispiaceri e le recriminazioni aumenteranno. Nel Pd come nel Pdl. Martedì i più fortunati potranno conquistare la presidenza di una commissione. Gli altri dovranno aspettare la prossima legislatura.