Cattolici e progressisti in Brasile vanno a braccetto

La Giornata mondiale della gioventù

In Brasile va in scena il Papa global, sudamericano, che appena sbarcato provoca un caos senza precedenti e resta incastrato dietro una colonna di autobus; le misure di sicurezza saltano in modo inimmaginabile e lasciano di stucco l’opinione pubblica di tutto il mondo. È stato un pessimo inizio, è stato un ottimo inizio. Le cose sono vere entrambe. La questione incolumità del Pontefice al di là delle dichiarazioni di facciata, ha destato grave preoccupazione e allarme nel seguito papale e nel servizio di sicurezza vaticano, padre Federico Lombardi, il portavoce della Santa Sede, ha cercato di sdrammatizzare parlando di errori ma anche di straordinario entusiasmo. E quest’ultimo certo non è mancato.

Tuttavia ieri mattina, a scanso di equivoci, si è svolto un summit d’emergenza sulla tema sicurezza a Rio de Janeiro al quale ha preso parte il capo dei servizi delle Forze Armate il generale José Abreu, insieme responsabili della polizia federale dello Stato di Rio e ovviamente agli uomini del Vaticano. La polemica sul percorso scelto dal Papa prosegue in un rimpallo di responsabilità e la questione è stata tutt’altro che risolta. Il Papa per lunghi minuti è stato completamente vulnerabile, assolutamente isolato. In ogni caso oggi Francesco visiterà il santuario mariano di Aparecida, qui ci saranno alcune migliaia di poliziotti a vigilare sulla visita del Pontefice. Ma certo il vero problema sarà a Rio quando il Papa, che ha scelto di rinunciare all’auto blindata, sarà di nuovo circondato dalla folla. Certo il suo messaggio di giustizia e di vicinanza ai poveri, è il migliore antidoto verso possibili episodi di violenza, altro è parlare di attentati, ma qui entriamo nel campo delle ipotesi.

La verità è però anche un’altra, e cioè che il Papa del Sud America ha portato una ventata di entusiasmo trascinante in un Paese dove la crisi della fede – almeno per come siamo abituati a considerarla nella vecchia e affaticata Europa – non si vede, e comunque a queste latitudini ha altri connotati. In Brasile e nel resto del continente cresce sia il numero di quanti si dichiarano senza fede ma anche di coloro che scelgono di appartenere a confessioni cristiane diverse da quella cattolica o ad altre fedi. Per il cattolicesimo insomma la sfida è aperta, anche se i segnali di crisi sono evidenti e conclamati.

D’altro canto va tenuto presente che l’immagine del Pontefice circondato dalla folla di Rio ha anche rappresentato immediatamente l’incontro positivo e caloroso di Bergoglio con la gente che si protendeva verso l’auto bloccata nel traffico. Quelle cui abbiamo assistito lunedì scorso sono dunque le prime istantanee del consenso straordinario che circonda il Pontefice anche fuori dall’Italia. E’ l’effetto Bergoglio nel mondo, oltre piazza San Pietro. Il Papa argentino esporta così la Chiesa di Roma nelle Americhe, e questa volta non è un ospite europeo benevolo e amichevole, ma un cittadino a pieno titolo del continente la cui storia pastorale e biografica è legata a quella di una grande metropoli del cono sud, Buenos Aires.

Il Papa che critica la finanza globale, che prega Maria e parla di una Chiesa povera, prova a far viaggiare di nuovo la fede cattolica nel mondo, e cerca di cambiare in extremis le sorti rassegnate del cattolicesimo romano chiuso in una reticolo di scandali, di lotte di potere e di riti ormai stanchi. Se una volta la grande magniloquenza delle cerimonie pontificie suscitava rispetto e timore, oggi la mastodontica macchina curiale con le sue ridondanze non è più amata e anzi viene vista con profondo fastidio. Per questo il Papa diventa global, e lo fa dal Brasile, il Paese un tempo colonna del cattolicesimo sudamericano insieme al Messico, oggi governato dalla presidente ex guerrigliera Dilma Rousseff, stella in crisi del progressismo latinoamericano. E così due personalità distanti, interpreti di un mondo in profondo mutamento, dove la voce dei giovani è tornata a farsi sentire con prepotenza nelle piazze, si sono incontrate spezzando anche le formalità che fino a poco tempo fa sembravano inevitabili. Il Papa e Dilma, prima ancora che il Papa e l’argentina Cristina con la quale in passato non sono mancati i momenti di attrito, hanno trovato un’intesa di fondo. 

Se il Papa ha parlato chiaramente di un’intera generazione che rischia di restare senza lavoro, la Rousseff ha risposto proponendo a Francesco un’alleanza per combattere le disuguaglianza e per ‘seminare’ nel mondo iniziative a favore della lotta alla povertà. Ancora la presidente ha spiegato che le manifestazioni delle settimane scorse sono state un atto democratico ed una opportunità per rinnovare la speranza in un mondo migliore. Quindi riferendosi al Papa, ha affermato: “sappiamo che abbiamo davanti a noi un leader religioso sensibile ai desideri di giustizia sociale dei nostri popoli”. La musica insomma è cambiata. Poi naturalmente il Papa davanti a centinaia di migliaia di giovani parlerà la lingua del Vangelo, dell’annuncio cristiano, ma quest’ultimo sarà strettamente connesso alla storia in divenire, ai problemi, alle aspettative dei giovani, quelli della Giornata mondiale della gioventù e quelli che hanno protestato nelle settimane scorse in Brasile o che hanno invocato cambiamenti sociali e libertà in tanti parti del globo.