Vito Crimi, “il mio bilancio da capogruppo al Senato”

L’intervista di fine mandato. Il 15 giugno “passaggio dolce” al successore

ROMA – Eviteremo la retorica semplice dei bucatini, della coda alla vaccinara e della facile corruzione romana (per la vulgata nazionale destino di tutti gli intransigenti approdati nell’accomodante atmosfera della capitale). Incontrando Vito Crimi – che sta per lasciare il suo storico compito di primo capogruppo del Movimento Cinque Stelle al Senato – ci limiteremo a un altro esercizio forse un po’ liso: il “bilancio politico” dell’esperienza. Un rendiconto importante più di quello degli scontrini. Soprattutto per chi come noi de Linkiesta aveva seguito tante delle riunioni del Crimi non ancora personaggio mediatico, non ancora senatore, nei meetup di Brescia, al pianoterra della Casa delle associazioni di via Cimabue. Eccolo qua, invece, con la cravatta obbligatoria, nei piani nobili del Senato e poi fuori, in una passeggiata romana verso la Camera dei deputati, con Rocco Casalino del primo Grande Fratello e una pattuglietta di senatori grillini di scorta.

Insomma Vito, diciamocelo, avete aperto la scatoletta di tonno, ma certi giorni, per come vanno le cose, la sensazione è che l’abbiate trovata vuota…
No, no. Il fatto è che dobbiamo ancora diventare esperti di come funziona una macchina molto complessa come quella parlamentare. Per questo ci trattano da polli, ma hanno paura. Grazie al fatto di essere entrati nel Palazzo cose ne stiamo capendo e scoprendo tante. Altro che scatoletta vuota…

Quindi sei fiero di come sono andate le cose finora?
Molto. E la cosa che mi inorgoglisce di più è la start up del gruppo. Siamo partiti da zero: 53 persone che non si conoscevano sono arrivate in Senato da diverse parti del Paese, senza avere alle spalle la macchina di supporto che hanno i partiti. Eppure siamo tra i più attivi e organizzati…

Ma ora che sei quasi alla fine del mandato da capogruppo sarai in grado anche di indicare qualche ombra…
No, né pentimenti né delusioni. Non saprei trovarne.

Addirittura. Ma nemmeno rimpiangi quando non eri famoso e non venivi fermato per strada a ogni piè sospinto (e non sempre per farti i complimenti…)
No, nessun rimpianto. Quella da capogruppo è stata ed è un’esperienza molto formativa. Ogni giorno c’è da rispondere a decine di pressioni, dichiarazioni, insinuazioni…

Ora però è quasi finita…
Terminerò il 15 giugno, ma sarà un passaggio dolce.

Chi sarà il tuo successore?
Abbiamo appena iniziato a discuterne. Ci vorrà ancora un po’ di tempo. I media non ci aiutano con la loro fissazione per i nomi e le cariche. È una logica estranea al Movimento 5 Stelle. Il 3 giugno è andato ospite a Piazza Pulita Nicola Morra, e Corrado Formigli ha passato tutto il tempo a chiedergli perché era lì, perché era stato mandato proprio lui… Quindici minuti di intervista, e invece di usarli per parlare di problemi dell’Italia, di proposte politiche, di programmi, c’è stato solo il tentativo continuo di indovinare il nome del mio successore…

Beh, rimpiangerai almeno quando non dovevate andare in tv. Ora siete costretti anche a quel circo…
No, lo ripeto, nessun rimpianto. Abbiamo scelto una presenza qualificata in televisione perché è importante per poter parlare a più persone; anche a quelle che non vanno su internet. A patto però che le idee ce le facciano esprimere. Non quando, come nei talk show, è impossibile tenere testa ai professionisti dello spettacolo come la Santanché o la Mussolini, che non dicono niente ma gridano più forte…

Non è che in tv avete iniziato ad andarci da quando il piatto dei sondaggi piange?
No, io non ci credo all’illusionismo dei sondaggi. La percezione che abbiamo noi è che sempre più persone si stiano avvicinando al Movimento 5 Stelle…

Eppure, anche se il confronto con le elezioni locali è difficile da fare, un po’ di flessione sembra esserci…
Presumibilmente a febbraio ci avevano votato anche tanti schifati dalla politica, che si aspettavano chissà quali risultati immediati; che tutto cambiasse. Queste persone oggi sono critiche e forse sono rifluite nell’astensione. Ma di più di così era difficile fare. Abbiamo costretto i politici a parlare dell’abolizione dei rimborsi elettorali. Lascia stare che poi è stato fatto male. Ma hanno dovuto fare i salti mortali per fottere ancora il popolo italiano. Li abbiamo anche costretti ad affrontare il tema della riduzione degli stipendi. Sono bei risultati. Per i miracoli ci stiamo attrezzando.

