La solidità del matrimonio tra Fondiaria Sai e Unipol è il casus belli, ma la lotta intestina che si sta consumando all’interno della Consob riguarda, in ultima istanza, il ruolo “politico” del cane da guardia del mercato dei capitali italiano. Sull’operazione indagano due procure, Milano e Torino, mentre è attesa dagli operatori sia la valutazione del portafoglio derivati da parte dell’ufficio analisi quantitative dell’authority guidata da Giuseppe Vegas, sia quella sulla congruità dei concambi in rapporto alla situazione patrimoniale delle due compagnie. Compito, quest’ultimo, affidato all’Ivass, nata dalle ceneri dell’Isvap e ora sotto l’ombrello della Banca d’Italia, che avrà tempo fino a fine luglio per esprimersi in merito.
La scorsa settimana, dopo le dichiarazioni al vetriolo sulla solidità patrimoniale del gruppo bolognese – «criticità mai sanate» – la Consob ha aperto un fascicolo per aggiottaggio informativo nei confronti di Giulia Ligresti, ex presidente di Premafin, la holding di famiglia che fino all’estate scorsa controllava Fondiaria Sai. Secondo la figlia di Don Salvatore, la fusione sarebbe «destinata a naufragare».
Il verdetto Consob sui prodotti strutturati – il vulnus di Unipol – è stato affidato al team di esperti diretto da Marcello Minenna. Un’analisi resa ancora più complicata dalla lotta intestina che si sta consumando sulla sua testa. Lo scontro si pone su due direttrici: la tutela del risparmio, protetto dall’art. 47 della Costituzione e fine ultimo della Consob, e il suo ruolo come custode della stabilità del sistema nella crisi dei debiti sovrani. Due questioni interlacciate che servono a comprendere la direzione nella quale Vegas, delibera dopo delibera, ha portato il regolatore. Una dialettica che, paradossalmente, passa per una porta sbagliata: quella dell’ufficio analisi quantitative – la matematica è una scienza “hard” – dove la politica non dovrebbe entrare.
Sul primo tema, ovvero la tutela del cittadino/risparmiatore/consumatore, il dibattito si è concentrato nei mesi scorsi sull’introduzione, nei prospetti informativi, delle indicazioni sulla probabilità di default degli strumenti finanziari offerti al pubblico. Orientamento che, spiegano dalla Consob, è stato bocciato dall’Esma (l’organismo che riunisce i regolatori dei 27 Paesi, ndr) in quanto gli scenari probabilistici possono essere fuorvianti, fotografando una situazione che non ha alcuna valenza predittiva sul futuro. A favore degli scenari probabilistici si è schierata con fermezza la Fisac Cgil, il medesimo sindacato che a fine 2012 ha denunciato al Tar del Lazio – la pronuncia è attesa prima dell’estate – la riorganizzazione made in Vegas.
E qui si arriva al secondo tema. La nuova Consob non solo prevede tre aree funzionali, sette tavoli di coordinamento e 70 centri organizzativi (prima erano 40), ma implica, a giudizio della Cgil, la progressiva perdita di autonomia degli uffici preposti alla vigilanza sui prodotti finanziari e sui bilanci. Come? Attraverso degli organi intermedi quali l’ufficio di presidenza, composto da 12 persone, che coordina l’attività degli altri uffici ma rischia di interferire con l’autonomia dell’attività istruttoria. La mancanza di collegialità di Vegas spiega i malumori all’interno del collegio dei commissari. Tra i quali c’è Vittorio Conti, ex presidente ad interim del regolatore (prima della nomina di Vegas), prossimo al termine del suo mandato e pronto a un ruolo presso il ministero dell’Economia.
