C’era una volta Umberto Cicconi, storico fotografo di Bettino Craxi, che mentre il leader del Psi se ne stava in esilio in Tunisia si mise a scrivere sui muri di Milano e Roma le scritte: «Viva Craxi» o «Craxi torna». Rivelò anni dopo di essere stato lui a prendere in mano le bombolette spray, mantenendo sempre un certo aplomb, distante dalle polemiche. A distanza di 13 anni, invece, per difendere Silvio Berlusconi dai processi e dagli «attacchi della magistratura comunista» è nato persino un esercito, creato dal solito «guastatore» di turno, dal passato e dal presente oscuro, che vede nel Cavaliere «la luce», la speranza dell’Italia, del Popolo della Libertà, quasi del mondo.
L’ultimo arrivato è Simone Furlan, imprenditore padovano che prima di diventare un «militare» per Berlusconi, si era distinto per aver fondato il «Movimento Bestiale», sorta di partito animalista e «Forza Insieme», partito che nel 2012 fu reclamizzato sul Foglio con tanto di intervista. Il profilo è sempre lo stesso. Spunta come un fungo un «personaggio» che si prende la briga di attaccare i magistrati, finire sui giornali, minacciare sul fronte giudiziario i pm, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e persino proporre un ricorso alla Corte dei diritti Umani. Poi dopo qualche mese scompare.
Furlan in questi anni è stato pure definito il nuovo «Matteo Renzi» del centrodestra, ma in realtà nessuno se lo è mai filato per davvero. E lunedì ha lanciato una campagna di «invasione» dell’Italia per tutelare il Cavaliere contro la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del legittimo impedimento nel processo Mediaset. Twitta, reclamizza le sue iniziative, fa rete in ogni modo per difendere Silvio. Nel Popolo della Libertà, al solito, non lo conosce nessuno. Deputati e senatori fanno finta di non averlo mai visto. Tanto che la stessa Micaela Biancofiore, deputata pasdaran, ha proposto anche lei un ricorso pro-Silvio alla Corte per la Giustizia Europea. Non è chiaro quanti siano i ricorsi o se veramente siano stati depositati.
Furlan, che dice di essere titolare di una holding (in realtà ha una piccola azienda intitolata a suo nome ndr), ama «la sua famiglia e il cane Gigi, ed è solo l’ultimo di una lunga lista di «manovali» della giustizia nati dal nulla con l’unico obiettivo di proteggere Berlusconi, svolgendo spesso quel lavoro sporco di accusa ai magistrati che istituzionalmente i parlamentari si astengono dal fare. Nel 2011 al posto di Furlan spuntò a Milano in piena campagna elettorale Roberto Lassini, ex sindaco di Turbigo in quota Dc. Anche Lassini nel Pdl non lo conosceva quasi nessuno. Poi si scoprì candidato nelle liste per il sindaco Letizia Moratti, con l’ex ministro dell’Istruzione che ne chiese la testa per tutta la campagna elettorale.
Lassini si prese poi la responsabilità dei manifesti «Via le Br dalla procure». Ha sempre sostenuto di essere presidente di una fantomatica Associazione per la Democrazia poi svanita nel nulla dopo le elezioni comunali. Alle urne prese 872 voti, senza lasciare traccia di sè e degli altri indagati per vilipendio alla magistratura. Si dice che dietro di lui ci fossero Tiziana Maiolo e Daniela Santanchè, i falchi pidiellini sul fronte giustizia, che si scontrarono con l’ala più moderata del Pdl che confidava di vincere contro il sindaco di Milano Giuliano Pisapia.
Anche adesso dietro a Furlan sembra stagliarsi la figura di Giancarlo Galan, presidente della Commissione Cultura di Montecitorio. Anzi qualcuno dice che tra gli sponsor dell’Esercito di Silvio ci sia proprio l’ex governatore del Veneto, che però, al solito, lunedì non si è sbilanciato ma non ha nemmeno escluso sviluppi in futuro del neo movimento: «I giornalisti corrono e parlano di ala movimentista di una nuova Forza Italia: non è così, si tratta di giovani coraggiosi, animati da tanta passione e fantasia. Cosa sarà questo ‘Esercito di Silio’, lo vedremo. Se avranno i numeri e saranno bravi, conteranno…».
E se a Bolzano è già nato il giovane Alessandro Bertoldi, ragazzo di 19 anni noto solo per i suoi attacchi contro lo scrittore Roberto Saviano, a dare manforte all’Esercito non poteva poi mancare uno dei primi storici «peones» berlusconiani: Diego Volpe Pasini. Già ex leader di Sos Italia, nel 2012 dopo una delle solite iniziative pro-Berlusconi, tra manifesti politici e manifestazioni semi vuote, fu smentito perfino dal Cavaliere con una nota. «Per evitare continue smentite invito il signor Volpe Pasini a non rilasciare dichiarazioni che possano prestarsi ad equivoci sui suoi rapporti con me» disse l’ex presidente del Consiglio. «Chiarisco una volta per tutte che ho avuto modo di incontrare il signor Volpe Pasini nella sua qualità di amico di Vittorio Sgarbi, quando lo stesso Sgarbi si é fatto accompagnare ad alcune cene a casa mia da lui e altri imprenditori, tutti insieme per illustrarmi un loro progetto politico».
Ma Volpe Pasini ha continuato in questi anni a muoversi veloce. E a sopravvivere in un modo o nell’altro ai riflettori. Ha persino provato a candidare la moglie alle ultime elezioni politiche sfruttando un simbolo civetta della Lega Nord. Non ce l’ha fatta. Si era persino affiancato al Mir di Giampiero Samorì, l’imprenditore modenese che alle ultime elezioni non è riuscito a piazzare neppure un deputato in parlamento. Anche di lui nessuna traccia. E sul sito del partito gli eventi sono fermi al 23 maggio. Insomma, scomparso. Come tutti gli altri.