Il Palazzo però resta opaco. A volte comunicate una sensazione di impotenza di fronte a chi si oppone al cambiamento…
Abbiamo trovato una situazione imbarazzante. Pensate che in Senato si vota su molti provvedimenti ancora per alzata di mano. E neppure si conta. “Maggioranza palese”, dicono, quando le mani alzate sembrano un po’ di più. È sconvolgente. È deresponsabilizzante. Noi ora chiediamo il voto elettronico sempre. Almeno resta traccia. Si vede chi vota cosa, e con quanti voti le cose sono approvate. Ma va chiesto per ogni singolo voto. Stamattina c’erano 36 votazioni e abbiamo dovuto fare richiesta e ottenere l’approvazione 36 volte. Tutti i regolamenti sono così: studiati per garantire il minimo della trasparenza. Poi, se denunciamo cose gravi come i voti multipli, si alza gente come il senatore Giovanardi a dirci che il nostro comportamento è “da asilo infantile” o cercano di bloccarci in ogni modo…

Ma poi non dovevate introdurre la rivoluzione del voto non per gruppo e per partito preso ma sul singolo provvedimento; il sempre ripetuto “voteremo sì a tutto quello su cui siamo d’accordo chiunque lo proponga”?
Ci è impedito. Stiamo chiedendo il voto per parti separate, ma non lo vogliono. Noi avremmo votato il 90% delle cose passate in aula finora, se si fosse votato articolo per articolo. Invece fanno dei pacchettoni dove mettono di tutto, e che si possono solo approvare o respingere in toto. È un modo per non mescolarsi con noi e per poter dire che noi siamo solo capaci a dir no…

Però un po’ di no effettivamente li avete detti. Non ti dispiace, almeno umanamente, per Bersani?
No. Proprio no. Riconosco che in quella circostanza è stato un agnello sacrificale. Ma ha perseverato troppo, così come Napolitano. E quindi se l’è cercata. Noi chiedevamo un presidente super partes e un governo con membri nei quali potessimo riconoscerci; non un governo a Cinque Stelle. Loro hanno continuato a proporre fino all’ultimo un governo Pd e a chiederci solo i voti per la fiducia.

Ma cos’è successo il giorno della rielezione di Napolitano? Chi ha fermato Grillo in marcia su Roma?
La gente era arrabbiata e non poteva non esserlo, a vedersi rieletto il vecchio presidente. Una cosa che non era mai successa prima, e, per di più, proprio mentre il Paese chiedeva a gran voce il cambiamento. Una rielezione con quei mezzi poi… Parlano di voto segreto e poi segnavano le schede… si contavano per partiti e fazioni… Beppe si è fatto prendere dalla frenesia collettiva, da quella indignazione. Era in tour e ha deciso di scendere a Roma. Io e Roberta Lombardi ci siamo trovati a dover gestire una brutta situazione. C’era tensione vera in piazza. Abbiamo deciso assieme che era meglio che Beppe non si presentasse. Noi due siamo stati a lungo fuori dalla Camera a calmare le acque. C’era tanta gente comune. Non era certo una folla di attivisti del Movimento. E c’erano anche tanti che gridavano “Noi non siamo dei Cinque Stelle!”. Molti erano di sinistra, e con quel vizio tipico della sinistra di costruire sempre contenitori e recinti, tra chi è dei nostri e chi no; invece di ritrovarsi almeno d’accordo sulle idee comuni…

A proposito di “idee comuni”, parlare come ha fatto Grillo di due Italie, la A che vi vede come il fumo negli occhi (formata da chi vive di politica, da chi ha la sicurezza di uno stipendio pubblico e dai pensionati) e la B (fatta da lavoratori autonomi, cassintegrati, precari, piccole e medie imprese, studenti) ben disposta al cambiamento e quindi a votarvi, come ti è sembrato? Cosa sono queste classi 2.0?
Condivido il fatto che ci siano due Italie. Ma non sono d’accordo con la netta distinzione delle categorie che le compongono. Ci sono sicuramente anche lavoratori del pubblico e pensionati che vogliono il cambiamento e che ci votano. Diciamo che, nella crisi, c’è un’Italia che ancora galleggia, e che quindi resta attaccata ai partiti, e una che non ce la fa più e vuole che il Paese cambi.

Qualcuno, anche a te molto vicino, ha preso una posizione molto dura contro Grillo (consigliandogli il Prozac) quando Beppe ha deciso di bastonare Rodotà.
Sono posizioni in buona fede. Ma bisogna che tutti capiscano che non siamo qua a fare marketing, che non siamo un’azienda e che il ruolo del Movimento 5 Stelle è portare nella società e nella politica italiana non un cambiamento di prodotto ma di processo.

Questa non l’ho capita…
Avevamo scelto Rodotà come nostro candidato Presidente della Repubblica. Dopo che è andata male, stop. Invece qualcuno nel Movimento ha cominciato a dire “allora candidiamolo alla presidenza del Consiglio, al Copasir, alla Vigilanza Rai”. Ma perché? Queste sono logiche vecchie. È sbagliato questo personalismo ed è sbagliato mitizzare le persone…

D’accordo, ma anche passare in pochi giorni dai cori Ro-do-tà al “vecchio scongelato”…
Beppe non è dolce. È fatto così, lo si sa. Io, per il mio carattere, non avrei attaccato così duramente. Avrei ignorato e sarei andato avanti per la mia strada. Ma l’atteggiamento stava diventando fastidioso. Si stava creando un nucleo di maestrini dalla penna rossa che pensava di usarci come aggregatore di una nuova sinistra, spingendoci verso l’ideologia.

Twitter: @pioloxix