CITTÀ DEL CAPO/MILANO – Bisogna partire dall’acqua, il bene primario, per capire il potere di Vito Roberto Palazzolo, nato a Terrasini in provincia di Palermo nel 1947, detto anche Vituzzo L’Africano o Robert Von Palace Kolbaskhenko (per via di una nonna russa, ndr), ritenuto dai magistrati di Palermo «il cassiere di Cosa Nostra», condannato a nove anni di carcere in Italia per concorso esterno in associazione mafiosa, già indagato per riciclaggio in Svizzera (di cui ai magistrati parlemitani avrebbe detto di essere un vero esperto ndr) e da più di un anno in carcere a Bangkok, in Thailandia, in attesa dell’estradizione.
Palazzolo, che smentisce ogni suo coinvolgimento con inchieste e leggende che lo circondano, è partito proprio dall’acqua quando si è trasferito in Sud Africa nel 1986, nelle vallate che costeggiano Città del Capo, tra le colline delle Winelands e il Capo di Buona Speranza. «Svolgo soprattutto un’attività di consulenza finanziaria, di ingegneria finanziaria nel campo minerario» spiegò in un’intervista a Panorama.it prima di essere incarcerato.
La sua acqua minerale si chiama “La Vie De Luc”, viene prodotta Franschhoek in piene Winelands, in una maxi tenuta dove si può pernottare e degustare pure dell’ottimo vino rosso, come in tante altre fattorie di questa zona che somiglia molto alla Toscana. E se vi spostate a Pretoria, o a Johannesburg, la trovate dappertutto quell’acqua, dai ristoranti agli aerei fino ai distributori automatici: tutti si abbeverano alla fonte di Palazzolo.
Gli ultimi che stanno cercando di farlo sono i magistrati di Palermo, che puntano molto su quel che potrebbe raccontare Vituzzo per sbrogliare diversi misteri italiani. Il suo nome compare per la prima volta nel processo Pizza Connection di Giovanni Falcone, nel 1985. Pentiti di mafia lo accusano persino dell’omicidio di Agostino Badalamenti, nipote di Don Tano, ma dall’anno scorso il suo nome si fa pure per gli ultimi scandali intorno a Finmeccanica e il giro di tangenti estere che sarebbero transitate per commesse di elicotteri venduti in Africa dalla holding della Difesa italiana.
Prima di fine anno, però, sarà difficile vedere Palazzolo in Italia: la richiesta di estradizione è stata ordinata dalla Corte penale di Bangkok lo scorso 20 dicembre e a metà marzo i legali, dopo aver prospettato la possibilità di un rientro volontario in Italia, hanno comunque presentato appello. Mediamente, come ha confermato a Linkiesta il legale di Vito Roberto Palazzolo, «il processo di estradizione dalla Thailandia ha una durata di otto mesi», tempo necessario per la decisione sull’appello presentato dalla difesa di Palazzolo. Insomma se sarà, sarà nel 2014, a quasi due anni di distanza dalla cattura in Thailandia.
Evidentemente qualcosa è cambiato da quel 20 dicembre: era lo stesso avvocato Baldassarre Lauria, difensore di Palazzolo, che il giorno successivo alla decisione della Corte penale di Bangkok dichiarava al Sole 24 Ore: «Stiamo valutando la possibilità di tornare a Palermo senza ricorrere all’appello nei confronti delle autorità thailandesi». Il ricorso invece è arrivato e i tempi si sono ulteriormente allungati.
Dopo 25 anni di latitanza, il rientro in Italia di Vito Roberto Palazzolo, al secolo Von Palace Kolbatschenko sembra preoccupare più d’una persona, e successivamente alla decisione della Corte penale di Bangkok sull’autorizzazione all’estradizione, lo stesso Lauria, aveva precisato: «Palazzolo è disponibile a parlare di ciò che conosce fino al 1985. Dirà con chi ha avuto rapporti prima di quella data, quando faceva il banchiere in Svizzera», precisando che «non sono però in grado al contempo di dirle se il mio assistito voglia o meno rispondere a fatti che la Procura ritiene essere stati commessi in tempi più recenti».
