Il rapporto tra il Movimento 5 Stelle e la stampa non è dei più lineari. Negli ultimi giorni il titolo dell’Unità «Grillo contro i terremotati» ha scatenato l’ira del leader che sul blog ha risposto per le rime, mentre proseguono i mal di pancia nei confronti dei media perché concentrati sulle dissidenze e poco sui contenuti. Nel mezzo c’è spazio per le proposte legislative che, in tema di stampa ed editoria, incarnano i cavalli di battaglia del secondo V-Day. Marciano in questa direzione i due disegni di legge firmati da Vito Crimi: il primo prevede l’eliminazione del finanziamento pubblico ai giornali, il secondo l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti.
Oggi però, dalle fila del M5s transita un nuovo testo che scavalca il recinto grillino ed è oggetto di discussione per opinione pubblica e partiti. La proposta di legge punta al ridimensionamento dei reati di diffamazione e ingiuria a mezzo stampa. L’obiettivo, finora annunciato da molti ma rimasto lettera morta, è scongiurare il carcere per i giornalisti nei reati d’opinione ed evitare l’uso spregiudicato dei processi in sede civile. L’intenzione, si legge nel testo, è quella di limitare le leggi bavaglio di ogni genere, con un occhio alle esperienze di Regno Unito e paesi scandinavi.
Firmata dalle deputate Cinque Stelle Francesca Businarolo e Mirella Liuzzi, la proposta si traduce sul piano penale e civile. Nel primo caso interviene sul Codice e sulla legge 47/1948 eliminando la pena detentiva e mantenendo la sola sanzione pecuniaria. La seconda parte rimette in discussione il Codice di Procedura Civile e il meccanismo processuale del risarcimento. Lo spiega a Linkiesta Francesca Businarolo: «Spesso quando si fanno servizi d’inchiesta il rovescio della medaglia non è una denuncia per diffamazione, ma un atto di citazione in giudizio con cui si attiva un procedimento civile. Se depositi una querela devi fondarti su un fatto, mentre col procedimento civile puoi inventarti qualsiasi cosa chiedendo un risarcimento magari milionario e intimidatorio».
«Di fronte al giornalista d’inchiesta non si spara più, le nuove intimidazioni si fanno con le querele». Nel guado c’è il lavoro di freelance e precari contro colossi e gruppi d’interesse. Una lotta impari che le deputate vogliono bilanciare con una sanzione pecuniaria per chi abusa del procedimento civile senza averne ragioni. Recita l’art. 96-bis concepito nella proposta di legge: «Quando il giudice rigetta la domanda risarcitoria condanna l’attore a versare un importo non inferiore alla metà del danno richiesto». Trattasi, a detta delle firmatarie, di una misura necessaria perché «in Italia chi promuove una causa civile non rischia: può chiedere anche risarcimenti di milioni e se poi il giudice gli dà torto non deve sborsare nulla».
Nei mesi scorsi ha fatto discutere il caso dell’Eni che dopo una puntata di Report presentava alla Rai un conto da 25 milioni di euro, circostanza stigmatizzata pure dal blog di Grillo che in un articolo a firma di Mirella Liuzzi auspicava una riforma della materia. «In Italia si può essere condannati anche se si racconta un fatto vero: basta usare parole aspre o notizie segrete o atti pubblici, ma non pubblicabili», si legge nel testo M5s. La proposta delle deputate viaggia sul medesimo binario del testo presentato dal Pdl Enrico Costa. Quest’ultimo però abbraccia la sola questione penalistica senza toccare il risarcimento in sede civile.
La discussione in commissione Giustizia è fissata per martedì, le deputate si dicono ottimiste: «Speriamo che la nostra proposta possa integrare quella della maggioranza». «Bisogna prevenire, non curare: il no al carcere sarebbe un primo passo senza dover attendere altre vicende clamorose come il caso Sallusti». Un pensiero anche al corto circuito tra media e M5s. «Non ce l’abbiamo con la stampa – spiega Businarolo – ma per ora vediamo tanta fuffa e ci dispiace che non esca il lavoro che facciamo». Aggiunge Liuzzi: «Siamo per un giornalismo efficace e culturalmente elevato, d’altronde come Movimento ci siamo sempre battuti per la libertà di stampa».
Nell’attesa di capire cosa succederà in commissione, nella pentola dei Cinque Stelle bolle qualcos’altro. Ne accenna a Linkiesta la stessa Liuzzi: «Stiamo lavorando ad una modifica all’articolo 21 della Costituzione sulla scia della proposta che presentò Rodotà nel 2010. Vorremmo ampliare l’articolo inserendo l’accesso alla Rete garantito come diritto costituzionale».
Twitter: @MarcoFattorini