Carlo Ancelotti è il nuovo Real Madrid. È stato scelto dal club della capitale spagnola per guidare i blancos dopo Josè Mourinho. Il sito ufficiale del club di Florentino Perez ha ufficializzato la scelta pubblicando un lungo profilo che inizia così:
Carlo Ancelotti (Reggiolo, Italia, 10/06/1959) será el entrenador del Real Madrid la próxima temporada. Experiencia, éxitos y fiabilidad en todos los países en los que ha entrenado avalan al italiano, que aterriza en la capital de España tras ser elegido el mejor técnico de la temporada en Francia. Recientemente cumplidos 54 años, Ancelotti es una institución en los banquillos. De hecho, acumula cerca de 20 campañas entrenando y es el segundo técnico en activo con más partidos en la Copa de Europa. Pocos títulos se le han resistido en este tiempo. Lo ha ganado prácticamente todo en el ámbito internacional (2 Champions League, 2 Supercopas de Europa, 1 Mundial de Clubes y 1 Copa Intertoto) y ha logrado la Liga en los tres campeonatos distintos en los que ha militado (Italia, Inglaterra y Francia). Familiarizado con la presión de dirigir a grandes equipos en el continente (Juventus, Milan, Chelsea y PSG), el italiano es una garantía para dirigir un proyecto ilusionante.
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Madrid è il nuovo approdo per Ancelotti dopo il Paris Saint Germain, dove Carletto ha portato a casa il titolo dopo tanti anni in cui la squadra, ora di proprietà araba, non riusciva ad imporsi a livello nazionale. Ancelotti quindi, così come aveva fatto al Chelsea raccoglie in qualche modo l’eredità di Josè Mourinho, andato via fra le polemiche dopo un’annata deludente. Mourinho non è riuscito a riportare a Madrid la Champions League, il trofeo che più di tutti manca da tempo nella bacheca dei blancos, che hanno visto il ciclo vincente del Barça riuscendo ad imporsi in campionato, nell’edizione 2011-2012. Proprio con Mourinho si erano già incrociati i destini dei due a Milano, l’uno sulla sponda Milan e l’altro Inter
Ancelotti è stato un grande giocatore che ha smesso presto, a 33 anni. Nel corso della sua carriera ha vinto la Coppa dei Campioni due volte da calciatore e da allenatore, sempre con il Milan. Ha vestito 26 volte la maglia della Nazionale e ha giocato in Messico e ai Mondiali di Italia90. Ha allenato tanto e vinto molto. È stato alla guida di Reggiana, Parma, Juventus, Milan, Chelsea e Paris Saint-Germain. Sotto, la prefazione scritta dal capitano del Milan Paolo Maldini per il libro che ha scritto insieme al giornalista di Sky Alessandro Alciato, “Preferisco la Coppa”, uscito nel 2009 per Rizzoli.
Carlo Ancelotti ha vestito la maglia della Roma fra il 1979 e il 1987. In precedenza aveva giocato per il Reggiolo e il Parma
Da sinistra Carlo Ancelotti, Rijkaard, Van Basten e Gullit. Con i rossoneri Ancelotti vinse due scudetti, due Coppe dei Campioni (1988-1989 e 1989-1990) e due Coppe Intercontinentali (1989 e 1990), due Supercoppe europee (1989 e 1990) e una Supercoppa italiana (1988).
Carlo Ancelotti festeggia la Champions League vinta con il Milan (Afp)
Carlo Ancelotti durante la sua esperienza durata poco meno di due anni al Chelsea di Abramovich
Ancelotti è diventato l’allenatore del Paris Saint-Germain nel dicembre 2011. Alla sua seconda stagione in Francia ha vinto il titolo nazionale, che mancava da molto nella bacheca del PSG
Alessandro Alciato, Carlo Ancelotti, Io preferisco la Coppa
La Prefazione di Paolo Maldini
Continuerò a dargli del tu, l’ho sempre fatto. Quando un calciatore smette di giocare diventa amico del proprio allenatore, si crea una certa confidenza, cadono le barriere. Io sono fortunato, mi sono portato avanti con il lavoro. Sono praticamente nato come compagno di squadra di Carletto, siamoda sempre una coppia di fatto.