Eppure Palazzolo avrebbe molto da raccontare sui fatti più recenti. A Cape Town la comunità italiana lo conosce molto bene, come pure il fratello che nel pieno centro della seconda città più importante dopo Johannesburg, vanta un negozio di diamanti. In quel “negozietto” ci vanno quasi tutti gli italiani che passano di lì per acquistare pietre preziose da portare in Italia. Anche vip, calciatori e starlette. Nulla di male, italiani che aiutano italiani all’estero, un grande classico per i nostri compaesani.
Palazzolo – come in Italia dove vanta una sorta di “amicizia” pure con l’ex senatore berlusconiano Marcello Dell’Utri – nell’Africa del Sud è una celebrità, «una leggenda» dice un ragazzo che lo ha conosciuto, sia per gli italiani sia per i capi di Stato. Proprietario di diverse discoteche, oltre che di aziende e terreni, la leggenda narra che quando viveva a Cape Town, nella zona di Hout Bay in un’altra mega villa affacciata sull’Oceano Atlantico, si muoveva su una limousine nera circondata da guardie del corpo e persino dalla polizia.
«Conosce tutti qui in Sud Africa, i poliziotti, i deputati, gli amministratori, tutti i presidenti, dalla Tanzania fino a Mandela», ci spiegano degli italiani ormai qui da molti anni. Che lo stesso Madiba, in queste ore in fin di vita, conosca Palazzolo è cosa nota, dal momento che il leader che sconfisse l’Apartheid ha dovuto occuparsi di Vituzzo l’Africano più di una volta in questi anni, districandosi tra le richieste di estradizione dell’Italia che non sono mai state esaudite perché contrarie alla legge sudafricana.
Gli imprenditori italiani che si incontrano a Città del Capo, albergatori o ristoratori, facevano sempre tappa da Palazzolo. Lo andavano a trovare in nella sua discoteca. Li salutava e li aiutava in qualsiasi modo, quasi come un papa. Il primo fu Ricky Agusta, discendente della nobile famiglia, che però da queste parti non si fa più vedere dopo uno scandalo immobiliare che lo ha costretto a espatriare.
E allo stesso modo Palazzolo avrebbe aiutato gli intermediari di Finmeccanica, per avvicinarsi ai capi di stato e trovare il modo di vendere elicotteri Agusta Westland in Tanzania o in altri stati. Sarà la magistratura a stabilirlo: in sostanza le circostanze che Vito Palazzolo può chiarire sono molte. Qualcosa potrebbe raccontare pure sugli investimenti che l’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito, che ha investito i soldi dei rimborsi elettorali proprio in Tanzania. Sono tante le procure che potrebbero ascoltarlo, non solo quella di Palermo.
Secondo gli inquirenti, l’uomo, individuato come uno dei principali tesorieri di Cosa Nostra, è ritenuto un riciclatore di primo piano e già coinvolto nella famosa indagine di Giovanni Falcone “Pizza Connection”, ed entrato anche tra le carte del maxi-processo per i suoi contatti con i narcotrafficanti tra Africa e Thailandia. Tra le carte del ‘maxi’ istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino si rileva «va ricordato che Palazzolo Vito Roberto è collegato con Antonino Madonia, residente in Germania» e collegato al mandamento di Resuttana «vicino ai corleonesi».
Lui nega qualunque addebito e fino ad ora l’estradizione è stata impedita anche dal Sud Africa, ma già nel 2009 Palazzolo per raccontare le sue controversie giudiziarie si affida a un blog dove accusa: «per più di un quarto di secolo ho subito l’ingiustizia dello Stato Italiano» e ribadisce «Io non conosco personalmente ne il Rina ne il Provenzano, non amministro e non ho mai gestito un centesimo per loro conto».