Nella nota stampa seguita al ricorso al Tar, la Cgil sostiene: «Si tratta di un piano della politica sindacale in parte assolutamente nuovo come nuova è la scelta della Cgil di affrontare la domanda di trasparenza e governo dei mercati e del sistema finanziario, con risposte anche sul piano giuridico e giudiziario». Agostino Megale, segretario generale della Fisac, all’epoca dichiarò che si trattava di «un’azione giuridica strettamente legata ad un’azione politica». Oggi, Megale anticipa a Linkiesta: «Stiamo preparando un tour che partirà da Genova il prossimo 13 giugno per sensibilizzare la politica sulla buona finanza, attraverso un manifesto in 7 punti, il primo dei quali è proprio sui derivati e gli scenari probabilistici. Siamo gli unici in Europa, assieme alla Spd tedesca, a portare avanti un’inziativa del genere». Un attivismo del tutto inedito per un sindacato.
Non è un caso che sia lo stesso Megale a firmare la postfazione del saggio “La moneta incompiuta. Il futuro dell’euro e le soluzioni per uscire dalla grande crisi”, pubblicato da Ediesse, la casa editrice della Cgil, e firmato da Marcello Minenna. Il volume, che sarà presentato il prossimo 11 giugno alla presenza di Susanna Camusso e del ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero Milanesi, si pone l’ambizioso obiettivo di spiegare «quale può essere il futuro di una moneta senza stato e senza governo politico».
La scelta dell’autore risponde sia all’esigenza di dare una patina da scienza “hard” a un’analisi di economia politica, coinvolgendo un matematico finanziario come Minenna, sia è funzionale a lanciare un messaggio chiaro a Vegas: l’ufficio analisi quantitative non si tocca. Minenna rientra peraltro nel novero dei saggi segnalati via mail da Milena Gabanelli – «ha un ruolo chiave, ma è ovviamente mobbizzato», dice la conduttrice di Report – alla parlamentare grillina Fabiana Dadone per quanto concerne la vigilanza bancaria. Peccato che il saggio sia sponsorizzato da Fondazione Unipolis, organo della compagnia assicurativa che proprio Minenna sta analizzando. Contattati da Linkiesta, dalla Cgil fanno spere che l’intesa editoriale con Unipol risale al 2004 e prevede – in cambio di un contributo (non precisamente quantificato, ndr) alle pubblicazioni – l’inserimento in pagina del marchio della compagnia. Giova ricordare che la Cgil è favorevole all’operazione Unipol-Sai nella misura in cui salvaguarda 6mila posti di lavoro di un gruppo altrimenti destinato a portare i libri in tribunale.
Curiosamente, nella quarta di copertina del libro non c’è alcun riferimento alla posizione di Minenna in Consob, ma soltanto alla sua cattedra in Finanza quantitativa all’Università Bocconi di Milano. Insegnamento la cui compatibilità rispetto al ruolo nell’authority, secondo risulta a Linkiesta, sarebbe attualmente oggetto di una procedura interna di verifica affidata ad un giurì indipendente. Contattati più volte, né Minenna né Consob hanno ritenuto opportuno rilasciare commenti in merito.
È in questo contesto che il regolatore sta maturando un giudizio di merito “irrituale” sui derivati di Unipol, chiesto dalla Procura di Milano a inizio maggio. L’ufficio analisi quantitative infatti elabora analisi «funzionali ad effettuare una vigilanza risk-based di tipo preventivo e di tipo continuativo, ivi comprese le attività di competenza connesse alla vigilanza su prodotti finanziario-assicurativi». Ovvero sui prospetti degli strumenti in emissione, e non sul valore di mercato di titoli che sono stati acquistati dall’emittente. In quest’ultimo caso, infatti, formalmente la competenza è della Banca d’Italia per gli istituti di credito e dell’Ivass per le assicurazioni. Oltretutto i rilievi della Consob sui titoli strutturati di Unipol sono stati piuttosto leggeri, tant’è che hanno comportato una correzione di soli 7 milioni di euro su un portafoglio composto da 48 titoli dal valore di mercato pari a 2,8 miliardi al 31 dicembre 2012. Ciò nonostante, Unipol ha poi iscritto a bilancio un taglio di ben 240 milioni sul medesimo portafoglio per via di «affinamenti nelle metodologie di valutazione». Tra 7 e 240 milioni c’è una bella differenza, com’è che la Consob non se n’è accorta? O è forse Unipol ad aver sbagliato i conti?