Dicono che io sia stato una bandiera per il Milan, allora spesso il suo ruolo è stato quello del vento. Soffia che io riparto, con la mia maglia numero 3, cifra perfetta grazie a chi mi circonda. E mi indica la via. Nella gestione dello spogliatoio e delle riunioni Carletto è rimasto quello di una volta: un casinista senza eguali. Riesce a far battute anche prima di una finale di Champions League. Ci parla di bollito, alza il sopracciglio, e noi andiamo a vincere, perché siamo sereni. La gente immagina discorsi strappalacrime fatti alla squadra nei momenti decisivi e in effetti si, a volte le lacrime ci sono state, ma perché non riuscivamo a smettere dal ridere.
In certe occasioni, nello spogliatoio degli avversari abbiamo sentito il silenzio assoluto, mentre nel nostro c’erano Silvio Berlusconi e l’allenatore che raccontavano barzellette. Siamo una famiglia e in famiglia si fa così. Carletto non se la tira mai, tranne che a tavola, perché una volta che inizia a mangiare può fermarlo solo l’esorcista. Da quando è diventato allenatore si siede in un tavolo a parte, con un menù a parte,con una capacità di digestione a parte. Mangia, beve, rimangia e ribeve. Quando arriva qualcosa di buono saltano tutti gli schemi, anche il suo amatissimo Albero di Natale. Non ce la fa a tenere tutto quel ben di Dio per sé, allora inizia a chiamarci: “Paolo, vieni qui. Assaggia”. “Ma, Carlo, sono il capitano, devo dare l’esempio.” “E io sono il tuo allenatore: prendi qualcosina, è buono”. È altruista anche lì. Si vuol godere la vita e questo ci aiuta.
Fra tutte le gestioni dello spogliatoio che ho vissuto, la sua è stata in assoluto la più serena. Si tiene dentro preoccupazioni e pressioni, cosi la squadra resta tranquilla. E vince. E poi vince. E vince ancora. Anche se ogni tanto l’uomo più buono del mondo sbotta. L’ultima volta che è esploso per davvero è stata a Lugano, dopo un’amichevole precampionato persa contro una squadra di serie B svizzera. Sembrava pazzo. Ce ne ha dette di tutti i colori, ci ha insultati come animali. Cose pesantissime, irripetibili. Non si fermava più e a me veniva da ridere, perché gli era partita la brocca: non l’avevo mai visto cosi. Era tutto rosso e vicino a lui Adriano Galliani con la cravatta gialla: insieme assomigliavano all’arcobaleno. Dopo due giorni ci ha chiesto scusa, perché cattivo fino in fondo non lo sarà mai. È dolce dentro.
Il segreto delle nostre vittorie sta nella sua normalità: non serve essere Special One, Two o Three per trionfare, è sufficiente avere equilibrio e restare giù dal podio di chi fa i fuochi d’artificio davanti alle telecamere. Fra me e Carletto c’è sempre stato un rapporto di confidenza. Ci siamo sempre confrontati su tutto.In occasione delle sue esternazioni più dure, poi arrivava puntuale la domanda: “Paolo, ho sbagliato?”. Carlo non vuole mai fare tutto da solo, è un sintomo di grande intelligenza. Ecco perché può vincere ovunque: al Milan, al Chelsea, al Real Madrid o altrove.
La sua conoscenza del calcio è globale, enorme. Ha un’esperienza pazzesca a 360 gradi. Già da calciatore, in sé, era un grande organizzatore: di gioco e di idee. Non lo si può discutere né a livello umano né a livello tecnico: chilo fa non è in buonafede. Al Milan dai tempi di Arrigo Sacchi in poi abbiamo avuto molti allenatori vincenti, ma ognuno gestiva il gruppo in maniera completamente diversa. Al di là dei risultati, delle metodologie, se dovessi scegliere la qualità di vita migliore di questi anni, opterei assolutamente per quella avuta con lui in panchina.
Prima di arrivare a Milanello era più rigido, meno aperto a determinati cambiamenti tattici, poi è cresciuto. Si è evoluto. E noi con lui, perché al fianco di un uomo cosi bisogna mettere dei giocatori che non se ne approfittino. Alla base di tutto c’è la fiducia reciproca. Negli anni, qualcuno che ha fatto il furbo c’è stato, ma gli abbiamo spiegato in fretta come ci si comporta. Più che altro, gli abbiamo fatto capire che Carletto va rispettato sempre e comunque. Per il bel calcio che sa esprimere. Per come parla alla sua squadra. Per come si comporta fuori dal campo. E per quello che c’è scritto in questo libro, dove si è raccontato senza segreti.L’hanno definito in molti modi. Per me, è semplicemente un amico. Un amico pacioccone. E per questo mi mancherà.