Quando è la giustizia che seleziona la classe politica

Non solo Berlusconi

Nel giorno seguente alla condanna di Silvio Berlusconi, voglio raccontarvi la storia di un “ineleggibile” minore, e che conosco bene: si chiama Andrea Alzetta, è un consigliere comunale romano, ma sui media nazionali ha raggiunto la notorietà con il suo nome di battaglia: “Tarzan”. Prima per aver scaricato – con un gesto eclatante – un camion di letame davanti alla residenza romana del Cavaliere, a palazzo Grazioli. Poi, nell’anno della grande crisi, Alzetta ha fatto il giro di tutti i talk show, tra ospitate e collegamenti, per via dell’associazione di cui è il leader indiscusso: “Action”.

Lo avete visto, con il suo inconfondibile ciuffo a forchetta e il codino brizzolato, da Santoro, da Formigli, a Ballarò, e – nel nostro piccolo – anche a In Onda. Alzetta, personaggio molto popolare a Roma, era stato eletto per la prima volta due legislature fa, con una campagna animata da uno slogan e un manifesto indimenticabile. C’era la foto di lui con il megafono in pugno mentre anima una occupazione (un marchio di fabbrica, si potrebbe dire) e poi il verso di una canzoncina degli anni settanta: “Ma Tarzan lo fa!”. Alzetta era stato eletto nelle liste di Rifondazione, con una valanga di voti nei quartieri più popolari, mentre a Roma vinceva Alemanno, e a livello nazionale il suo partito spariva.

In un attivo drammatico nella federazione di Rifondazione, all’epoca ancora guidata da Fausto Bertinotti, regalò ai suoi compagni una battuta storica: «Ahò, io sono diventato un uomo delle istituzioni, mentre voi da adesso siete tutti extraparlamentari». Era un paradosso, ma nemmeno troppo. I suoi compagni uscivano al parlamento per il mancato quorum, lui guadagnava la scena capitolina.

Le istituzioni educano, legittimano, integrano, assorbono i movimenti di protesta. Anche Tarzan, che viene dalla militanza più radicale nel popolarissimo quartiere di Cinecittà, e che di mestiere faceva l’istruttore di arti marziali in un centro sociale, era stato eletto con 2.099 voti e la sua vita cambiava. Quel seggio, infatti, gli aveva subito fruttato l’accusa di essersi “imborghesito”, e alla base della terribile giornata in cui il 15 ottobre i black bloc avevano fatto a pezzi Roma, c’era anche la guerra fra la sua ala delle “colombe”, si fa per dire, e l’ala più dura del movimento, e la lotta per l’egemonia degli indignati.

Già perché Tarzan in questi anni era diventato una sorta di figura di mediazione sociale tra le forze dell’ordine e le frange della protesta sociale. E rispetto ai duri e puri appariva uno che si mette d’accordo con la polizia per evitare gli scontri.

Certo, proprio perché era più moderato ogni tanto Alzetta sentiva il richiamo della foresta: come quando durante una seduta del consiglio comunale dedicato alla questione Acea, nel giugno del 2012, non potendo partecipare a quella seduta (dopo essere stato sospeso a causa di alcuni tavoli rovesciati poche settimane prima!) era piombato nella sala consigliare esibendosi in un piccolo match di pugilato. Quel giorno, infatti, Tarzan si era presentato tra le file del pubblico alla testa di bellicosi rappresentanti di centri sociali e comitati per l’acqua pubblica. Ad un certo punto aveva scavalcato le transenne. Si era avventato su un altro consigliere, il  pidiellino Santori, presidente della commissione sicurezza, e gli aveva assestato due pugni sul collo. Dopodiché era deflagrata la rissa. Prima arrivava Luca Gramazio, capogruppo del Pdl  ma un sinistro del pugile di Action lo aveva preso in pieno volto, facendolo arretraredi due metri. Poi Tarzan si era avventato su Gazzellone, altro esponente del centrodestra, piuttosto prestante, colpito sul naso.

Se vi racconto in dettaglio questa scena da saloon, è perché anche io da ragazzo avevo fatto in tempo a vedere all’opera Tarzan nel movimento della Pantera. Io – che allora ero nella Fgci – ero un pericoloso moderato, e più di una volta avevo rischiato di litigare con lui. Racconto tutto questo perché non sono sospetto di avere particolari simpatie. Ma sono rimasto di stucco quando ho letto che Tarzan rimarrà fuori dal Consiglio Comunale, e che a stabilirlo, solo pochi giorni fa, è stato l’ufficio elettorale centrale che ha proclamato il nuovo consiglio comunale.

Alzetta stavolta era il quarto dei quattro eletti in lista, con 1.700 preferenze, ed è stato dichiarato “non proclamabile”, come riporta il verbale dell’ufficio elettorale centrale, ai sensi di un decreto decreto legislativo ( il 235/2012 articoli 12 comma 4 e 10 lettera E). Nel decreto si prescrive che non possono essere proclamati: «Coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo». Siccome Tarzan ne ha fatte tante, e ha ricevuto una condanna in via definitiva del 1996 per degli scontri avvenuti nel centro di Roma nel 1990 in occasione della strage di Al Aqsa deve decadere, anche se la condanna (per violenze aggravate), era di due anni, con pena sospesa.

Il caso di Tarzan, così come l’ho descritto, e anche nella sua brutalità pone un problema: il primo di omogeneità. Ci sono in parlamento decine di condannati, e processati che non decadono, mentre un consigliere comunale può farlo. Il secondo: andiamo verso una stagione di protesta in cui le espressioni istituzionali della rabbia non hanno l’aspetto garbato che ci immaginiamo o che vorremmo. Peró se saltano questi corpi intermedi cosa resta? Ecco perché, anche se non è il mio tipo, credo che prima bisogna decidere se Tarzan ha i requisiti per partecipare. Ma poi se si é stabilito che li ha, e viene eletto, non lo si può far decadere con un decreto. 

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