Scomodo e non portatile, fino a poco tempo fa sembrava che il vinile non avesse grandi speranze per il futuro. Un primo attacco alla sua supremazia è arrivato negli anni Ottanta quando cassette e Walkman si proponevano come una soluzione molto più pratica (e soprattutto economica), dopotutto potevano essere registrate in casa. Poi sono messi sul mercato il CD e il Mini-Disc, che si presentavano come tecnologicamente più avanzati e davano la possibilità di passare tra le tracce ed erano digitali: cosa volere di più?
Si arriva all’mp3 e tutto si fa liquido, la musica è in Rete, si guadagna uno spazio anche video con YouTube, va nel cloud e si ripresenta in streaming. Ma il vinile vende ancora: ci sono i dati pubblicati dalla IFPI (International Federation of the Phonographic Industry), la lobby dell’industria discografica mondiale, che rivelano come le vendite dei 33 giri siano in fortissima ascesa, tanto che il 2012 fatto segnato un più 52 per cento rispetto all’anno precedente. Stando ai numeri, il vinile ha conosciuto il suo picco nel 1981 quando è arrivato a vendere un miliardo di unità in tutto il mondo. Poi, con l’arrivo della cassetta, comincia la discesa. Nel 1997 i vinili avevano creato un giro d’affari a livello globale di 166 milioni di dollari, cinque anni dopo, nell’anno dell’iPod, si erano ridotti a 64 milioni. Il minimo storico si raggiunge nel 2006 con 36 milioni. Il mercato sembra finito.
Ma una nuova coscienza lo fa risorgere. Accanto alla comodità di avere migliaia di canzoni in tasca ci si accorge che è la qualità a mancare. E il vinile passa dai 36 milioni del 2006 ai 70 del 2009, 113 del 2011 che aumentano fino a 171 nell’anno successivo. Il trend non accenna a fermarsi e in questo nostro 2013 è soprattutto Random Access Memories, l’ultimo album dei Daft Punk, a far la parte del leone. Stando alle rilevazioni di Soundscan, la classifica ufficiale delle vendite discografiche in Stati Uniti e Canada, è il vinile più venduto dal 1991, anno d’inizio delle rilevazioni. Il motivo è presto detto: con il loro ultimo album i due francese hanno realizzato un’operazione vintage che rilegge gli anni ’70 e le sue sonorità. Un’operazione che assume ancora più significato se ascoltato con il supporto che contraddistingue quegli anni. Il vinile, ovviamente.
A motivare le vendite in crescita anche il piacere di possedere un oggetto
Resta comunque difficile spiegare questo ritorno di fiamma anche per esperti, sociologi e audiofili. Da una parte, si parla di una maggiore qualità del vinile rispetto a tutti gli altri supporti. Dall’altra sembra che il disco possa convivere pacificamente accanto all’mp3: gli utenti sono ben disposti ad acquistare entrambi i formati per ascoltare la musica a casa e in mobilità, cosa che non accade invece con il CD. In questo caso infatti i file vengono visti come un’alternativa: si compra o l’uno o l’altro (e in genere si propende per l’mp3). C’è poi un fascino del supporto fisico che può essere paragonato a quello del libro cartaceo nei confronti dell’ebook: una teca colma di vinili è una gioia per gli occhi e la moda ci ha messo del suo proponendo il disco come un oggetto cool, da avere in esposizione (anche per darsi un tono). Sottovalutare il ruolo dell’apparenza sarebbe un errore, avvertono i sociologi.
Vendite dei diversi formati musicali, in miliardi di unità. Il vinile è in colore nero (fonte the Washington Post)
Tra tante teorie c’è però anche un fatto rilevante, il ruolo giocato dai negozi discografici indipendenti statunitensi. Nel 2008, 700 negozi si sono uniti per dare vita al Record Store Day, giornata che cade ogni anno il terzo sabato di aprile in cui vengono venduti dischi in edizioni speciali realizzate ad hoc. Dagli Stati Uniti la giornata del vinile è dilagata in Europa e in particolare in Italia dove coinvolge centinaia di rivenditori da Bolzano a Messina che crescono ogni anno. La lista degli aderenti può essere vista qui.
(Foto Flickr)
Il vinile sta bene come non mai ma sono in pochi ad avere un giradischi in casa. Per farci un’idea di quanto possa costare un impianto abbiamo scambiato due chiacchiere con Daniele Luciani, audiofilo ed esperto di Hi-Fi romano.
Partiamo dalla più semplice delle domande: cosa serve oggi per ascoltare un disco?
Ovviamente giradischi, amplificatore e le casse. Sconsiglio di prendere gli all-in-one, i tutto in uno, meglio prendere pezzi separati così in futuro possono essere cambiati.
E i prezzi?
Per tutti e tre i pezzi si parte da 600 euro e si ha un prodotto buono, non commerciale, che dura nel tempo e può essere anche un ottimo investimento. Basta pensare che il giradischi eletto come il migliore dell’anno del 2012, il Pro-Ject Debut Carbon OM10, costa solo 290 euro. Il suono è pazzesco.
Cosa consigli a chi vuol far tornare in forma il giradischi del papà o magari del nonno? E se ho già l’impianto?
Molto spesso quelli erano giradischi buoni, consiglio quindi di cambiare la testina che con con tempo può essersi rovinata. Dobbiamo tenere conto che la testina prima veniva usata parecchio visto che era l’unica fonte per la musica insieme alla radio. Con 50 euro si può cambiare anche la cinghia che spesso è allentata. In questo caso c’è un oggettino chiamato pre phono che si collega all’ingresso aux dell’amplificatore e alza il volume del giradischi permettendo di sentirlo normalmente. Anche qui parliamo dai 50 euro in su e ci ci sono giradischi che ce l’hanno già integrato.
Mercato dell’usato c’è da fidarsi?
Il mercato dell’usato è vivo ma per un giradischi starei attento, è formato da parte meccaniche come motore, braccio e testina che possono usurarsi. Se poi un vecchio giradischi deve essere restaurato spesso non vale la pena, dipende dal valore dell’oggetto. In molti casi è meglio comprare un nuovo modello.
C’è qualcosa di più hi-tech?
Bé sì, ci sono i giradischi Usb che si connettono al computer e lo utilizzano come amplificatore e casse. Volendo poi si può anche riversare il disco sul computer per avere file in mp3. Prima andavano molto ma ormai le case discografiche includono nel disco un codice per scaricare l’album anche in mp3.
Domanda da un milione di dollari: il vinile è superiore agli altri formati musicali?
Il discorso è più complesso di quanto si creda. L’mp3 è il formato peggiore perché è compresso, a seguire c’è il CD, che è comunque compresso visto che ha uno spazio limitato e quindi limita anche le frequenze. In linea di massima il vinile è il migliore ma tra un lettore CD da 5 mila euro e un giradischi da 200 sarà il CD a suonare meglio.
Insomma, non c’è speranza per il digitale?
Finora abbiamo parlato dei comuni mp3 ma non dimentichiamoci che esiste un’altro formato digitale, quello a 24 bit, scaricabile da siti specializzati. In questo caso si ha esattamente il file in qualità master, quello che è uscito dalla sala di registrazione, senza alcuna compressione. Ecco, in questo caso è necessario un distinguo: per un vecchio album registrato in analogico il vinile è migliore ma visto che oggi i banchi di mixer sono digitali per un album recente il 24 bit non ha eguali. Quello che sentono gli artisti nello studio lo senti anche tu a casa. Il problema, se così si può dire, è che i file pesano molto di più, anche 300 megabyte.
Twitter: @AlessioLana