«Abbiamo fatto un giro in ospedale per constatare gli effetti dell’industrializzazione a Taranto: un conto è parlarne dall’esterno e un altro è vedere i bambini senza capelli». Diego De Lorenzis, deputato leccese classe 1979, è il frontman del Movimento 5 Stelle per il caso Ilva. Insieme ad altri colleghi ha partecipato ad un’assemblea con i cittadini di Taranto dove è stata illustrata una proposta M5s che prevede la chiusura dell’area a caldo, il reimpiego dei lavoratori nella bonifica e la garanzia del reddito di cittadinanza per gli altri. «Ma è solo il primo passo di un percorso che deve esaminare tutti gli scenari». De Lorenzis non esclude nessuna soluzione, neppure quella di «una riconversione del territorio, magari puntando sul turismo». In agenda spiccano incontri con economisti ed esperti mentre a breve è previsto il ritorno in Puglia, questa volta i parlamentari saranno accompagnati da Beppe Grillo.
Com’è andata l’assemblea a Taranto?
È stato un incontro molto partecipato con associazioni e comitati. C’è chi ha proposto la gratuità dei ticket sanitari e chi la chiusura dello stabilimento per riconvertire l’economia e riavviare il turismo. Noi abbiamo ribadito che siamo all’inizio di un percorso, vogliamo costruire una bozza insieme alla cittadinanza con una prospettiva per i prossimi vent’anni. Fino ad oggi sono mancati gli interlocutori istituzionali e la gente è rimasta esclusa dai processi decisionali.
La vostra ricetta prevede la chiusura dell’area a caldo, la bonifica degli impianti e il reddito di cittadinanza.
La proposta prende spunto dall’ovvietà dei fatti. L’area a caldo intesa come fonte inquinante va bloccata per evitare il perdurare di eventi di malattia e morte, lo dice la perizia del giudice. Sbagliò la politica nel far costruire un impianto vicino a case e scuole, oggi incompatibile con la salute pubblica. D’altronde la classe politica locale e nazionale dà un’immagine di Taranto come centro industriale quando invece è la città della Magna Grecia, con il secondo polo museale archeologico d’Italia. Tanti cittadini pensano che Taranto possa diventare una cosa diversa da quella che è stata per sessant’anni, magari riavviando il turismo. Poi c’è il reddito di cittadinanza, urge una soluzione che non sia solo assistenzialismo perchè le persone vogliono avere la possibilità di lavorare.
In caso di riconversione economica come ovviare al fatto che i distretti produttivi italiani resterebbero senza alimentazione?
Quella sul piatto è un’ipotesi. C’è chi non la vuole nemmeno considerare, mentre il nostro è un primo passo per ribadire che l’attenzione non è solo per la questione sanitaria, nè esclusivamente per quella economica. Vogliamo studiare la riconversione della valle della Ruhr e altre esperienze in giro per il mondo, capire se puntare sulla riconversione del singolo stabilimento o dell’intera area. Poi magari la produzione dell’acciaio rimarrà lì con l’adozione di tecnologie meno impattanti come i forni elettrici. Però il problema non è solo l’Ilva, occorre un’analisi del territorio.
Comprare acciaio dall’estero comporterebbe degli extracosti non indifferenti.
Possiamo immaginare delle ipotesi ed elaborare dei piani B. Sembra che si voglia competere con il mercato internazionale dei paesi emergenti proprio perché il prezzo dell’acciaio sta scendendo. Va fatta un’analisi con esperti ed economisti, li inviteremo in Parlamento per discutere. Non diciamo che lo stabilimento vada chiuso o che non si debba più produrre acciaio, ma vogliamo capirci di più. E non possiamo fidarci di una classe dirigente che ha deciso il futuro dei lavoratori a porte chiuse.
Siete orientati alla prosecuzione dell’acciaieria o mirate allo smantellamento/riconversione?
Prima di decidere bisogna valutare le due strade coinvolgendo tutti gli attori senza preclusioni. Non sappiamo cosa avverrà a Taranto nei prossimi vent’anni, ma dobbiamo provare a pensare a scenari diversi perché è la popolazione che li chiede. Purtroppo la politica non li prende nemmeno in considerazione.
Che ruolo hanno le esternazioni di Grillo nella formazione del giudizio in tema Ilva? Ha parlato anche di dazi doganali.
Grillo ci dà visibilità, lancia provocazioni e pone problemi per riportare l’agenda politica sui temi decisivi. Poi in Parlamento ci siamo noi che agiamo in completa autonomia, senza imposizioni. Magari sull’Ilva ha parlato con gli esperti o ha informazioni che noi non possediamo. Comunque torneremo a Taranto per una due giorni con Grillo. L’Ilva è una partita nazionale, l’emblema degli intrecci tra politica e interessi economico-finanziari.
Poi ci sono i tarantini Furnari e Labriola che rivendicano l’addio al M5s per le questioni legate all’Ilva.
Non potendo dire che non condividono le idee del Movimento nè la questione economica, l’hanno buttata in politica per giustificare il passaggio al gruppo misto. Ma da tarantini cos’hanno fatto per l’Ilva? Magari un banchetto per parlare con i cittadini? Prima delle elezioni in Puglia nessuno conosceva Vincenza, non c’era neanche una sua foto su internet. Altro che decisioni calate dall’alto, semplicemente non si sono confrontati con noi.
Che ne pensate del commissariamento imposto dal governo?
Si usa l’urgenza perché non c’è una pianificazione di ampio respiro. Nel decreto si dà luogo ad un procedimento bizzarro e contrario alla divisione dei poteri: il commissario può stilare un piano le cui indicazioni sostituiranno quelle dell’Aia. È un tentativo palese di garantire la prosecuzione dell’attività a tutti i costi, dando alla famiglia Riva il tempo di spostare i capitali all’estero in modo che poi si possa dire che non ci sono i soldi per le bonifiche e socializzare le perdite, come accaduto con Montepaschi e Alitalia. Per di più la legge 231-2012, la cosiddetta salva-Ilva, prevede un piano nazionale dell’acciaio che il governo deve stilare entro 180 giorni, quindi entro i primi di luglio: ad oggi il piano non c’è. E fino ad ora il salva-Ilva non ha portato evidenti cambiamenti: le sanzioni previste non sono state irrogate nè sono state prese in esame ipotesi di riconversioni. Questo la dice lunga sulla miopia della classe dirigente.
Quale dovrebbe essere da oggi la road map per l’Ilva?
Avviare un tavolo aperto e trasparente in cui le scelte sull’azienda non siano affidate ad un pool di presunti esperti, ma condivise con la cittadinanza. C’è una classe politica che si arrocca nel Palazzo e ci sono categorie che potrebbero dire la loro, ma non se ne tiene conto. Se nelle decisioni non c’è compartecipazione del territorio viene meno la legittimità. I problemi di Taranto devono essere risolti a Taranto, non a Bari nè a Roma.
Twitter: @MarcoFattorini