La colpa del debito è della crisi non dell’austerità

Per Fassina il rapporto debitoPil è passato «dal 60 al 90%». Sbaglia

In una recente intervista, il vice ministro dell’Economia Stefano Fassina ha dichiarato che l’austerità «ha fatto salire i debiti pubblici in Europa dal 60 al 90 per cento del Pil».

«Bisogna cambiare completamente rotta rispetto alla linea mercantilista dell’austerità. Prendere atto che essa, a livello europeo, ha prodotto recessione, raddoppio della disoccupazione e un fortissimo aumento del debito pubblico che mediamente è passato dal 60% a oltre il 90% del prodotto interno lordo»

Quella del vice-ministro è un’opinione diffusa. Ma non è confermata dai dati Eurostat disponibili.

Fonte: Eurostat

I debiti pubblici sono esplosi con la crisi

Alla fine del 2007, cioè prima della crisi attuale, il debito pubblico era mediamente il 66,4 per cento del Pil nei 17 paesi della zona euro. I debiti pubblici della Germania e della Francia erano vicini alla media euro. L’Italia aveva un debito già superiore al 100 per cento del Pil, pari al 103 per cento del Pil.

Già nel 2010, tuttavia, il debito dei paesi dell’eurozona era salito di quasi 20 punti percentuali, fino all’85,4 per cento del Pil. E fino al 2010 di austerità non si era visto molto, almeno nei più grandi paesi dell’eurozona. Erano gli anni in cui il ministro Tremonti si vantava di non aver fatto macelleria sociale. In effetti, a seguito della crisi 2008-09 e del drammatico crollo dei fatturati aziendali del 2009, un po’ ovunque – molto meno in Italia – sono stati messi in pratica massicci salvataggi con fondi pubblici e sono stati attuati aumenti di spesa pubblica non coperti da paralleli aumenti di imposta, il che, insieme con il crollo della crescita, ha accresciuto deficit e debiti in rapporto al Pil. E così, tra il 2007 e il 2010, in Germania, Francia e Italia il debito è salito di circa 17 punti, fino ad arrivare all’82 per cento del Pil in Francia e Germania e al 119 per cento in Italia.

L’austerità fiscale ha inciso poco sui debiti

L’austerità fiscale è entrata davvero nei bilanci pubblici dei grandi paesi europei a partire dai dati 2011. L’austerità fiscale aveva l’obiettivo di frenare l’aumento del numeratore del rapporto debito-Pil, ma ha anche prodotto effetti negativi – di entità superiore alle attese dei più e soprattutto del Fondo Monetario – sul denominatore del rapporto. Il risultato è che, dal 2010 il debito pubblico nell’area euro nel suo complesso è salito mediamente di cinque punti percentuali, dall’85,4 al 90,4 per cento di fine 2012. In Germania il debito pubblico in rapporto al Pil si è fermato a quota 82, in Francia è salito a 90 mentre in Italia è esploso al 127 per cento del Pil. Nei bilanci di tutti i paesi pesa l’austerità fiscale che ha contribuito, assieme all’incertezza sulle prospettive future, a far scendere il Pil e a causare o almeno peggiorare la recessione 2011-12. Ma sull’accumulo di debito pubblico pesano anche, e per parecchi punti di Pil, i salvataggi europei nei confronti dei paesi indebitati come Grecia, Portogallo e Irlanda. Ad esempio, per l’Italia, il costo dei contributi al fondo salva-stati è stato pari al 2,7 per cento del Pil nel solo 2012.

In sintesi, al contrario di quanto afferma il vice ministro dell’Economia, l’aumento di 24 punti nel rapporto debito-Pil nell’euro zona rispetto ai livelli pre-crisi ai livelli di oggi è spiegato per circa quattro quinti dalla crisi 2008-09 che ha fatto crollare il Pil di tanti paesi europei e dalle risposte keynesiane alla crisi post Lehman – legittime ma costose in termini di finanza pubblica – e solo per un quinto – o meno – dalle politiche di austerità fiscale che sono state adottate più di recente. Non è stata l’austerità fiscale ma la crisi economica a far esplodere il debito pubblico dell’Europa. Le politiche di austerità e i loro effetti recessivi sono arrivate dopo, per mettere una pezza forse inevitabile ma poco riuscita su un buco che stava diventando troppo grande.

*insegna Scenari Economici presso l’Università di Parma. È anche docente nel programma MBA della SDA Bocconi. Ha svolto attività di consulenza per la Banca Mondiale, la Commissione Europea e il Ministero dell’Economia. La sua attività di ricerca riguarda la relazione tra le riforme dei mercati, l’adozione delle nuove tecnologie e l’andamento della produttività aziendale e settoriale in Italia, Europa e Stati Uniti. Il suo libro più noto è Centomila punture di spillo (scritto con Carlo De Benedetti e Federico Rampini, Mondadori 2008). Scrive sul Corriere della Sera.

Articolo originariamente pubblicato su lavoce.info con il titolo È la crisi, non l’austerità la causa dei debiti pubblici

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